La Resistenza Cattolica deve partire dalla Messa in Latino

Aperto da Finnegan, 4 Marzo 2018, 09:03:16 AM

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Domenica scorsa, finalmente, sono riuscito a concretizzare il desiderio di partecipare alla Messa tradizionale.
Prima di allora vi avevo assistito solo una volta, quattro anni fa, in circostanze eccezionali, nella chiesa che frequentavo.
Confermo quanto di buono notoriamente si dice, di questo rito: dalla sacralità che emerge in ogni dettaglio, alla forza della verità cattolica, espressa dalla liturgia.
Sono rimasto anche impressionato dai fedeli "tradizionalisti" - "ma allora esistono davvero!", mi sono detto, quando li ho visti.

Uomini di tutte le età, inginocchiati in preghiera, con tanto di rosario; donne con il velo, vestite secondo modestia cristiana; giovani famiglie, presente e futuro della Chiesa. Tutti concentrati e devotissimi, e io, io mi sono sentito un po' come un ladro. E come un ladro, finita la celebrazione, sono uscito, a testa bassa, confuso. Nella mente risonavano le parole: "Domine, non sum dignus".
Il mio latino si è rivelato palesemente inadeguato, così ogni giorno sto imparando a memoria nuove orazioni: Confiteor, Gloria, Credo.
In attesa che ritorni, al più presto, domenica.

Finnegan

#21
Sono lieto che abbia partecipato a un rito, che Deo adiuvante salverà la Chiesa sulla Terra: famiglie e vocazioni vengono quasi tutte dai cattolici tradizionali.
Nessuna soggezione, siamo tutti bisognosi di perdono e la bellezza del rito permette di pregare e attingere grazie senza sforzo.
Come hai osservato la sacralità, la devozione, la modestia delle donne sembrano incredibili finché non le si vede di persona!
Per la traduzione ti suggerisco di usare un messale elettronico con testo italiano a fronte (nella mia parrocchia è già piuttosot diffuso):
https://www.divinumofficium.com/cgi-bin/missa/missa.pl
La lingua si seleziona dal menu in basso (il messale è Rubrics 1960), la data si aggiorna ricaricando la pagina.
La nostra partecipazione alla Messa in latino è essenziale per la sopravvivenza di questo rito e per il futuro della Chiesa
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Finnegan

E' uscito per i tipi di SugarCo un libro quanto mai attuale, nel momento in cui Traditionis Custodes, il Motu Proprio del Pontefice regnante, compie un attacco al Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI, che aveva liberalizzato con saggezza e spirito pastorale l'uso della liturgia di sempre. "Quella messa così martoriata e perseguitata, eppure così viva", si intitola l'opera, (pp. 304 – € 22,00).

Un nuovo libro su un soggetto antico e in particolare, come scrive l'autore, «un rito tanto antico quanto nuovo», riprendendo un'espressione cara a sant'Agostino. Si tratta di un testo che ha per obiettivo di illustrare la bellezza e la ricchezza del rito tradizionale della Messa, così come è stato celebrato dalla Chiesa per secoli. Nello stesso tempo il presente testo fornirà, inevitabilmente, un contributo significativo al dibattito attuale, alquanto acceso, sull'uso del medesimo rito.

Di primo acchito, sorprende il fatto che un tema così sublime possa essere oggetto pure di una diatriba. Questo dato evoca una pagina del Vangelo, anch'essa sublime e drammatica allo stesso tempo: l'an- nuncio che Gesù fece del dono dell'Eucaristia e della Santa Messa di cui l'Eucaristia è il frutto.

Ancora oggi, dopo duemila anni, il Santo Sacrificio della Messa e la Santa Eucaristia rappresentano ciò che di più sublime esista sulla Terra e ciò che di più prezioso Nostro Signore abbia lasciato alla sua Chiesa. Nello stesso tempo, purtroppo ancora oggi, questo tesoro rappresenta un bene inintelligibile per la maggior parte degli uomini e pure dei cristiani. La storia non cambia. Non si può capire nulla del dono della Santa Messa se non si è disposti ad uscire da una prospettiva intramondana: in altri termini, la Santa Messa non può essere compresa e valorizzata se la missione della Chiesa è percepita come apporto socio-umanitario o come impegno ecologico; non è possibile vivere pienamente la Santa Eucaristia se non si è disposti ad uscire dall'indifferenza e dalla tiepidezza; soprattutto non ci si può avvicinare a questo mistero senza la Fede.

In questo saggio si offrono risposte serie e concrete, che partono da una esplicita considerazione: «Sempre meno persone si recano a Messa e, comunque, per chi pratica ancora il precetto di santificare la domenica, non è semplice comprendere che cosa essa sia veramente e pienamente. Le statistiche sono impietose e raccontano di un tracollo in accelerazione della sua frequentazione [...]. L'ateizzazione di mas- sa degli ultimi cinquant'anni trova il suo catalizzatore proprio nel ri- fiuto della Messa; mentre prima era stata la Santa Messa ad impedir- la. [...] Non è una teoria, un'ipotesi, è semplicemente la realtà dei fatti: la Messa non è più la Messa, come la fede non è più la Fede».

Mai come oggi l'umanità si è sentita smarrita e in balìa del nulla, con la sensazione che non esistano più punti di riferimento stabili e significativi. Questa terribile sensazione di smarrimento coinvolge pure i cristiani: essi per primi non sanno più dove stiano andando, perché non sanno più esattamente da dove vengano. La Chiesa appare come irrimediabilmente divelta dalla luce del proprio passato e immessa in un vicolo cieco; tra i filosofi laici à la page, c'è chi parla già di decostruzione del cristianesimo e si domanda se la Chiesa cattolica esisterà ancora alla fine del ventunesimo secolo. È impossibile bendarsi gli occhi e negare questa crisi e la sua portata; sappiamo, però, benissimo che la Chiesa durerà per sempre e questa certezza è superiore ad ogni debolezza ed obiezione.

Ma come è possibile assicurare e accrescere in noi stessi questa certezza, allorché attorno a noi tutto sembra crollare? Oggi come nel passato il nostro punto di riferimento rimane il medesimo. Il Vangelo lo indica. Quando Nostro Signore, nel culmine della sua prima grande prova, domandò agli Apostoli se pure loro avessero intenzione di allontanarsi da Lui dopo l'incomprensibile promessa del dono dell'Eucaristia, San Pietro rispose in nome degli altri Apostoli, ma anche di tutti noi. Le sue parole devono essere le nostre, costantemente riattualizzate: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6, 68-69). Questo medesimo Salvatore che ha parole di vita eterna lo incontriamo ancora ogni giorno. Come ha fatto con ogni anima nel corso della storia, Egli continua a istruirci, a sostenerci, a fortificarci, a comunicarci la Sua stessa vita attraverso il Santo Sacrificio della Messa. È la Voce di sempre che continua ad esprimersi come sempre, attraverso la Messa di sempre.

https://www.marcotosatti.com/2021/12/01/un-nuovo-libro-di-cristina-siccardi-presentazione-in-streaming-oggi-alle-21-00/
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Finnegan

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione e riflessione questa testimonianza personale che ci ha inviato –  e lo ringraziamo di cuore – un lettore fedele del nostro sito. Buona lettura e riflessione.

