Perché oggi vediamo donne prevaricatrici e uomini esausti

Aperto da Finnegan, 28 Gennaio 2020, 09:04:03 PM

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Finnegan

Da un saggio di Marshall McLuhan. Chi fosse interessato a una versione più ampia può trovarla nel prossimo post.

L'energia distruttiva postulata dai rivoluzionari è presente, ed eccede largamente ogni disponibile saggezza umana o ingegnosità politica che possano controllarla. Senza dubbio, Marx ha sempre indicato il processo rivoluzionario come tecnologico piuttosto che politico o letterario. Il suo austero concetto dell'« uomo » e dell'universo era rigorosamente monistico e tecnologico. Come le affermazioni di Calvino e di Rousseau, quelle di Marx erano radicate nella negazione della persona umana. Ma la tecnologia ha ora prodotto il suo capolavoro. Ogni causa umana possiede ora il fascino romantico della « causa persa » e l'irrilevanza dei proposti scopi umani è pari soltanto alla probabilità d'annientamento degli esseri umani. Anche la causa « persa » del sud incomincia ad assumere lineamenti intelligibili e attraenti per molti i quali prima davano per scontato che fosse più divertente essere dalla parte dei grandi battaglioni. Infatti, la « causa sudista » non è tanto persa quanto quella delle sinistre d'oggi, la cui produzione letteraria, per questa ragione, è dipesa dallo sforzo creativo di uomini quali Hopkins, Eliot e Yeats, la cui lealtà a loro volta veniva data alle cause in apparenza più disperate.
Forse il punto essenziale di tutto questo può essere esemplificato nella maniera migliore con il caso di Henry James. Un postulato primario del mondo di James è che esso gode di un'enorme supremazia materiale con la sua conseguente euforia. In correlazione con la sensibilità elaborata e tenue del mondo da lui creato vi è una ancor più elaborata struttura di una finanza astratta, e la tecnologia eterea creata da quella finanza. Ogni qual volta questa astratta struttura esiste e trionfa, James può manipolare le sue marionette. Non è per caso, senza dubbio, che in questo campo la vita femminile debba essere dominante e lussureggiante, e gli esseri maschili timidi e miseri. E' una grande e sicura stanza dei bambini, vista nel suo lato materiale. Non vi sono preoccupazioni finanziarie.
Henry James apparteneva a una società che soffriva degli ultimi stadi di elefantiasi della volontà. Infatti, egli riusciva a contemplare soltanto i suoi prodotti periferici: donne dominanti e uomini esausti. Una società tenuta insieme da una volontà tesa e da una attività affannosa e evasiva non produce mai uno stile di vita con tutto ciò che implica di passione. Può produrre e in effetti produce turisti, musei e case simili a musei, in abbondanza. Perché, dopo tutto, una « civiltà degli affari » (una contraddizione in termini), con i suoi elaborati sotterfugi e finzioni legali, produce caratteri ugualmente intricati e indefinibilmente senza scopo.
E la natura della società semplicemente agraria, per esempio, è tale da produrre uomini i quali sono principalmente passionali in senso stretto. La sensazione dell'ineluttabile domina i ricordi e la lealtà di simili persone. Il carattere nelle società passionali è di conseguenza semplice, monolitico e, quando le circostanze lo richiedono, eroico.
La passione cancella le differenze piuttosto che crearle, come mostra la guerra civile. Lo testimonia l'eliminazione delle profonde divisioni economiche e di classe, sia settoriali che politiche, quale risultato di quel conflitto. E il carattere non introspettivo e appassionato della vita sudista parla in qualsiasi opera degli scrittori sudisti.
Per la mente semplicemente razionalista e rivoluzionaria del « pianificatore » sociale o dell'ingegnere non vi è mai la possibilità di comprendere la natura della politica o dell'arte. Comunque, il vero tradizionalista concorderà sempre con il rivoluzionario sui fatti. Ma soltanto il tradizionalista può essere radicale. Egli non si accontenta semplicemente di tagliare gli arbusti per ottenere nuove forme.
[...] Comprendere le implicazioni di questo brano di Yeats, come anche del precedente di Rilke, vuol dire intravvedere la specifica malattia della « politica » moderna. Laddove Yeats appassionatamente e umilmente si pone ad ascoltare suggerimenti e accenni di una saggezza corporativa molto più ricca di quanto la sua percezione semplicemente individuale possa scoprire, il pianificatore sociale arrogantemente identifica i suoi propri impulsi e percezioni con il bene sociale. Il fervore morale viene reso un sostituto al pensiero e alla percezione pazienti, e le buone intenzioni diventano la scusa per rendere schiavi gli uomini per il loro bene.
