La città delle donne di F. Fellini

Aperto da Junio1, 12 Luglio 2020, 09:01:30 PM

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Finnegan

Eccezionale questo passaggio: In maniera ingegnosa e diabolicamente perversa propone delle maschere in un paese dove la verità artistica passa, invece, nella necessità dello smascheramento, cioè nel suo opposto.
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Junio1

#31
Non so se ti riferisci a me Dico solo che Garrone è un vero regista sul lato prettamente tecnico e nel genere realistico senza essere un suo fan, questo gli va riconosciuto, sulla sua macchina produttiva non mi esprimo. Come ho scritto non trovo quasi nulla di buono nel cinema italiano di oggi.

Finnegan

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dotar-sojat

#33
CitazioneECCO COME E PERCHE' "LA GRANDE BELLEZZA" DI PAOLO SORRENTINO HA VINTO L'OSCAR
Postato il Mercoledì, 05 marzo @ 06:27:09 GMT di davide   
DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI
http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it"
premesso che "ogni ha i suoi gusti", vorrei spezzare una lancia a favore del film.
Io, come ho raccontato nella mia presentazione, sono ciò che più distante dai film italiani moderni nonché i loro registi. Sono grande appassionato del cinema di genere italiano dagli anni 50 agli anni '80 (peplum, europsy, western, horror, thriller, poliziotteschi, action, fantascienza, ecc), con un HD da quasi 2Tb pieno di questi film recuperati e rippati in vari modi, ho diversi libri sull'argomento, e io stesso, come autore di librigame, ho scritto diversi libri ispirati a questi generi.
Amo molto la commedia italiana degli anni 50/60 e anche io non mi azzarderei ad accostare la Grande Bellezza ai capolavori del passato, eppure... mi è piaciuto.
Certo, bisogna saltare i primi incomprensibili e noiosi 15 minuti, ma a partire dalla festa di compleanno il film sprinta.
Cosa mi è piaciuto? Ho apprezzato molto una satira profonda e graffiante verso quel mondo dei cosiddetti "vips" in cui vive il protagonista, mostrandoli per quello che sono: radical chic che hanno avuto successo solo per il nome o perché imparentati con qualcuno, nobili decaduti, prelati imbarazzanti, e che dire della povera suora nonnagenaria strumentalizzata per secondi fini (un po' come il nostro Mattarella), l'editoria di sinistra che pubblica libri e saggi incomprensibili di gente legata al partito, oppure l'attrice di sinistra che parla come Verdone in Un sacco bello che viene messa alle strette con la domanda "ora lei mi spiega cosa sono queste vibrazioni".
Io questo l'ho apprezzato molto e mi piaciuto. Certo poi ci sono alcune sottotrame che mi hanno interessato meno (i flashback con il suo giovane amore o la storia da una botta e via con l'imprenditrice milanese).

E lo dico da uno che la commedia italiana moderna disgusta profondamente, con le sue solite trame da "italiani in vacanza", "italiani con problemi"; o la commedia cinepanettonara o dei "e sti caxxi" di brizzi; o quella degli "stranieri buoni e italiani cattivi"
Non mi piacciono nemmeno tutte le serie tv dei gangster come Gomorra, Suburra, Romanzo criminale, i film degli anni '70 erano molto più coinvolgenti.

Poi, come detto, sono gusti.