§§§
Questi pensieri mi sono venuti in mente leggendo le parole di mons. Viganò nel suo scritto: "Quando Ho Temuto per la mia Vita, ho Riscoperto la Messa Tradizionale". Perché la domanda che sorge spontaneamente è stata: se il monsignor Viganò ha spiegato i vantaggi per il sacerdote nel celebrare la messa Vetus Ordo, quale potrebbe essere il vantaggio per il semplice fedele a partecipare a questo rito antico? E qui vorrei quindi spiegare perché preferisco andare alla messa tridentina e non a quella post-conciliare.

Inizio con un pochino della mia storia.

Sono sempre andato a messa da piccolo (perché così facevano molti, perché così volevano i miei genitori, perché così era abitudine ma anche perché l´ambiente era a quel tempo per me gradevole, ecc.): ma non ne capivo il significato. Dai diciotto anni in sú sono saltuariamente andato a messa. E fino a poco prima della "pandemia" non ci andavo proprio (perché pensavo, e questo perché ne avevo notizia da conoscenti, che generalmente i sacerdoti stessero passando il loro tempo più a peccare che a salvare le anime; ed anche, mia esperienza personale, perché ho avuto a che fare con qualche sacerdote che addirittura, involontariamente ma implicitamente, mi aveva fatto capire che non credeva a Dio e guardandomi in giro pensavo che la cosa fosse diffusa: forse avrebbero dovuto essere un poco più attenti).

E la domanda che mi ponevo era se l´intera messa, visto che i problemi di cui sopra per me erano generalizzati, fosse valida (ma ero propenso, forse sbagliando, di più per un "no"). I primi tempi dopo la maggiore etá non ho quasi per niente pensato a Dio ... poi man mano ho iniziato a pregare a casa (o dove mi trovavo), e sono saltuariamente andato a messa.

Poi è arrivata la "pandemia" e ... hanno chiuso tutte le chiese: coincidentalmente (?) a Pasqua 2020 per poi riaprirle subito dopo (e questo coincideva con il Ramadan dei musulmani che lo hanno potuto festeggiare quasi liberamente). E contemporaneamente a questa chiusura sono arrivate tutte quelle strane misure del "lavarsi le mani", del distanziarsi l´un dall´altro, del rimanere a casa, ecc. E tanto ho riconoscuto lo zampino del Capo dei diavoli: in realtà ho visto più che delle misure per limitare il diffondersi della "pandemia", un raffinato insulto, a cui molti sacerdoti consapevolmente o no si sono uniti, giocato a livello mondiale a Dio (pensateci : disinfettarsi e strofinarsi le mani in chiesa stando di fronte all´altare ... così come Pilato ha fatto con Gesú? nei paesi anglosassoni bisognava rispettare la distanza di sei piedi che corrisponde a 1,80 metri (nei paesi europei questa distanza variava fra 1,5 e 2 metri) .... forse una persona non si deve avvicinare simbolicamente, e questo per comando del Diavolo, a meno di sei piedi dal Padre, sei piedi dal Figlio e sei piedi dallo Spirito Santo? (mettete tutti i sei appena citati uno accanto all´altro e vedete cosa esce fuori); la mascherina ... volevano creare un simbolico ostacolo fisico che consentisse all´uomo di nascondere vanamente i propri peccati di fronte a Dio così come Adamo ed Eva si erano messi la foglia di fico per nascondere la propria "nudità"? limite al numero di persone che possono riunirsi ... volevano che il Corpo mistico di Cristo non avesse la possibilitá di radunarsi nella sua interezza, anzi ... fosse il più frazionato possibile? e così via. (*)

E quindi ho pensato: "Ma se hanno chiuso le chiese con lo scopo di non far celebrare la messa, allora la messa a cui io non sono andato per anni, doveva aver pure una validitá" (così come per me è vero: "Se attaccano il mons. Viganò allora vuol dire che dá serio fastidio ai poteri corrotti di questo mondo"; ... insomma "Se la vietano, vuol dire che c´é del vero).

E così, appena è stato possibile, ho cominciato ad andare di nuovo regolarmente a messa ... la sola a cui sono sempre andato e che conoscevo, cioè la post-conciliare.

Ma fino ad un paio di anni fa, non avevo mai saputo che esistesse e si svolgesse anche una messa pre-conciliare. In //marcotosatti.com (sicuramente ne avevo sentito qualcosa prima altrove, ma non avevo mai approfondito la cosa), a forza di scriverne da parte degli articolisti (ora più di prima) mi è stato chiaro quale è la fondamentale differenza che per me è questa: in quella pre-conciliare tutta l´attenzione dei presenti, nessuno escluso, è rivolta a Dio; in quella post-conciliare l´attenzione dei presenti è indirizzata principalmente al celebrante e non a Dio.

E ora penso questo: se hanno chiuso le chiese (in tutto il mondo) nella Pasqua 2020 era soprattutto (ma non solo) perché non volevano che si celebrassero in quel momento le messe (ma principalmente quelle in rito antico), e questo allo scopo di levare ogni ostacolo perché le elites potessero celebrare con successo un rito satanico mondiale di transizione dal vecchio mondo ordinato secondo il pensiero di Dio ad un nuovo mondo dominato dal Diavolo (mia opinione, ognuno potrá pensarla diversamente).

Ora molti potranno pensare che le differenze fra i due riti possano sembrare di poco conto o non importanti. Non credo che sia così (e questo nonostante capisca veramente poco di liturgia cattolica) e vorrei chiarire a chi legge cosa mi convince ad affermare ció.

A questo fine mi immagino un Re che vive in una propria Corte. Questo Re ha nel suo dominio due città: quando gli abitanti della prima città (e della campagna circostante) sanno che sta arrivando il Re (anche perché lo hanno invitato loro stessi), smettono tutti di badare alle proprie faccende e vanno alle proprie case, mettono alle finestre delle bandiere di benvenuto e di gioia (che vengono viste anche da chi arriva da fuori della città ed al fine di creare quell´atmosfera festosa delle grandi occasioni) e si precipitano subito fuori dalla porta da dove sanno che entrerà il Re. Il Re avvicinandosi alla città sente che le campane della città stanno suonando e tutti quelli che si sono radunati alla porta stanno cantando per la gioia. Perché è un giorno che è di per sé di festa? No, proprio perché sta arrivando il Re e questo lui lo sa. E quando sará in vista della folla, li vedrà tutti in ginocchio e che stanno bruciando incensi per mettere in risalto la consapevolezza di star accogliendo la Regalità in persona e che inoltre sono tutti rivolti verso di lui; ed il borgomastro che si è posizionato al bordo della via d´accesso, alzatosi ed anche lui sempre rivolto al Re, per tutti gli dirà: "Benvenuto nella tua e nostra città, nostro Signore... come vedi siamo tutti accorsi a salutarti perché ti adoriamo e vogliamo rimanerti per sempre fedeli... anche quando andrai via da noi saremo certi che starai ancora fra di noi ... concedici dunque la tua perenne protezione"; e dopo aver detto questo si sposterá subito ulteriormente al lato e più vicino ai suoi concittadini al fine di sminuire la propria persona e così far venire alla piena vista di tutti il Re, invitandolo nel contempo con la mano ed un inchino a percorrere la via che conduce nella città e così mostrando a tutti chi è che veramente comanda, e cioè il Re. E questo succede ogni volta che va in visita in questa città.