Come dice Guizot: « Anche i migliori rivoluzionari hanno una vanitosa fiducia in se stessi e in tutto ciò che pensano e in tutto ciò che desiderano, il che li spinge a precipitarsi lungo la via che una volta hanno scelto. [...] La modestia è una grande luce; mantiene la mente aperta e il cuore pronto ad ascoltare l'insegnamento della verità ». Ed è precisamente questo genere di modestia intellettuale che si trova disseminato da un capo all'altro dei commenti sociali di uomini di lettere sudisti, una libertà da quella nota di rettitudine politica e di disprezzo assolutista per la persona che è insita nel « progressivo », per cui le cose e le persone non sono altro che energia da usarsi a scopi virtuosi.
Una società semplicemente commerciale (come Cartagine) non ha il senso della storia e lascia poche tracce di se stessa. (Nella sua ricerca sulle origini della tecnologia americana Sigfried Giedion fu sorpreso nel riscontrare una quasi totale assenza di documentazione o di modelli delle prime attività nelle principali industrie.)
William Gilmore Simms, anticipando la guerra civile, rivela una visione storica e persino una certa nostalgia per il Sud Carolina ai suoi albori, per quel sud che apertamente e spesso troppo vanagloriosamente reclamava per sé la gloria che fu della Grecia e la grandiosità che fu di Roma. Una insistenza perfettamente giustificata, comunque, in diretto rapporto con le radici dell'umanesimo classico e della humanitas ed eloquenza ciceroniane che sono presenti in tutti gli scritti sudisti dal tempo di William Byrd di Westover sino a oggi.
Queste rivendicazioni non vennero mai fatte nel nord. Già nel secolo XVII Harvard aveva designato la tecnologia quale vero successore della metafisica; un'assurdità questa che, con tutte le conseguenze pratiche, viene perpetuata ancora oggi devotamente da Dewey. Per questa mente non vi è nulla che non possa essere definito dal metodo. È la mente che intesse le difficoltà della produzione efficiente, dell'erudizione « scientifica » e dell'amministrazione degli affari. Essa non si permette la più vaga idea di ciò che costituisce un problema sociale o politico. Ecco perché il pensiero politico notevolmente creativo degli Stati Uniti proviene soltanto dal sud, da Jefferson a Wilson.
Infatti il programma ciceroniano dell'educazione, com'è tracciato nel De Oratore di Cicerone (e non di meno nel Cortegiano di Baldesar Castiglione), considera primariamente l'uomo nel suo aspetto sociale e politico.
Ovunque questa educazione classica e forense si estendeva, portava con sé l'intero codice signorile d'onore, di dignità e di cortesia, dal momento che esso era inseparabile dal programma ricostituito come era stato propagato da Castiglione, da Sidney e da Spencer. Per il carattere fortemente celtico dell'immigrazione sudista (scozzese-irlandese), vi era un'intensificazione del culto dell'onore personale e della fedeltà alla famiglia e al patriarca.

In una simile società, uniformemente agraria, con omogeneità d'educazione e di popolazione, l'idea aristocratica era democratica. È ovvio, per esempio, che il concetto di democrazia di Jefferson vorrebbe che ciascun uomo fosse un aristocratico. La prevalenza in tutte le classi e in tutti i luoghi dell'idea aristocratica era, senza dubbio, assolutamente sproporzionata al numero di colonizzatori che avrebbero potuto incarnarla con qualsiasi grado di efficacia.
Una delle principali condizioni della vita aristocratica era presente nel sud e non nel nord: la responsabilità personale verso altri esseri umani per quanto riguardava l'educazione e il benessere materiale. (Un Carnegie o un Ford, come un sistema burocratico, plasmano la vita di milioni di persone senza prendersi alcuna responsabilità di alcun tipo.)
In un mondo di  scettiche ambizioni e cinici egotismi, l'aristocratico, o l'uomo appassionato, è indifeso. In un mondo di avidità unicamente materiali il suo ruolo è quello di soffrire. Ecco perché il mondo ritratto nei romanzi del sud è un mondo di violenza, di passione e di morte. Joe Christmas è un simbolo genuino nel senso che è il prodotto di una effettiva e particolare condizione spirituale: non soltanto la condizione di sudista, ma quella universale umana di oggi. E questo potere di creare simboli non è di coloro che concepiscono la vita interiore come se fosse in un perpetuo stato di continuo mutamento. Costoro sono incapaci di separare gli oggetti spirituali da quelli fisici.
L'ideale ciceroniano raggiunge la sua fioritura nello studioso-uomo di stato di conoscenza enciclopedica, profonda esperienza pratica e una spigliata eloquenza sociale e pubblica. Che questo ideale fosse perfettamente adatto alla vita agreste della proprietà terriera con i suoi molteplici problemi legali e con la sua necessità diretta di rappresentazione politica (repubblicana) è ovvio a chiunque si sia interessato al sud. Per di più, in una tale società, l'abilità letteraria viene convogliata quasi naturalmente nei canali legali e politici, per non menzionare la conversazione sociale altamente sviluppata.