Spera nel meglio, aspettati il peggio

Il Conte di Lautréamont

Mi è capitato spesso di parlare di questo film in termini estremamente positivi, proprio perchè fa una critica spietata della società contemporanea e tutte le volte mi sono accorto, invece, di quanto sia stato detestato dal pubblico italiano. Tralascio la ricerca del perchè a chi è più intelligente e più paziente di me e mi fiondo subito nella spiegazione dell'importanza di questo film. Innanzitutto i 15 minuti iniziali sono basilari e lo può capire chi ha studiato il surrealismo. Il regista compie una serie di associazioni libere, quasi delle vedute oniriche su Roma, con lo scopo di introdurre i personaggi che non sono altro che dei "non personaggi", con lo stesso significato che avevano i protagonisti dei romanzi di Dickens: maschere carnevalesche, burattini, teatranti o forse andrebbero meglio definiti come pure e semplici caricature. E qui subito si stabilisce un feroce contrasto tra gli uomini del passato che hanno creato Roma, con l'umanità presente che si "gode" Roma, distruggendosi e quindi distruggendola ( giacchè la città non è fatta solo di pietra ma anche di persone, la città sono i suoi abitanti ). La galleria di uomini e donne non è altro che un atlante dei vizi capitali della capitale italiana. Non ce ne uno che si salvi, a parte il protagonista che almeno ha una crisi di coscienza nel momento in cui lui incontra la grande bellezza e Viola che dopo la morte del figlio dona tutti i suoi beni alla Chiesa cattolica e diventa una missionaria in Africa. Alla fine del film tutti si sono chiesti che cosa fosse questa "grande bellezza". Eppure era lì, talmente caricaturata, che non se ne è accorto nessuno. Basta andare a leggere le distorte recensioni reperibili su internet o sui giornali del periodo. Eppure è semplice, la "grande bellezza" è suor Maria, l'alter ego di Madre Teresa di Calcutta, che piomba nella trama sotto forma di una potentissima ierofania e costringe le persone a ragionare sul senso della vita. Che sia lei la "grande bellezza" non ci sono dubbi, ma ovviamente i critici di oggi non hanno più gli occhi allenati nel riconoscere i simboli: ve la ricordate la scena in cui lei riceve nella notte la visita dei cigni? Similia cum similibus. E quando sembra che il regista voglia dire "guardate è proprio lei la grande bellezza" subito la fa sorridere con tutta la bocca orrendamente sdentata. E che ci fa questo personaggio in mezzo a tanta volgare profanità? Perchè il film è ambientato a Roma e non poteva essere ambientato da altre parti, ovvero nel centro della storia del mondo che è coincisa con la nascita del Cristianesimo. E così il regista non poteva rinunciare a ricorrere ad una santa per introdurre quella ierofania che salva l'umanità dall'inferno della vita. Già l'inferno, che il comune mortale pensa confusamente che sia una valle di lacrime. Niente affatto. Sorrentino chiama inferno il nulla che si cela dietro alle azioni di tutti quei vuoti personaggi, quel nulla che, come direbbe Baudelaire, con uno sbadiglio s'ingoierebbe il mondo.

"Sono anni che tutti mi chiedono perchè non torno a scrivere un nuovo libro. Ma guarda 'sta gente, 'sta fauna. Questa è la mia vita. Non è niente. Flaubert voleva scrivere un romanzo sul niente, non c'è riuscito. Ci posso riuscire io?" 

Il film ha indicato una via oltre al nichilismo.

dotar-sojat

Citazione di: Il Conte di Lautréamont il 17 Settembre 2020, 10:03:34 PM
Mi è capitato spesso di parlare di questo film in termini estremamente positivi, proprio perchè fa una critica spietata della società contemporanea e tutte le volte mi sono accorto, invece, di quanto sia stato detestato dal pubblico italiano. Tralascio la ricerca del perchè a chi è più intelligente e più paziente di me e mi fiondo subito nella spiegazione dell'importanza di questo film. Innanzitutto i 15 minuti iniziali sono basilari e lo può capire chi ha studiato il surrealismo. Il regista compie una serie di associazioni libere, quasi delle vedute oniriche su Roma, con lo scopo di introdurre i personaggi che non sono altro che dei "non personaggi", con lo stesso significato che avevano i protagonisti dei romanzi di Dickens: maschere carnevalesche, burattini, teatranti o forse andrebbero meglio definiti come pure e semplici caricature. E qui subito si stabilisce un feroce contrasto tra gli uomini del passato che hanno creato Roma, con l'umanità presente che si "gode" Roma, distruggendosi e quindi distruggendola ( giacchè la città non è fatta solo di pietra ma anche di persone, la città sono i suoi abitanti ).
Immaginavo vi fosse una lettura del genere, era chiaramente surrealista ma non avevo elementi per capire, grazie per la spiegazione
Spera nel meglio, aspettati il peggio