Nella seconda città tutti gli abitanti (anche della campagna circostante) quando sanno che sta per arrivare il Re (anche perché lo hanno invitato loro stessi) smettono anche loro di badare alle proprie faccende e vanno direttamente fuori dalla porta per accogliere il Re. Nessuna bandiera viene messa alla finestra, le campane non si muovono ed il Re, avvicinandosi, vedrà una folla di persone tutte in piedi ed anche il borgomastro che gli stará dando le spalle e che senza spostarsi lo nasconderà alla vista dei suoi concittadini; anche questi gli dirá: "Benvenuto nella tua e nostra città, nostro Signore... come vedi siamo tutti accorsi a salutarti perché ti adoriamo e vogliamo rimanerti sempre fedeli... anche quando andrai via da noi saremo certi che starai ancora fra di noi ... concedici dunque la tua perenne protezione". E questo è tutto ciò che gli abitanti di questa città si sentono obbligati a dover fare. Ma le cose potrebbero non risolversi semplicemente così perché il Re potrebbe rispondere: "Se è così come dite voi, perché non fate le stesse cose che hanno fatto gli abitanti dell´altra città che ho visitato alcuni giorni fa? perché in mio onore non avete acceso l´incenso come hanno fatto loro, perché non state intonando dei canti di gioia? perché avete messo il bavaglio alle vostre campane? perché non avete appeso gli stendardi alle vostre finestre e perché state tutti in piedi trattandomi come se per voi fossi un forestiero qualunque ... e soprattutto tu, borgomastro, perché ti stai rivolgendo a me e allo stesso tempo mi stai mostrando oltraggiosamente le spalle? e perché ti trovi proprio sulla via che sai che dovrò percorrere per entrare in città, facendomi così pensare non solo che tu voglia impedirmi l´accesso in quella che è per diritto che io stesso mi sono dato la mia città e non la tua città, ma anche che tu voglia sostituirti a me? non ti sovviene che così facendo stai offendendo gravemente la mia somma persona e dignità?". Chi lo sa ...il Re potrebbe pensarla così ma poiché è immensamente mansueto non lo dice?

Ora: quale sará la città che il Re vorrebbe più spesso volentieri visitare? e quale sará la città che stará più a cuore al Re? e ai cittadini di quale città, a richiesta ma anche di propria iniziativa, concederá dei maggiori favori? Trovare la risposta non è difficile.

Facendo un parallelo, immagino ora che Dio visiti una chiesa dove si sta celebrando il rito antico: canti, incenso, genuflessioni, inchini, campanelli ed altri atti solenni solo per Lui e soprattutto tutti, anche il celebrante che gli dà il benvenuto, rivolgono continuamente la loro attenzione a Lui. Ed ora immagino che nella chiesa dove si sta celebrando il nuovo rito, che è anche più breve, non solo vi sia poco di tutto questo, ma che addirittura il celebrante che Gli ha dato il benvenuto Gli mostri continuamente le spalle e che l´attenzione dei presenti sia rivolta al celebrante e non sia rivolto a Dio. E penso: ammettendo che Dio trovi la cosa non offensiva nei Suoi riguardi, ai membri di quali delle due assemblee riunitesi in Suo nome, richiestone o di Propria iniziativa, vorrà concedere maggiori Grazie? Anche qui la giusta risposta non è difficile da indovinare.

In base a queste considerazioni è quindi è mia idea che la messa tradizionale è certamente la più gradita a Dio. Poi, sempre secondo me, molto dipende anche dalla purezza spirituale del ministro celebrante.

Per cui io, pur avendo pochissime conoscenze di riti liturgici ed avendo la possibilità di frequentare la messa tradizionale e quella post-conciliare, e data la mia condizione di incallito peccatore che fatica per propria colpa a salvarsi la Vita, preferisco andare a quella dove credo che riceverò le maggiori e più numerose Grazie, e cioè quella svolta secondo il rito tridentino.

Ad ognuno i propri pensieri.

(*) pensieri soprattutto presi da: https://coercioncode.com/2020/07/01/covid-19-satanic-ritual/ (in inglese – un poco lungo).

UnaOpinione

https://www.marcotosatti.com/2022/01/22/la-testimonianza-di-un-lettore-perche-preferisco-da-peccatore-la-messa-vo/
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Finnegan

#25
Ogni ottimo articolo contiene intuizioni fondamentali in una frase che può passare inosservata. In questo pezzo la frase è: "[Nelle chiese] è necessario demolire tutto e sostituirlo con una scatola grigia e vuota dove il Novus Ordo risuonerà con chiarezza metallica."
Il termine evoca arida freddezza, quasi a voler gelare i cuori dei fedeli, vale a dire ostacolare l'azione dello Spirito Santo.
L'abolizione di questo rito quasi bimillenario è parte della desertificazione simbolica e dello squallore pianificato che sono anche alla base dell'attuale condizione maschile.
L'osservazione dell'autore non vale solo per le chiese, ma anche per le nostre città, la nostra arte e l'intero panorama simbolico del presente.
Il nuovo rito è stato confezionato a tavolino da commissioni burocratiche ed ha precisamente la freddezza di un calcolatore. Tout se tient: oltre al potere, la tecnocrazia deve anche conquistare le anime.
Le antiche formule considerate inutili ornamenti esprimono l'aspetto comunitario delle persone oggi palesemente in sfacelo, perché sono il distillato di secoli di devozione e civiltà.
Il nuovo rito fa deliberatamente tabula rasa di tutto ciò: come scriveva Elias Canetti, i riti protestanti sembrano rivolgersi a una potenza astratta.
La riforma liturgica ha raccolto l'eredità disumanizzante e decivilizzatrice del protestantesimo, sfociata nella convinzione moderna che l'uomo sia una bestia e la sua spiritualità e civiltà una sovrastruttura velleitaria. Ergo, l'uomo va abbrutito il più possibile per il suo bene.
Buona lettura:

La rimozione dei tabernacoli e la desacrificalizzazione della Messa

Perché il tabernacolo è stato rimosso dall'altare maggiore o tenuto lontano dal centro di tante chiese negli ultimi cinquant'anni?