Ma sin dalla sconfitta del sud ci si può chiedere se il programma ciceroniano abbia ancora una sua importanza. Il nocciolo della questione sta nel fatto che una fase della guerra civile si sta di nuovo combattendo oggi nel nord. Tutte le vecchie caratteristiche della disputa sono riemerse. Hutchins vuole l'educazione per i cittadini in una società limitata, mentre Dewey vuole l'educazione per una funzionale società assolutista: assolutista perché la società piuttosto che le persone costituisce il valore. Hutchins vuole una formazione enciclopedica; Dewey vuole una formazione di metodi e tecniche: il conosci cosa contrapposto al conosci come. Che la « causa del sud » sia alquanto indipendente dalla geografia non ha bisogno di essere sottolineato.
Per di più, lo scrittore sudista condivide una gran parte della sua esperienza con la maggioranza dei sudisti, i quali non lo hanno mai sentito nominare: non vi è quella spaccatura fra educati e « non educati » che esiste in una atomizzata comunità industriale. Nella conversazione il sudista si compiace di riportare, senza condiscendenza, le belle osservazioni e le acute percezioni di persone del tutto analfabete.
Il senso tragico e appassionato della vita in contrapposizione alla vita dagli scopi molteplici e divergenti è già percepibile quale stile di vita basilare molto tempo prima della guerra civile, come testimonia in modo convincente l'opera di Poe.
In tutti i romanzi imperniati sulla guerra civile, che siano di Young, di Tate, di Stribling e di Faulkner, i personaggi sono a tutto tondo, esseri sociali, perché nel 1860 gli uomini contavano ancora. Non solo la guerra ma le cause della guerra, e il problema del male, sia nella società sia negli individui, venivano fronteggiati apertamente. A questo modo il sud subì l'impatto della distruzione fisica, ma non sentì mai la disfatta spirituale. Invece, la disfatta spirituale raggiunse il nord nello spazio di due decenni. I personaggi di Hemingway sono uomini di pathos soltanto in un senso limitato: sono nani da compiangere, buffoneschi. Le loro azioni non hanno alcun contesto. Essi partecipano a guerre che non capiscono. Il loro amore è disperazione. Il loro discorso è poco di più di un grugnito o un haussement des épaules. Non vi è alcun problema del male e alcuna tragedia in questo mondo perché non vi è alcuna dignità umana né alcuna responsabilità.
Lo stesso avviene per quanto riguarda Fitzgerald. Non ci viene data alcuna motivazione o azione in The Great Gatsby perché questo è, a suo modo, un romanzo di passione; non vi è analisi introspettiva, ma le figure sono alla Hänsel e Gretel. Patetici, irresponsabili derelitti, sudditi dell'Emperor of Ice Cream il cui piccolo interludio di vita è vissuto sulla Great Rock Candy Mountain.
A questo, come esegesi, si potrebbe apporre l'osservazione di Tate: « Il sudista può quasi desiderare per sua tranquillità il disprezzo del nordista per la sua storia; egli vorrebbe credere che la storia non sia un grande corpo di fatti concreti cui deve essere leale, ma soltanto una sorgente di formule meccaniche ». Per il pragmatista non vi può essere problema per quanto riguarda la contemplazione appassionata e leale della storia. Per lui essa è esplicitamente un arsenale da cui egli trae le armi per imporre qualsiasi convinzione che possa avere in mente in quel momento.
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Finnegan

#1
Versione più ampia del saggio:

L'energia distruttiva postulata dai rivoluzionari è presente, ed eccede largamente ogni disponibile saggezza umana o ingegnosità politica che possano controllarla. Senza dubbio, Marx ha sempre indicato il processo rivoluzionario come tecnologico piuttosto che politico o letterario. Il suo austero concetto dell'« uomo » e dell'universo era rigorosamente monistico e tecnologico: una perfetta espressione della cinica sentimentalità di un'epoca. Come le affermazioni di Calvino e di Rousseau, quelle di Marx erano radicate nella negazione della persona umana. Ma la tecnologia ha ora prodotto il suo capolavoro. Ogni causa umana possiede ora il fascino romantico della « causa persa » e l'irrilevanza dei proposti scopi umani è pari soltanto alla probabilità d'annientamento degli esseri umani. Anche la causa « persa » del sud incomincia ad assumere lineamenti intelligibili e attraenti per molti i quali prima davano per scontato che fosse più divertente essere dalla parte dei grandi battaglioni. Infatti, la « causa sudista » non è tanto persa quanto quella delle sinistre d'oggi, la cui produzione letteraria, per questa ragione, è dipesa dallo sforzo creativo di uomini quali Hopkins, Eliot e Yeats, la cui lealtà a loro volta veniva data alle cause in apparenza più disperate.