Finnegan

Citazione di: Il Conte di Lautréamont il 17 Settembre 2020, 10:03:34 PM
Mi è capitato spesso di parlare di questo film in termini estremamente positivi, proprio perchè fa una critica spietata della società contemporanea e tutte le volte mi sono accorto, invece, di quanto sia stato detestato dal pubblico italiano. Tralascio la ricerca del perchè a chi è più intelligente e più paziente di me e mi fiondo subito nella spiegazione dell'importanza di questo film. Innanzitutto i 15 minuti iniziali sono basilari e lo può capire chi ha studiato il surrealismo. Il regista compie una serie di associazioni libere, quasi delle vedute oniriche su Roma, con lo scopo di introdurre i personaggi che non sono altro che dei "non personaggi", con lo stesso significato che avevano i protagonisti dei romanzi di Dickens: maschere carnevalesche, burattini, teatranti o forse andrebbero meglio definiti come pure e semplici caricature. E qui subito si stabilisce un feroce contrasto tra gli uomini del passato che hanno creato Roma, con l'umanità presente che si "gode" Roma, distruggendosi e quindi distruggendola ( giacchè la città non è fatta solo di pietra ma anche di persone, la città sono i suoi abitanti ). La galleria di uomini e donne non è altro che un atlante dei vizi capitali della capitale italiana. Non ce ne uno che si salvi, a parte il protagonista che almeno ha una crisi di coscienza nel momento in cui lui incontra la grande bellezza e Viola che dopo la morte del figlio dona tutti i suoi beni alla Chiesa cattolica e diventa una missionaria in Africa. Alla fine del film tutti si sono chiesti che cosa fosse questa "grande bellezza". Eppure era lì, talmente caricaturata, che non se ne è accorto nessuno. Basta andare a leggere le distorte recensioni reperibili su internet o sui giornali del periodo. Eppure è semplice, la "grande bellezza" è suor Maria, l'alter ego di Madre Teresa di Calcutta, che piomba nella trama sotto forma di una potentissima ierofania e costringe le persone a ragionare sul senso della vita. Che sia lei la "grande bellezza" non ci sono dubbi, ma ovviamente i critici di oggi non hanno più gli occhi allenati nel riconoscere i simboli: ve la ricordate la scena in cui lei riceve nella notte la visita dei cigni? Similia cum similibus. E quando sembra che il regista voglia dire "guardate è proprio lei la grande bellezza" subito la fa sorridere con tutta la bocca orrendamente sdentata. E che ci fa questo personaggio in mezzo a tanta volgare profanità? Perchè il film è ambientato a Roma e non poteva essere ambientato da altre parti, ovvero nel centro della storia del mondo che è coincisa con la nascita del Cristianesimo. E così il regista non poteva rinunciare a ricorrere ad una santa per introdurre quella ierofania che salva l'umanità dall'inferno della vita. Già l'inferno, che il comune mortale pensa confusamente che sia una valle di lacrime. Niente affatto. Sorrentino chiama inferno il nulla che si cela dietro alle azioni di tutti quei vuoti personaggi, quel nulla che, come direbbe Baudelaire, con uno sbadiglio s'ingoierebbe il mondo.

"Sono anni che tutti mi chiedono perchè non torno a scrivere un nuovo libro. Ma guarda 'sta gente, 'sta fauna. Questa è la mia vita. Non è niente. Flaubert voleva scrivere un romanzo sul niente, non c'è riuscito. Ci posso riuscire io?" 