Ci sono molte ragioni che si possono addurre per questo decentramento di nostro Signore Gesù Cristo nel miracolo della sua costante Presenza Eucaristica in mezzo a noi, comprese le capziose ragioni accademiche che hanno spinto le devastazioni ampiamente lamentate del periodo postconciliare. Ma può darsi che sia stata all'opera anche una dinamica più sottile e, purtroppo, molte volte lo è ancora.

Come illustrato in questo mio articolo di un mese fa, "La natura sacrificale della Messa nell'Usus Antiquior ", il rito romano classico custodisce ed esprime nel modo più perfetto la realtà che la Messa è essenzialmente il Sacrificio del Calvario che si rende presente in mezzo a noi, l'immolazione del Figlio di Dio che ha operato la nostra salvezza con la sua morte d'amore sulla Croce e in essa non cessa mai di avvolgerci lungo i secoli.

L'espressione di questa dimensione sacrificale non è che nel Novus Ordo sia solo smorzata, in gran parte è proprio assente.  Nella messa in volgare celebrata solitamente versus populum, con l'assenza della seconda Preghiera Eucaristica, si riesce ad esprimere, in modo forte e inequivocabile, con quanto c'è nel testo o nella cerimonia, il Sacrificio della Croce? Nel rito romano tradizionale, l'Offertorio prefigura luminosamente questo stesso sacrificio, stabilendo chiaramente la retta intenzione del sacerdote; il Canone Romano è permeato dal linguaggio dell'oblazione e del sacrificio; le consacrazioni alle quali l'offertorio ci prepara, con le loro doppie genuflessione e le elevazioni gloriose in mezzo a un oceano di silenzio, evocano acutamente l'innalzamento del Figlio dell'uomo sul Golgota (Gv 3,14; Gv 12,32). Al contrario, si potrebbe dire che il Novus Ordo (anche se celebrato al meglio) sottolinea la presenza di Cristo in mezzo a noi, ma non il suo sacrificio.[1]

La differenza nella catechesi

Da questa diversità di fenomenologia consegue una differenza nella catechesi.

Quando si insegna ai bambini cosa succede a Messa, si dice qualcosa di simile a quanto segue, che viene fornito in confezioni diverse a seconda dei diversi livelli di età:

"Gesù morendo sulla croce ha offerto la sua vita a Dio, affinché i nostri peccati potessero essere mondati nel suo prezioso Sangue. Gesù ha voluto darci la possibilità di essere proprio lì, in modo che i nostri  peccati possano essere mondati e noi potremo essere uno con Lui. Così ci ha dato la Messa. Il sacerdote all'altare prende pane e vino, come fece Gesù nell'Ultima Cena, e, per la potenza di Dio, trasforma queste cose nel corpo e sangue di Gesù e le eleva in alto, come Gesù fu innalzato in alto sulla Croce. Dio gioisce di questo dono perfetto di suo Figlio e, nel suo amore per Lui e per noi che gli apparteniamo, ci fa accogliere in comunione il corpo e il sangue di Gesù. Questo ci rende completamente uno con Gesù per quanto possiamo esserlo in questa vita; il Padre si compiace di noi come si compiace del Figlio suo; e siamo preparati per il cielo, quando toccherà a noi offrire la nostra stessa vita a Dio, con Gesù, nel momento della nostra morte."

Certo, si può trovare un modo migliore per dirlo, :)) ma su questa linea, o qualcosa del genere, si avvierà una conversazione.

Eppure quello che mi ha davvero colpito anni fa nel lavorare con i miei figli è stata la poca catechesi, relativamente parlando, necessaria per poter percepire il significato dei gesti del sacerdote durante la Messa tradizionale, e la forza di quei gesti ci ricordano il significato che abbiamo appreso e lo rafforzano continuamente , imprimendolo nella memoria. Una volta che sai un po' cosa fece Gesù durante l'Ultima Cena e il Venerdì Santo, le azioni e le preghiere ti colpiscono praticamente in testa con una catena di misteri: mediazione, redenzione, espiazione, soddisfazione, adorazione. Basta poco per essere attrezzati per percepire la Messa tradizionale come un sacrificio tremendo che unisce la terra al cielo, il peccatore al Salvatore, l'altare alla croce.

Al contrario, ho scoperto che i bambini non vedevano facilmente le stesse connessioni alle messe del Novus Ordo a cui partecipavamo. Le connessioni non erano così evidenti. Questa Messa sembrava un rituale vagamente correlato alla vecchia Messa ma piuttosto diverso nel suo scopo: più concentrato sulla gente, fra molte chiacchiere, che si concludeva con la ricezione della Comunione. Quello che più di tutto risultava nascosto ai sensi era che questa liturgia è un sacrificio. Sembra una manipolazione di pane e vino su una tavola, un pasto a imitazione dell'Ultima Cena. Quello che ho capito, con mio dispiacere, è che dovevo affermare, senza molti supporti in termini di prove a sostegno, che il Novus Ordo era davvero il Santo Sacrificio, anche se non sembrava tale e non avesse la meravigliosa serie di testi e cerimonie che sottolineano il carattere sacrificale dell'azione.

Mi dava fastidio allora, e mi dà fastidio ancora adesso.

È come se il rito fosse stato disegnato da qualcuno che ha voluto che non fosse facile percepire, per la forza combinata di un catechismo semplice  e di una complessa liturgia, che la Messa è la riproposizione incruenta del sanguinoso sacrificio di Nostro Signore sul Calvario. Nell'ambito del Novus Ordo occorre un catechismo complesso da affiancare a una liturgia semplice, perché altrimenti la verità rimane sconosciuta.[/b]

Visto che la liturgia non la incarna e non la proclama allo stesso modo, dobbiamo dedicare più tempo a spiegare, affermare e incrociare le dita affinchè il fragile fideismo non ceda il passo alle devastazioni dell'oblio, della noia o dell'eresia.

Allora perché i tabernacoli furono spostati?

Ora una teoria sullo spostamento del tabernacolo.

Il miracolo travolgente della presenza reale di Nostro Signore nel Santissimo Sacramento conservato nel Tabernacolo pone, se ci pensate, una sfida alla Messa. Pur con le umane limitazioni si comprende che c'è una sola modalità con cui la Messa potrebbe essere, o fare, qualcosa di più grande di quel miracolo – l'unico modo in cui sarebbe eliminata qualsiasi confusione di diversi "ordini" di simbolismo : è se la liturgia avesse i mezzi per mostrare lo stesso Sacrificio che consente la presenza permanente della divina Vittima all'interno del tabernacolo. La Messa deve essere vista e sentita come superiore rispetto al Tabernacolo, affinché non ci sia confusione tra i due ordini: Sacrificio e Presenza.