Forse il punto essenziale di tutto questo può essere esemplificato nella maniera migliore con il caso di Henry James. Un postulato primario del mondo di James è che esso gode di un'enorme supremazia materiale con la sua conseguente euforia. In correlazione con la sensibilità elaborata e tenue del mondo da lui creato vi è una ancor più elaborata struttura di una finanza astratta, e la tecnologia eterea creata da quella finanza. Ogni qual volta questa astratta struttura esiste e trionfa, James può manipolare le sue marionette. Non è per caso, senza dubbio, che in questo campo la vita femminile debba essere dominante e lussureggiante, e gli esseri maschili timidi e miseri. E' una grande e sicura stanza dei bambini, vista nel suo lato materiale. Non vi sono preoccupazioni finanziarie. (Quasi tutti i protagonisti dei suoi romanzi sono turisti, sempre occupati in pellegrinaggi non da questo mondo a quello dell'al di là ma da una parte del Vecchio Mondo a quella vicina.) Ma nel momento in cui James mette il piede oltre i confini di questo astratto materialismo, come fece una volta, egli è indifeso. L'occhio dell'« irrequieto analista » si incupisce e diventa evasivo, non vede nulla.
Henry James apparteneva a una società che soffriva degli ultimi stadi di elefantiasi della volontà. Infatti, egli riusciva a contemplare soltanto i suoi prodotti periferici: donne dominanti e uomini esausti. Le figure cardinali dell'ethos jamesiano non s'impongono mai nella sua opera: i magnati morbosi la cui volontà vuota e senza scopo serviva una brama di potere così attraente quanto quella di un verme solitario. E, tuttavia, quella società era crivellata dalla negazione e dalla timidezza. La filosofia dell'azione è sempre un fallimento del pensiero e della passione, e « nulla è più timido di un milione di dollari ». Una società tenuta insieme da una volontà tesa e da una attività affannosa e evasiva non produce mai uno stile di vita con tutto ciò che implica di passione. Può produrre e in effetti produce turisti, musei e case simili a musei, in abbondanza. E in tutto questo james si trova completamente a suo agio.
Perché, dopo tutto, una « civiltà degli affari » (una contraddizione in termini), con i suoi elaborati sotterfugi e finzioni legali, produce caratteri ugualmente intricati e indefinibilmente senza scopo.
E la natura della società semplicemente agraria, per esempio, è tale da produrre uomini i quali sono principalmente passionali in senso stretto. Essi comprendono i rigidi limiti delle semplici motivazioni umane e abitualmente sentono la fatalità delle forze più grandi della vita che è in loro e così pure fuori di loro. La sensazione dell'ineluttabile domina i ricordi e la lealtà di simili persone. Il carattere nelle società passionali è di conseguenza semplice, monolitico e, quando le circostanze lo richiedono, eroico.
La passione cancella le differenze piuttosto che crearle, come mostra la guerra civile. Lo testimonia l'eliminazione delle profonde divisioni economiche e di classe, sia settoriali che politiche, quale risultato di quel conflitto. E il carattere non introspettivo e appassionato della vita sudista parla in qualsiasi opera degli scrittori sudisti.
Per la mente semplicemente razionalista e rivoluzionaria del « pianificatore » sociale o dell'ingegnere non vi è mai la possibilità di comprendere la natura della politica o dell'arte. Rilke a questo proposito si esprime allo stesso modo di Eliot in Tradition and the Individual Talent: « Va aggiunto a questo che neanche io posso in alcun modo immaginare l'artista, obbediente, paziente, adatto allo sviluppo lento quale egli è, fra gli insorti ». Comunque, il vero tradizionalista concorderà sempre con il rivoluzionario sui fatti. Ma soltanto il tradizionalista può essere radicale. Egli non si accontenta semplicemente di tagliare gli arbusti per ottenere nuove forme. L'impazienza e la ribellione essenziali della mente del New England non la rendono qualificata per la politica e per le funzioni artistiche, quindi la defezione di Henry James e di T.S. Eliot fu un trauma necessario per proteggere il loro talento. D'altro canto, è meritevole di considerazione il fatto che l'uomo di lettere sudista, mentre sente una considerevole affinità con la tradizione inglese ed europea, non ha mai sentito la necessità di espatriare né durante il secolo XIX né durante il XX.