Il film ha indicato una via oltre al nichilismo.
Credo che questo post valga molto più del film, un pasticcio ideologizzato che non a nulla a che vedere col classico cinema italiano
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Il Conte di Lautréamont

Non sono un critico e ti posso dire che ho letto recensioni e spiegazioni di ogni sorta sul significato del film, ma non ho mai trovato quello che ho visto io. Quindi siete liberi di darmi del visionario, per cui visione dopo visione ( che trova un parallelo non nella cinematografia, ma nell'ironia pittorica di Magritte ) Sorrentino gioca sul contrasto tra la città di pietra e la città fatta di persone, tra la Urbs e la Civitas. Per cui è indubbio che ad uno sguardo superficiale la prima grande bellezza che appare è costituita dai monumenti di Roma, che però sono opera di persone del passato che non esistono più, sostituite dalla "fauna" contemporanea che Sorrentino disprezza. E allora lui compie un'escamotage estremamente intellettuale: "risuscita" una persona di quel mondo che ha costruito le cattedrali, introduce la figura di Suor Maria, che ovviamente deve adattare ai tempi moderni, facendo un pò il verso a Madre Teresa di Calcutta, per renderla un personaggio credibile. Quindi un volto ben noto in cui poter inserire tratti iconografici che stridono con la modernità: gli uccelli migratori che le fanno visita ( ho detto cigni, ma possono essere anche fenicotteri, non riesco a decifrarli bene, ma non cambiano di una virgola il concetto della bellezza che fa visita alla grande bellezza ) è un episodio che appartiene alle vite dei Padri del Deserto, i quali possedevano il dominio sugli elementi della natura ( gli animali, il fuoco, la forza di gravità ); lei che prega sdraiata, che fa digiuno, che appare sempre sofferente ricalca invece la vita di San Francesco d'Assisi. Quindi che cosa succede all'ingenuo spettatore, una cosa davvero singolare. Che mentre percepisce bella la Urbs che sopravvive nei secoli, non riconosce bella invece l'unica persona che appartiene a quel mondo e che quel mondo ha contribuito a costruire. Che è come dire che la facciata di San Pietro è bella e attuale, mentre i santi posti a coronamento sul colonnato del Bernini sono obsoleti e fanno pure schifo. Infatti nessun critico ha riconosciuto in Suor Maria la Grande Bellezza del film, mentre Sorrentino è lì a ribadirne la salvifica importanza. Cosa le fa dire di assolutamente importante? Questo e vale il prezzo del biglietto: che lei si ciba di radici, "perchè le radici sono importanti". Infatti che cosa fanno le radici? Una cosa da nulla: praticamente tutto, visto che sorreggono l'albero mentre viene piegato dal vento e gli danno il nutrimento per farlo sopravvivere. Ma le radici di Suor Maria sono radici culturali, sono le radici cristiane dell'Europa che sono state tagliate da quella galleria di subumani che si diverte a spernacchiare. Tutto il film è un atto di accusa contro il mondo di oggi, falso, cattivo, vuoto, ma soprattutto orribile perché ha rinnegato la grande bellezza del Cristianesimo.

Il Conte di Lautréamont

Citazione di: Finnegan il 18 Settembre 2020, 10:40:46 AM
Credo che questo post valga molto più del film, un pasticcio ideologizzato che non a nulla a che vedere col classico cinema italiano
Se è per questo "La grande Bellezza" si discosta completamente anche dai suoi film oltre che ai classici italiani. Dimmi che cosa ha in comune questo film con "Il Divo"? Tolto Toni Servillo nient'altro.

Finnegan

Il film è l'ennesimo attacco all'ormai inesistente ceto medio, accusato in forma vicaria delle nefandezze della classe al potere che la pellicola non scalfisce. Non una parola sulla burocrazia, e de-meritocrazia che ci opprimono, la politicizzazione della vita economica e sociale.
Servillo e comprimari sono l'archetipo del guitto, della macchietta che si profonde in smorfie disgustose per additare l'elettorato avversario al pubblico ludibrio.
E questo sarebbe "cristiano"? Madre Teresa non c'entra nemmeno di striscio.
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