Che questo sia il caso della Messa tradizionale davanti al Tabernacolo non ho dubbi; anche nelle chiese europee con enormi tabernacoli dorati ornati di eccessive decorazioni, l'antica Messa regge il confronto, attirando a sé tutti gli occhi e tutti i cuori mentre il miracolo accade, rimanendo la padrona totale dell'edificio, dell'altare e degli arredi. È chiaro che quella è la ragione di tutto il resto, e il suo sincero spirito di preghiera, con braccia invisibili distese e alzate, riunisce tutto in un'unica offerta di lode.

Al contrario, un Tabernacolo ha quello che è sufficiente per sopraffare il Novus Ordo, che è, per molti aspetti, sottile e fragile, a malapena in grado di reggere il confronto in una magnifica chiesa o su uno splendido altare maggiore[/b]. Il Sacrificio è fenomenologicamente oscurato dalla Presenza (sia quella conservata nel Tabernacolo sia quella che si renderà visibile sulla mensa).

Perciò, per una sorta di istinto di compensazione, "il Tabernacolo deve essere spostato!": va rimosso, decentrato, nascosto, perché una liturgia timida possa mostrare una propria forza comunicativa. La liturgia non deve avere impedimenti, non deve essere messa in  simbolica competizione o collocata in un contesto più ampio, altrimenti svanirà e rimarrà in secondo piano. Deve rivendicare quanto più spazio possibile per se stessa ed eliminare tutte le vestigia di un mondo massificato e pesante.

Questo ha ancora senso nell'epidemia postconciliare di devastazioni ecclesiastiche e mostruosità artistiche?

Non solo il tabernacolo deve andare via, ma deve sparire anche l'altare maggiore, e forse il crocifisso o le vetrate o il pulpito sopraelevato o la balaustra della comunione, ecc. ecc. Forse è necessario demolire tutto e sostituirlo con una scatola grigia e vuota che non abbia curve simmetriche e sia senza alcun ornamento.

Alla fine, contro quella sterile sceneggiata, le linee pulite, efficienti e succinte del Novus Ordo risuoneranno con chiarezza metallica. E le persone che hanno ancora a cuore le "devozioni" antiquate potrebbero trovare il Sacramento appartato dietro o di lato da qualche parte, come se ci si trovasse in un normale Time-out. :lol:

La necessità di ripetere quello che non è evidente

Perché, fin dalla riforma liturgica, c'è stato un così grande bisogno che i pastori della Chiesa sottolineassero la verità – mai contestata dal Concilio di Trento – che la Messa è davvero e veramente un sacrificio ?

Perché è necessario un tale flusso di documenti papali e curiali, la maggior parte dei quali vengono ignorati?

Perché le statistiche peggiorano sempre di più?


Se quanto accade nella Messa Novus Ordo avesse di più la sembianza di un sacrificio, se esprimesse la realtà sacrificale in modo sensato e comprensibile, non ci sarebbe bisogno di infinite riaffermazioni e chiarimenti.

La dottrina che la Messa è un vero e proprio sacrificio è stata insegnata de fide dal Concilio di Trento e ogni sua negazione è stata anatemizzata. La Messa di San Pio V incarna perfettamente quella dottrina tridentina. Finché la Messa rimane fedele al principio fondamentale della sacramentalità, cioè che qualcosa deve significare ciò che si fa e fare ciò che significa, si saprà fare ciò che realmente si fa con un significato manifesto e inequivocabile.

Ecco perché Ratzinger ha potuto osservare questo collegamento con Trento nelle battaglie liturgiche:

" Solo su questo sfondo dell'effettiva negazione dell'autorità di Trento si può comprendere l'amarezza della lotta contro il permesso di celebrare la Messa secondo il Messale del 1962 a seguito della riforma liturgica. La possibilità di questa celebrazione costituisce la contraddizione più forte e quindi (per loro) più intollerabile secondo l'opinione di coloro che ritengono che la fede nell'Eucaristia formulata da Trento abbia perso validità." [2]

La battaglia in salita della catechesi

Abbiamo visto i sondaggi a riprova della perdita della fede tra i cattolici nella presenza reale e sostanziale di Nostro Signore in quello che un tempo veniva chiamato da tutti "il Santissimo Sacramento dell'Altare". Quello che sarebbe estremamente interessante vedere è un sondaggio che, dopo aver identificato i cattolici alla moda e i cattolici tradizionali con alcune abili domande, procedesse a chiedere a ciascun gruppo: "Credi che la Messa sia un vero sacrificio – quello di Cristo sulla Croce?"

Non è difficile immaginare i risultati: il primo gruppo direbbe per lo più di no (infatti non pochi potrebbero rimanere sorpresi o scioccati dalla domanda stessa, che potrebbe introdurre un concetto che non hanno mai sentito), mentre quelli del secondo gruppo direbbero per lo più di sì. Le loro risposte rispecchierebbero perfettamente la loro esperienza della liturgia.

Se qualcuno dice che la differenza è che i frequentatori della Messa tradizionale sono meglio catechizzati rispetto al gruppo progressista, ciò spinge solo la domanda più in profondità.

Perché coloro che sono più catechizzati frequentano così spesso l'usus antiquior ? Perché effettuano questa scelta (quando hanno la possibilità di una scelta)? Oppure perché i fedeli che la frequentano sono più inclini a perseguire la propria formazione e a offrire un'autentica formazione catechistica ai propri figli?

Non si può indicare una catechesi più o meno adeguata senza indicare un reale collegamento empirico tra il livello della catechesi e il tipo di liturgia frequentato.

La causalità scorre in entrambe le direzioni. L'assioma classico lex orandi, lex credendi ci dice non solo che il modo in cui preghiamo modella il modo in cui crediamo, ma anche che ciò in cui crediamo modellerà il modo in cui preghiamo e anche le scelte che facciamo su dove e come preghiamo come cattolici.[3]

Sebbene la sua opera sia la glorificazione di Dio e la santificazione dell'uomo, la liturgia è sempre stata un potente catechizzatore.

Con la Messa riformata mancano le catechesi simboliche e testuali al cuore della vita cattolica.

Sebbene la ripetizione sia sempre necessaria per l'apprendimento umano, c'è una grande differenza tra la ripetizione che funziona, perché funziona mnemonicamente, e la ripetizione che indica il fallimento di qualcosa che effettivamente "rimane appiccicaticcio". Catechisti, predicatori, genitori, devono continuare a ripetere che "la Messa è un sacrificio" proprio perché il Novus Ordo ha molto poco che lo suggerisca anche lontanamente. Cercare di convincere le persone di qualcosa che non riescono a intravedere con i propri sensi è, per non dire altro, una battaglia in salita.

Ci rallegriamo, ancora e ancora, di essere gli indegni eredi di un così straordinario tesoro liturgico come il tradizionale rito romano della Messa, che esprime, conferma ed esalta in modo bello, riverente e inequivocabile i santi misteri della fede cattolica.

[1] Gli artefici della riforma liturgica erano talmente innamorati dell'ecumenismo da ammettere che stavano cercando di riformulare il rito romano in un modo accettabile per i protestanti. I protestanti conservatori erano fin troppo felici di concedere una "presenza" di Cristo nella Messa, ma parlare di sacrificio era per loro un anatema (se così si può dire). Su questo, vedi Michael Davies, La nuova messa di Papa Paolo (Angelus Press, 2009).