[...] Comprendere le implicazioni di questo brano di Yeats, come anche del precedente di Rilke, vuol dire intravvedere la specifica malattia della « politica » moderna. Laddove Yeats appassionatamente e umilmente si pone ad ascoltare suggerimenti e accenni di una saggezza corporativa molto più ricca di quanto la sua percezione semplicemente individuale possa scoprire, il pianificatore sociale arrogantemente identifica i suoi propri impulsi e percezioni con il bene sociale. In contrasto con la consapevolezza che ha Yeats della natura della cultura sta la nota ad hoc di Van Wyck Brooks in cui egli dice che abbiamo bisogno di « una razza di artisti profondi e sinceri » che ci condurranno « faccia a faccia con la nostra esperienza e metteranno al lavoro in quella esperienza il fermento di quella superiore cultura ». Quel tono alla Kaltenborn potrebbe essere riconosciuto ovunque come quello di un ingegnere pedagogico. Il fervore morale viene reso un sostituto al pensiero e alla percezione pazienti, e le buone intenzioni diventano la scusa per rendere schiavi gli uomini per il loro bene. Perfettamente analoga alla cultura dell'ingegneria di Brooks è l'affermazione di Sinclair Lewis nel suo discorso durante l'assegnazione del Premio Nobel: lo scopo dello scrittore americano deve essere « di dare all'America che ha montagne e infinite praterie, enormi città e sperdute capanne, una letteratura degna della sua vastità ». Le riviste popolari si sono prese cura di quest'ordine.
Come dice Guizot: « Anche i migliori rivoluzionari hanno una vanitosa fiducia in se stessi e in tutto ciò che pensano e in tutto ciò che desiderano, il che li spinge a precipitarsi lungo la via che una volta hanno scelto. [...] La modestia è una grande luce; mantiene la mente aperta e il cuore pronto ad ascoltare l'insegnamento della verità ». Ed è precisamente questo genere di modestia intellettuale che si trova disseminato da un capo all'altro dei commenti sociali di uomini di lettere sudisti, una libertà da quella nota di rettitudine politica e di disprezzo assolutista per la persona che è insita nel « progressivo », per cui le cose e le persone non sono altro che energia da usarsi a scopi virtuosi.
Quanto della latente aggressività insurrezionale e morale del pianificatore sociale si celasse nel temperamento di Henry james emerge in modo divertente nel suo contatto con il sud.
Una società semplicemente commerciale (come Cartagine) non ha il senso della storia e lascia poche tracce di se stessa. (Nella sua ricerca sulle origini della tecnologia americana Sigfried Giedion fu sorpreso nel riscontrare una quasi totale assenza di documentazione o di modelli delle prime attività nelle principali industrie. Ford, per esempio, pur avendo speso milioni per il suo museo, non aveva alcuna documentazione sugli inizi del processo di produzione della sua ditta.)
William Gilmore Simms, anticipando la guerra civile, rivela una visione storica e persino una certa nostalgia per il Sud Carolina ai suoi albori, per quel sud che apertamente e spesso troppo vanagloriosamente reclamava per sé la gloria che fu della Grecia e la grandiosità che fu di Roma. Una insistenza perfettamente giustificata, comunque, in diretto rapporto con le radici dell'umanesimo classico e della humanitas ed eloquenza ciceroniane che sono presenti in tutti gli scritti sudisti dal tempo di William Byrd di Westover sino a oggi.
Queste rivendicazioni non vennero mai fatte nel nord. Per di più, la ragione per cui il New England non rivendico mai un umanesimo ciceroniano e erasmiano risulta molto chiara dalle dimostrazioni raccolte da Perry Miller in The New England Mind.
Due cose per comprendere la disputa fra il nord e il sud vengono dimostrate da Miller: la prima, la violenta opposizione della mente umanistica alla mente dialettica nell'Europa del Cinquecento e Seicento; la seconda, l'antica lite fra queste menti nel secolo V ad Atene, nel secolo XII in Francia, e nel secolo XIV in Italia. Non è questo il luogo per offrire un tale quadro storico. Ma se la mente del New England fosse stata in grado di percepire le proprie radici nella dialettica di Abelardo e di Ockham (cercando di risolvere i problemi metafisici, teologici e politici come se fossero problemi di logica) così come il sud è stato capace di sentire e di mettere a fuoco la sua tradizione forense dell'umanesimo ciceroniano, allora una modestia qualificante avrebbe potuto inserirsi nella disputa molto tempo prima.
Lo strumento della esegesi biblica di Ramus si dimostrò molto distruttivo per la Scrittura, com'è naturale; perché era razionalistico e nominalistico. Cioè, rese tutti i problemi logici e allo stesso tempo distrusse l'ontologia e qualsiasi possibilità di metafisica, un fatto che testimonia la notoria anemia e lo scetticismo paralizzante della speculazione del New England. Già nel secolo XVII Harvard aveva designato la tecnologia quale vero successore della metafisica; un'assurdità questa che, con tutte le conseguenze pratiche, viene perpetuata ancora oggi devotamente da Dewey e dai suoi discepoli. Per questa mente non vi è nulla che non possa essere definito dal metodo. È la mente che intesse le difficoltà della produzione efficiente, dell'erudizione « scientifica » e dell'amministrazione degli affari. Essa non si permette la più vaga idea di ciò che costituisce un problema sociale o politico (nel senso di Burke o di Yeats) semplicemente perché non vi è alcun metodo per affrontare simili problemi. Ecco perché il pensiero politico notevolmente creativo degli Stati Uniti proviene soltanto dal sud, da Jefferson a Wilson.