[2] Joseph Ratzinger, Opere complete: Teologia della liturgia (Ignazio, 2008), 544.

[3] È stato detto che una tale discrepanza sarebbe semplicemente il risultato di un'autoselezione: poiché i cattolici più colti, più devoti e più antiquati scelgono la Messa usus antiquior, le loro risposte saranno distorte a favore della dottrina tradizionale .

Ma questa non è solo una riaffermazione del punto stesso di cui stiamo discutendo?

Se coloro che credono a ciò che la Chiesa insegna e desiderano adorare secondo questo credo, cercano l' usus antiquior, spesso facendo grandi sacrifici per raggiungerlo, o se ne gioiscono quando lo scoprono inaspettatamente, questo non significa una massiccia mancanza nel culto principale della Chiesa e una possente perfezione nella forma classica? Né si può prendere sul serio l'idea che il problema sia la mancata attuazione delle "vere intenzioni" del Concilio o di Paolo VI. Per più di cinquant'anni, il 90% o più delle celebrazioni del Novus Ordo è stato fatto in uno spirito di rottura e discontinuità con il passato cattolico, ma quasi nulla è stato fatto per correggere lo status quo.

Ciò indica una tacita accettazione del nesso tra la nuova liturgia e la rottura con la tradizione ecclesiastica, che ora è diventata una politica esplicita sotto la Traditionis Custodes e l'arcivescovo Roche. In ogni caso, basta leggere quanto dissero i membri del Consilium e lo stesso Paolo VI per sapere che non avevano alcuna intenzione di operare in continuità con l'eredità tridentina.

https://www.marcotosatti.com/2022/06/05/kwasniewski-la-rimozione-dei-tabernacoli-e-la-de-sacrificalizzazione-della-messa
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La Rivoluzione Liturgica: la messa per l'Uomo-dio

Come scrisse Léon de Poncins nell'introdurre l'opera di Jean Vaquié (La révolution liturgique, Diffusion de la Pensée Française, 1971), «questo testo è fondamentale per capire con chiarezza l'opera di disgregazione avvenuta nella Chiesa attraverso la riforma liturgica». Difatti, l'introduzione del nuovo ordo non ha rappresentato soltanto un aggiornamento della forma liturgica da 50 anni a questa parte, ma ha anche significato una rivoluzione introducendo una sovversione in seno alla Chiesa di Roma. Questi sono i due capisaldi dell'opera del Vaquié: corruzione liturgica e sovversione.

Possiamo dire, pertanto, che lo studio del Vaquié ci interessa sia in quanto cattolici (liturgia) sia in quanto uomini liberi (che usano la ragione per valutare gli effetti a partire dalle loro cause).

EFFEDIEFFE ha tradotto in italiano l'opera, che fino ad oggi esisteva soltanto in lingua francese, ed oggi la porge all'attenzione dei suoi lettori, al loro studio, poiché, come ha scritto don Curzio Nitoglia nella sua introduzione al libro, la quale si accompagna a quella originale di L. de Poncins, "nonostante i suoi cinquant'anni, il libro del Vaquié resta sempre attuale e istruttivo".

In esso il tradizionalista Jean Vaquié, esponente della scuola antisovversiva francese, antimondialista, antiliberale e antimodernista, mette in luce come il Giudaismo e la Massoneria, attraverso il cripto marxismo liturgico, si siano introdotti nella Chiesa al fine di sottometterla al Nuovo Ordine mondiale e all'Anticristo, e studia le tappe della nuova «religione umanitaria» o culto dell'uomo, che la setta giudaico-massonica vuole fondare nel mondo.

Difatti, come già scriveva il Delassus, "uno sforzo gigantesco, o meglio satanico, è in atto sul mondo per staccarlo da Dio, per condurlo a ignorare Dio e, con un progresso indefinito, arrivare a far sì che ciò che è stato attribuito a Dio fin dall'inizio del mondo sia d'ora in poi appannaggio dell'uomo. È ciò che viene dichiarato apertamente dalle parole "religione umanitaria" e "deificazione dell'uomo" (Cfr. Il problema dell'ora presente, volume I, capp. XXXXV-LI, Edizioni Effedieffe 2015).

Quest'antropocentrismo è la maggiore empietà del nostro tempo (o mistero di iniquità), già teorizzata dal sacerdote laico del Nichilismo filosofico Nietzsche con la dottrina del Superuomo e che conduce direttamente all'Anticristo. Quindi il Nuovo Ordine Mondiale ha portato la Cristianità stessa a disarmare davanti all'avanzata del male e oggi rende l'umanità prona e pronta ad accettare il trans/umanesimo o fratellanza universale massonica.

La nota essenzialmente anticristica della nuova liturgia il Vaquié la mette perfettamente in luce spiegando in che modo il novus ordo abbia ribaltato i rapporti che la vera religione aveva stabilito per secoli tra l'uomo e Dio.

Difatti, secondo l'insegnamento tradizionale, la parola "culto" significa essenzialmente «l'esercizio della virtù della religione, virtù morale che porta l'uomo a rendere a Dio il tributo di adorazione che gli è dovuto» (Dizionario di Liturgia, voce "Culto", 1956, in ristampa presso ed. Effedieffe). Nel cristianesimo il culto mette ugualmente in azione le virtù teologali di fede, speranza e carità, virtù che uniscono direttamente l'uomo, elevato dalla grazia, al Padre che è nei cieli.

Si distingue così un culto "interno", ovvero devozione dello spirito; e un culto "esterno", espressione esterna e di carattere sociale della devozione interna e individuale.

Si riserva ordinariamente il nome di culto alle manifestazioni sensibili dell'adorazione, altrimenti dette funzioni liturgiche, cioè «atti di culto ufficialmente compiuti dalla comunità dei fedeli, adunati sotto la presidenza della sacra gerarchia» (voce "Culto", op. cit.).

Così compreso, il culto cristiano attinge il suo pieno significato nel sacrificio del Nuovo Testamento, cioè nel sacrificio eucaristico, il quale come ogni sacrificio è latreutico (adorazione), eucaristico (ringraziamento), propiziatorio (perdono) e impetratorio (aiuto divino).

Il culto cristiano è centrato sulla nozione dogmatica di Sacramento. I Sacramenti sono segni sensibili ed efficaci della grazia divina, istituiti da Cristo e perpetuati dal ministero della sua Chiesa. Così l'Eucaristia, sacrificio e sacramento, rende nuovamente presente il mistero redentore della Cena e del Calvario, compiuto duemila anni fa.

Questa nozione del culto cristiano è stata solennemente ricordata all'attenzione dei fedeli dall'Enciclica Mediator Dei di Pio XII sulla santa liturgia.