Infatti il programma ciceroniano dell'educazione, com'è tracciato nel De Oratore di Cicerone (e non di meno nel Cortegiano di Baldesar Castiglione), considera primariamente l'uomo nel suo aspetto sociale e politico. Nella Grecia del quinto secolo questo è stato lo scopo dei sofisti, la cui opera noi conosciamo attraverso l'ostile intermediazione di Platone. Cicerone la ricevette attraverso la grande tradizione stoica, e, avendola esemplificata e consolidata, fornì ai padri della Chiesa lo statuto dell'educazione cristiana che dominò il campo incontrastato sino all'epoca di Anselmo e di Abelardo nei secoli XI e XII. (Soltanto di recente Gilson ha dimostrato che fino al secolo XII la tradizione dell'umanesimo classico è ininterrotta, integrale e senza rivali nella Chiesa.) La teologia scolastica era l'innovazione anomala, non il modo caratteristico della teologia cristiana.
Su questo sfondo, la reazione umanistica di Giovanni da Salisburgo e di Petrarca a ciò che essi chiamavano la dialettica barbarica (i Goti e gli Unni della Sorbona) è, come la simile reazione di Erasmo, Colet e Tommaso Moro, la riasserzione dell'umanesimo centrale, classico e cristiano, contro una fazione di ultimi arrivati dediti alla disputa vermicolata.
Ovunque questa educazione classica e forense si estendeva, portava con sé l'intero codice signorile d'onore, di dignità e di cortesia, dal momento che esso era inseparabile dal programma ricostituito come era stato propagato da Castiglione, da Sidney e da Spencer. Non si trattò d'una semplice riscoperta archeologica. Esso aveva la piena vitalità della cavalleria medievale e dell'amor cortese in ogni sua parte. Comunque, nell'Inghilterra del Seicento e del Settecento si vide un erompere così possente dello spirito commerciale che il suo codice signorile venne rapidamente modificato. Il duello, ovviamente, non è compatibile con l'equilibrio commerciale, né con il benessere della classe media. Nel sud era ben scarsa l'autoabnegazione del mercante circa l'onore personale e non esisteva la riduzione del gusto interamente rinascimentale del codice signorile. Infatti, per il carattere fortemente celtico dell'immigrazione sudista (scozzese-irlandese), vi era, se mai, un'intensificazione del culto dell'onore personale e della fedeltà alla famiglia e al patriarca.
In una simile società, uniformemente agraria, con omogeneità d'educazione e di popolazione, l'idea aristocratica era democratica. È ovvio, per esempio, che il concetto di democrazia di Jefferson vorrebbe che ciascun uomo fosse un aristocratico. La prevalenza in tutte le classi e in tutti i luoghi dell'idea aristocratica era, senza dubbio, assolutamente sproporzionata al numero di colonizzatori che avrebbero potuto incarnarla con qualsiasi grado di efficacia.
Una delle principali condizioni della vita aristocratica era presente nel sud e non nel nord: la responsabilità personale verso altri esseri umani per quanto riguardava l'educazione e il benessere materiale. (Un Carnegie o un Ford, come un sistema burocratico, plasmano la vita di milioni di persone senza prendersi alcuna responsabilità di alcun tipo.) Forse ancor più decisiva, in qualsiasi tempo o luogo, nella creazione dell'aristocratico è l'assenza della vita privata. Vivere sempre in presenza della famiglia e dei servitori della famiglia cambia sottilmente il più medio degli esseri umani. La formalità diviene una condizione di sopravvivenza. Per di più, mettere la propria famiglia davanti a tutto e se stessi in secondo piano in tutti i contatti sociali conferisce uno speciale carattere impersonale ai costumi e alle azioni umane. In tali condizioni emergerà sempre, rapidamente, un codice sociale. E dove vi è un codice, tutte le classi lo condivideranno e interpreteranno da sé nel modo che Yeats ci ha mostrato nel brano citato precedentemente. Una sorprendente testimonianza di questo è presente in Light in August di Faulkner. Joe Christmas, il meticcio con un ottavo di sangue negro, vive e muore secondo un codice che non viene mai menzionato, ma che è perfettamente definito dal suo stesso contegno e dai suoi rapporti con gli altri personaggi del romanzo. Chiaramente un « fuorilegge » solo perché egli vive fra fuorilegge  cioè fra uomini e donne di complicità senza fine, mediocre confusione, egotismo ordinario e lavori marginali  egli acquisisce con il suo distacco e la sua sofferenza una dignità strana nella sua accettazione della fatalità. Nessuna ombra di mediocrità, di volgarità o di autocommiserazione cade su di lui. Egli non giudica nessuno, ma tutti gli altri vengono giudicati dalla sua stessa presenza.
« Egli non fece nulla di volgare o di spregevole / Durante quella scena memorabile ».
In un mondo di vite private, scettiche ambizioni e cinici egotismi, l'aristocratico, o l'uomo appassionato, è indifeso. In un mondo di avidità unicamente materiali il suo ruolo è quello di soffrire. Ecco perché il mondo ritratto nei romanzi del sud è un mondo di violenza, di passione e di morte. Joe Christmas è un simbolo genuino nel senso che è il prodotto di una effettiva e particolare condizione spirituale: non soltanto la condizione di sudista, ma quella universale umana di oggi. E questo potere di creare simboli non è di coloro che concepiscono la vita interiore come se fosse in un perpetuo stato di continuo mutamento. Costoro sono incapaci di separare gli oggetti spirituali da quelli fisici. Con una rigorosa contemplazione della sua esperienza locale, Faulkner si è mosso con forza verso affermazioni universali.
L'ideale ciceroniano raggiunge la sua fioritura nello studioso-uomo di stato di conoscenza enciclopedica, profonda esperienza pratica e una spigliata eloquenza sociale e pubblica. Che questo ideale fosse perfettamente adatto alla vita agreste della proprietà terriera con i suoi molteplici problemi legali e con la sua necessità diretta di rappresentazione politica (repubblicana) è ovvio a chiunque si sia interessato al sud. Per di più, in una tale società, l'abilità letteraria viene convogliata quasi naturalmente nei canali legali e politici, per non menzionare la conversazione sociale altamente sviluppata. Di conseguenza nel valutare la qualità intellettuale di una simile vita si è obbligati a volgersi ai documenti semipubblici e alla corrispondenza di persone quali Washington e Jefferson.
Ma sin dalla sconfitta del sud ci si può chiedere se il programma ciceroniano abbia ancora una sua importanza. Questa domanda viene usualmente posta in modo ostile da persone che considerano l'umanesimo ciceroniano inseparabile dal feudalesimo e dalla schiavitù. Un modo sgarbato di rispondere sarebbe quello di dire che, mentre l'umanesimo ciceroniano del sud rappresentava la principale corrente della cultura europea e occidentale, la tecnologia del nord, con la sua arte e belles lettres epifenomeniche, fu edificata sull'aberrazione più distruttiva della mente occidentale: dialettica autonoma e nominalismo ontologico. Il nocciolo della questione sta nel fatto che una fase della guerra civile si sta di nuovo combattendo oggi nel nord. Tutte le vecchie caratteristiche della disputa sono riemerse. Hutchins vuole l'educazione per i cittadini in una società limitata, mentre Dewey vuole l'educazione per una funzionale società assolutista: assolutista perché la società piuttosto che le persone costituisce il valore. Hutchins vuole una formazione enciclopedica; Dewey vuole una formazione di metodi e tecniche: il conosci cosa contrapposto al conosci come. Che la « causa del sud » sia alquanto indipendente dalla geografia non ha bisogno di essere sottolineato.
Per di più, lo scrittore sudista condivide una gran parte della sua esperienza con la maggioranza dei sudisti, i quali non lo hanno mai sentito nominare: non vi è quella spaccatura fra educati e « non educati » che esiste in una atomizzata comunità industriale. Nella conversazione il sudista si compiace di riportare, senza condiscendenza, le belle osservazioni e le acute percezioni di persone del tutto analfabete. Ma la ragione principale di questa solidarietà è un'accettazione universale della visione appassionata della vita. Non solo non vi è alcuna fatale divisione fra educati e non educati, ma non vi è neppure la ben nota spaccatura testa-cuore che esiste nel nord e che rifulse in Europa e nell'Inghilterra del secolo XVIII. Il sud sfuggì a questo perché non aveva una considerevole classe mercantile urbana fin dopo la guerra civile; di conseguenza fu in grado di conservare sino ad un certo grado l'integrità di pensiero e di sentimento che ritroviamo in Conrad e nei romanzieri russi dell'Ottocento, con i quali i recenti romanzieri sudisti hanno una forte affinità.
Il senso tragico e appassionato della vita in contrapposizione alla vita dagli scopi molteplici e divergenti è già percepibile quale stile di vita basilare molto tempo prima della guerra civile, come testimonia in modo convincente l'opera di Poe. Il sud cavalleresco, è stato detto, voleva l'intero cavallo, mentre il nord voleva soltanto astrarre il « cavallo-vapore » dal cavallo.