Infatti, la Liturgia romana di Tradizione apostolica — codificata, restaurata e resa obbligatoria nella Chiesa universale da san Pio V dopo la barbarie liturgica del Luteranesimo — era innanzitutto un culto reso a Dio, solo poi e conseguentemente aveva un carattere pedagogico, ossia cercava di insegnare ai fedeli a mettere in pratica e a vivere lo spirito e la dottrina dell'adorazione dovuta dalla creatura al Creatore.

Tutto il contrario, o quasi, avviene nella nuova Messa di Paolo VI.

"Se la liturgia tradizionale è tutta orientata verso Dio e attira come una calamita i fedeli perché è teocentrica" scrive il Vaquié a pag. 174 del suo libro, "la messa di Paolo VI è una MESSA DI TRANSIZIONE, o piuttosto una MESSA DI DEMOLIZIONE".

Demolizione di cosa? Della religione cattolica in sé stessa. Infatti "religione" viene dal verbo latino "religare", ossia unire due elementi: l'uomo a Dio, in subordine tra loro. Invece con la Nuova Messa non c'è più un soggetto creato che adora (l'uomo) ed un Soggetto increato che viene adorato (Dio). L'uomo e Dio vengono confusi a discapito di Dio, dal che risulta non sussistere più una vera religione che riunisce l'immanente al trascendente.

Questo ribaltamento, o appiattimento tra i due distinti sacerdozi (quello del sacerdote e quello dei laici) è la vera sovversione operata all'interno del nuovo istituto liturgico, concetto sul quale il Concilio Vaticano II, negli ultimi 60 anni, ha spinto più di ogni altra cosa. Il tentativo non è occulto bensì palesemente dichiarato: concedere all'assemblea dei fedeli un ministero di co-celebrazione.

Il fine da raggiungere (ormai palese con papa Francesco) è quello di creare il culto che riunirà tutte le confessioni cristiane; pertanto occorre, tra le altre cose, avvicinare l'uno all'altro i "due sacerdozi" cattolici fino a giungere a fonderli nel sacerdozio universale. Per farlo si impiega il buon vecchio metodo massonico, che consiste nell'abbassare ciò che è divino e nell'esaltare ciò che è umano. Ci viene dunque detto che il sacerdozio dei fedeli non è così interiore come si è ritenuto fino ad oggi e che il sacerdozio dei sacerdoti non è così ministeriale come sembra.

Ma ben sapendo la rivoluzione che non si può enunciare questo in dottrina, comincerà col praticarlo nella liturgia. La dottrina seguirà, secondo la formula: lex orandi, lex credendi.

La manovra è consistita sostanzialmente nel farci praticare dapprima la liturgia della "nuova religione", lasciandoci il tempo per abituarci ad essa. Per poi svelarci la lex credendi, ovvero i fondamenti teologici a cui i redattori della lex orandi si erano ispirati. E i giochi sono stati fatti.

L'insegnamento tradizionale della Chiesa era ovviamente un altro. Stando al Tridentino i "Fedeli" sono persone che, incorporate nella Chiesa mediante il Battesimo, vi restano unite per mezzo della Fede. I fedeli sono distinti dai sacerdoti, dal clero e dai religiosi. Hanno diritto di ricevere dal clero i beni spirituali e di far parte del consiglio parrocchiale per amministrare i beni temporali delle parrocchie, senza mai ingerirsi nel ministero spirituale. Per parte loro i fedeli devono ai loro pastori rispetto, obbedienza ed assistenza, cioè devono sovvenire ai loro bisogni, a quelli del culto e delle opere parrocchiali (voce "Fedeli" dal Dizionario di Liturgia, in ristampa presso Edizioni Effedieffe).

Pertanto, soggiunge molto bene il Vaquié, «non bisogna confondere il sacerdozio comune dei fedeli con il sacerdozio detto "universale" auspicato dalle scuole protestanti. Esse non ammettono, infatti, la distinzione e la gerarchia che la Chiesa insegna tra i due sacerdozi, il comune e il ministeriale. Esse riconoscono un solo ed unico sacerdozio che chiamano universale. Il sacerdozio ESTERIORE è quello del sacerdote. Differisce da quello dei fedeli non solo per il grado ma anche per la natura. È detto "ministeriale", il che significa al tempo stesso pubblico e materiale. Il fedele è sacerdote per lui solo. Il sacerdote lo è per molti. Nella liturgia della messa, la differenza tra i due sacerdozi è rimarcata in molteplici maniere».

Al contrario, già nel 1947, uno dei padri dell'aggiornamento conciliare, l'abbé CONGAR, nel Bulletin d'Ecclésiologie, in Revue des Scienc. Ph. et Théol., pp. 77-96, scriveva che «si cerca [= i novatori cercavano già a quell'epoca] di restituire al mistero della Chiesa tutta la dimensione divina ed umana. Tutta la dimensione divina affermando e mettendo in luce il suo intimo rapporto con Cristo, l'azione determinante e continua dello Spirito Santo, il primato della grazia; tutta la sua dimensione umana mettendo in luce l'attività del corpo totale dei fedeli, del loro compito cultuale e apostolico, della loro realtà pienamente ecclesiale».

Bastino questi brevi accenni per poter dire che è innegabile che con la Nuova Messa l'uomo abbia preso il posto di Dio o perlomeno tenda progressivamente a soppiantare Dio, essendo il nuovo impianto liturgico fluido e predisposto ad ulteriori cambiamenti, perché per mezzo della sua "geometria variabile" esso è stato organizzato, la cosa è indubitata, per dei cambiamenti ancora più profondi, come abbiamo visto oggi con il papa Francesco.

Come giustamente commenta il Vaquié: «Questa messa non è né stabile né sicura. Non sappiamo dove ci conduce perché non oppone più limiti alla propria mutazione».

Paolo VI aveva aperto la via al concetto di mutabilità asserendo che: «[si deve] ...fare della Messa più che mai una scuola di profondità spirituale e una tranquilla ma impegnativa palestra di SOCIOLOGIA CRISTIANA» (Udienza generale del 26 novembre 1969 dal titolo "Effusione degli animi nella Assemblea Comunitaria, ricchezza del nuovo rito della Santa Messa").

Invece, ciò che Dio vuole è un tempio in suo onore, perché Dio ha creato tutto per la sua gloria, ed Egli conserva tutto per tale fine, il solo fine degno della sua grandezza e della sua indipendenza.

Nei luoghi benedetti Dio deve riceve l'adorazione delle sue creature. Non il contrario.

Addirittura, affinché la società possa tornare ad essere cristiana, occorrerebbe che Dio fosse adorato anche nella società stessa, ovvero che in essa Dio tornasse ad essere il Padrone delle volontà libere degli uomini; e che la sua legge rimanesse il principio e il controllo di tutte le leggi umane. Se ciò non è possibile, a causa del liberalismo massonico che ha distrutto l'Europa cristiana, il cattolico è tenuto perlomeno a garantire questo stato di cose nella Chiesa. Se anche in questo luogo, oggi, ciò viene meno, allora è veramente il preludio al regno dell'Anticristo. È chiaro.