In tutti i romanzi imperniati sulla guerra civile, che siano di Young, di Tate, di Stribling e di Faulkner, i personaggi sono a tutto tondo, esseri sociali, perché nel 1860 gli uomini contavano ancora. Non solo la guerra ma le cause della guerra, e il problema del male, sia nella società sia negli individui, venivano fronteggiati apertamente. A questo modo il sud subì l'impatto della distruzione fisica, ma non sentì mai la disfatta spirituale. Invece, la disfatta spirituale raggiunse il nord nello spazio di due decenni. I personaggi di Hemingway sono uomini di pathos soltanto in un senso limitato: sono nani da compiangere, buffoneschi. Le loro azioni non hanno alcun contesto. Essi partecipano a guerre che non capiscono. Il loro amore è disperazione. Il loro discorso è poco di più di un grugnito o un haussement des épaules. Non vi è alcun problema del male e alcuna tragedia in questo mondo perché non vi è alcuna dignità umana né alcuna responsabilità.
Lo stesso avviene per quanto riguarda Fitzgerald. Non ci viene data alcuna motivazione o azione in The Great Gatsby perché questo è, a suo modo, un romanzo di passione; non vi è analisi introspettiva, ma le figure sono alla Hänsel e Gretel. Patetici, irresponsabili derelitti, sudditi dell'Emperor of Ice Cream  il cui piccolo interludio di vita è vissuto sulla Great RockCandy Mountaïn. Ironicamente, i piccoli esseri subumani delle grandi città esprimono meglio il loro senso di impotenza attraverso la musica negra. Mentre si accingevano simulatamente a liberare gli schiavi, essi divennero schiavi e trovarono nella lamentevole autocommiserazione e nel cantare sommesso dei negri il sostituto a un qualsiasi stile di vita proprio.
A questo, come esegesi, si potrebbe apporre l'osservazione di Tate: « Il sudista può quasi desiderare per sua tranquillità il disprezzo del nordista per la sua storia; egli vorrebbe credere che la storia non sia un grande corpo di fatti concreti cui deve essere leale, ma soltanto una sorgente di formule meccaniche ». Per il pragmatista non vi può essere problema per quanto riguarda la contemplazione appassionata e leale della storia. Per lui essa è esplicitamente un arsenale da cui egli trae le armi per imporre qualsiasi convinzione che possa avere in mente in quel momento.
Il racconto è la forma più naturale per un popolo dall'appassionato senso storico della vita. Nel racconto, infatti, gli avvenimenti camminano, passando talvolta sopra e talvolta attorno alle vite umane. Il personaggio singolo è intrecciato agli avvenimenti, ma è subordinato ad essi.
Infine abbiamo, fondamentale in ogni tradizione di passione intellettuale e sociale, il culto della bellezza e dell'eleganza femminili. Una consapevolezza del potere formale e civilizzante della passionale comprensione della stilizzata eleganza femminile, così ovvia nella vita delle lettere sudista, deriva da Platone, fiorisce nei troubadours, in Dante e nei platonisti rinascimentali ed è inseparabile dal concetto cortese della vita. Vi è una forte vena secolare in questa tradizione, nonostante la sua affinità con alcune forme dell'espressione mistica cristiana, che era esclusa da quel ramo della speculazione scolastica che fiorì nel New England.
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Derry

Finnegan, è sempre un piacere leggere le cose che condividi; voglio leggere con calma anche la versione estesa, anche perché ho sempre sentito il fascino della storia americana, che è molto meno banale di come viene spesso raccontata...basti pensare a personaggi come Jefferson, Lincoln, Grant...
"Nothing can stop the man with the right mental attitude from achieving his goal; nothing on earth can help the man with the wrong mental attitude."

Finnegan

#3
Grazie Derry, sono testi rarissimi oggi introvabili (la maggior parte li ho pescati da antiquari all'estero o da fondi di magazzino degli editori). Questo saggio fu scritto nel 1943 dopo il dottorato a Cambridge. Ne ho altri sul tema, restate sintonizzati :biggrin:

La storia americana è effettivamente appassionante e istruttiva, molto diversa dalla versione appiattita che il cinema ci propina oggi.

Questo saggio è fondamentale in quanto dice che l'attuale tecnocrazia porta l'umanità all'autodistruzione, ed è fondamentale che il genere umano prenda altre strade prima considerate "cause perse". In un altro saggio il figlio Eric spiega come Giambattista Vico indicò queste strade, un nuovo approccio alla filosofia, alla tecnologia e alla politica.

Oggi è più che mai indispensabile condividere il sapere. McLuhan amava dire: "I monopoli della conoscenza sono intollerabili".
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