Quindi dobbiamo costantemente ribadire un importante concetto: non esiste neutralità religiosa (quello della neutralità è un vecchio trucco massonico). Alla religione del Dio vivente se ne oppone un'altra, la religione di Satana; contro la religione di Cristo, la religione dell'Anti-Cristo.

Il regno neutro dell'umanesimo, che voleva stabilirsi in un ordine intermedio tra il cielo e l'inferno, oggi va sempre più corrompendosi, e spalanca l'abisso di sopra e di sotto. Contro il Dio-Uomo non si erge l'uomo del regno neutro intermedio, ma l'uomo-Dio, l'uomo che si è messo al posto di Dio ma che è irrimediabilmente votato, se Dio non avrà pietà di lui, all'auto-distruzione come un novello Icaro.

Oggi, purtroppo, costatiamo come la nostra società sia un tempio in rovina; un tempio contaminato, dove al posto del Dio vivente, è l'uomo, o meglio, sono i potenti di questo mondo, i nuovi dèi, a reclamare onori idolatrici.

È qui che si inserisce autorevolmente lo studio del Vaquié, il quale per sua stessa natura è maggiormente antisovversivo di quanto non sia prettamente ecclesiologico. Non a caso il de Poncins, introducendo l'opera dell'amico Vaquié, inquadra il problema della rivoluzione liturgica di Paolo VI alla luce della "guerra occulta" che ha portato la sovversione all'interno della Chiesa.

Insomma, la Nuova Messa del 1969 è stata un'ulteriore tappa dell'instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale, come trampolino di lancio del Regno dell'Anticristo finale dopo il Concilio Vaticano II (1962/65) e questa rivoluzione è stata prefabbricata e preordinata con lungimiranza e precisione proprio come tutte le rivoluzioni politiche, filosofiche, economiche, sociali e belliche.

Come saggiamente riecheggia il Vaquié dal grande maestro H. Delassus:

"L'Alta Vendita voleva la rivoluzione in cappa e tiara? Oggi [con la nuova messa] l'ha avuta".

Perché questa autoritaria abrogazione dell'antico messale è una "vittoria per i grandi tecnocrati della sinarchia religiosa di cui il Papa si è circondato".

Nel terminare questa breve esposizione, ci sia permessa una precisazione.

Poiché è sempre necessario fare i conti con la realtà (così ci hanno insegnato i grandi papi, da Pio VII a Leone XIII), si può sopportare un male se non ci sono soluzioni attuali per evitarlo, ma non si può mai canonizzarlo.

Vaquié, saggiamente e dopotutto, trasmette anche a noi questo parere: questa messa "ci tocca SUBIRLA, poiché per la maggior parte del tempo, nella maggior parte delle nostre parrocchie non ne avremo un'altra".

Dunque, anche per l'integro tradizionalista Vaquié la messa di Paolo VI è valida perché non è positivamente eretica. Essa è altresì lecita, poiché è emanata da autorità legittima. Il Vaquié porterà diverse analisi di ottimi prelati francesi tradizionalisti che spiegano il motivo di ciò.

«Tutti i dottrinarî tradizionalisti che hanno analizzato la nuova messa, anche i più severi, —  commenta il Vaquié — concordano nel riconoscere che essa non è positivamente eretica. Non si può che sottoscrivere il loro giudizio».

Quindi, coloro che vi assistono per obbedienza non devono essere criticati, se almeno conservano l'antico spirito.

«Ma — detto questo — non è possibile l'ADOZIONE di tale messa dal profondo del cuore. Poiché favorisce l'eresia e genera una pietà filantropica. [Quindi] è più saggio e prudente rimanere fedeli alla messa immemorabile detta di SAN PIO V. Questa è la vera obbedienza in spirito e verità. Questa fedeltà non può essere tacciata di disobbedienza».

Il Signore poi, a cui nulla è impossibile, aiuterà quel fedele, che per obblighi di stato o di impedimento debba seguire la messa nuova, a non scivolare nell'eresia dottrinale.

L'opera di Jean Vaquié inquadra perfettamente il problema della rivoluzione liturgica alla luce della guerra operata dalle due forze principali della rivoluzione: il Giudaismo talmudico e la Massoneria declinati nel Comunismo o cripto-marxismo liturgico.

E riconduce la sua ragion d'essere nel grido degli eroici assertori di Dio quali furono i Maccabei: «Siate uomini, siate valorosi nel difendere la legge» (I Mach. II, 64).
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Derry

Un saluto a tutti,
riprendo a scrivere dopo una pausa dovuta a motivi di salute (niente a che fare col Covid, solo acciacchi più o meno gravi), sono contento di intervenire su questo argomento, che trovo fondamentale per noi Cattolici.

Da quando assisto alla celebrazione della S.Messa in latino mi rendo sempre più conto dell'importanza che ha la liturgia del rito Tridentino sui fedeli e sulla preghiera. Infatti, se confrontiamo le due realtà, Messa in latino e Messa celebrata nelle Parrocchie "moderne", vediamo che la S Messa in latino è qualcosa di assolutamente stupefacente: non solo al Sacrificio di Cristo viene data l'importanza che deve avere, ma per un tempo indefinito i fedeli sono concentrati nella preghiera e nell'adorazione, senza telefonini che squillano o cani, parcheggiati tra le panche, che ogni tanto si mettono ad abbaiare. Nella Messa solenne poi, il canto gregoriano sale come preghiera corale, che differenza con le strimpellate delle chitarre politicamente corrette!
Quello che scrivono gli autori degli articoli che compongono questo topic è condivisibile: ad esempio, il "decentramento" del Tabernacolo è già visibile in diverse chiese che conosco personalmente e il fatto che si voglia trasformare la chiesa stessa in una specie di "aula liturgica", disadorna e spoglia, da destinare magari ad usi vari, mi ricorda che, già molti anni fa, negli USA osservai proprio questa sorta di... condivisione dell'edificio. 
Se vogliamo impedire tutto questo, dobbiamo continuare a partecipare alla Messa in latino: da quel che vedo nella mia realtà, i fedeli che la seguono aumentano ogni volta.
"Nothing can stop the man with the right mental attitude from achieving his goal; nothing on earth can help the man with the wrong mental attitude."

Finnegan

#29
Bentornato Derry, sono lieto di risentirti e di sapere che stai bene e frequenti una parrocchia tridentina.
Una cosa che si nota subito assistendo alla Messa di sempre è la facilità con cui si prega, laddove nell'altra è necessario uno sforzo per raccogliersi nonostante il rito chiassoso e disadorno.
Oltre al beneficio personale, il futuro della Chiesa in Occidente è letteralmente nelle nostre mani: più questo rito si diffonde più c'è speranza che il nostro Paese rimanga (e torni) cattolico.
Come hai osservato, i fedeli che vi assistono aumentano ogni volta!
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