La felicità si crea da soli? Dibattito

Aperto da Finnegan, 20 Marzo 2021, 01:29:32 PM

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Finnegan

Ho visto un interessante video di Met Barra, che riporto di seguito. Secondo me andrebbe integrato con queste riflessioni di M. Fforde: https://www.coscienzamaschile.com/index.php/topic,24.0.html
Siamo arrivati al punto in cui si sta meglio da soli che in una relazione, che quando va bene presenta il conto anche umano dopo.
Si può essere felici da soli, ma non penso che relazioni problematiche siano un fattore neutro, sono un problema con cui fare i conti compensando ciascuno a modo proprio.
Il video evidenzia una questione importante, non avere un atteggiamento dipendente verso una relazione, ipotetica o reale.
Ma siamo in una società estremamente individualista e che credo che la risposta di lungo periodo debba essere più tessuto sociale e più relazioni sane:

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Finnegan

#1
Vicious del forum degli Incel dice:

Secondo me è un triste meccanismo di adattamento a quella che è diventata ormai una società senza valori, senza appigli, che ha perso completamente la bussola. Un'ottima strategia di adattamento aggiungerei anche in maniera piuttosto ottimistica, ma la felicità vera secondo me è un'altra cosa. E credo che il concetto stesso di individualismo sia del tutto incompatibile con la felicità.
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Ent

#2
Cos'è la felicità? Per me è il sommo bene (con la b minuscola, però), è ciò che più desidera l'uomo, e sulla base di questa sintetica definizione sviluppo la mia riflessione.

Comincio con il valutare i piaceri, tipicamente considerati quale strumento di felicità.

L'uomo desidera i piaceri che non ha, e pensa di poter essere felice se li possedesse; non pensa però che altri, allo stesso tempo, desiderino ciò ch'egli ha, per essere, a propria volta, felici; e nemmeno riflette su quanto troppo raramente non sia felice di ciò che ha.

Quando poi l'uomo raggiunge ciò che desidera - i piaceri che desidera - ne è contento all'istante, ma il suo sentimento (di questo si tratta) si corrompe presto, e svanisce.

La vera felicità non è uno stato dell'animo istantaneo, effimero. La vera felicità è uno stato permanente che noi possiamo soltanto pensare e desiderare, ma non carpire.
La felicità (come sommo bene) non è di questo mondo, come non è di questo mondo il regno di Dio. La felicità autentica è solo ultramondana.

E perciò nulla, non il gretto piacere, non l'altrettanto gretta ricerca del piacere, e nemmeno la virtù possono dare la felicità.

La pratica delle virtù però libera dall'infelicità, plasma la coscienza ed emancipa l'uomo dalla dipendenza dal piacere.

L'uomo virtuoso - non l'uomo passionale -  può essere sereno, in pace, fiducioso. Ecco, la fiducia, o meglio, la speranza, è quanto più si approssima all'ineffabile felicità.


Ritengo che la tesi dell'autore del video meriti approvazione, pur con una piccola riserva.

Egli si pone nell'ottica di Seneca, che rivolgendosi ad un amico, disse:

Pensi che questo sia capitato soltanto a te e ti stupisci, come di un fatto ­strano, che, pur avendo viaggiato a lungo e visitato tanti luoghi diversi, non sei riuscito a scacciare la tristezza e la malinconia?
Devi cambiare l'animo, non il cielo (Animum debes mutare, non caelum). Attraversa pure il vasto mare, lascia che, come dice il nostro ­Virgilio,
"scompaiano terre e città" , i tuoi vizi ti seguiranno dovunque. A un tale che si lamentava per la stessa ragione Socrate disse: «Perché ti meravigli se i viaggi non ti giovano a nulla? Porti in giro te stesso. Ti segue il motivo medesimo che ti ha fatto fuggire». A che giova visitare nuovi paesi, conoscere città e luoghi diversi? Vano è tutto questo agitarsi. Ti chiedi perché questa fuga non ti sia di aiuto: tu fuggi con te stesso; prima devi deporre il peso dell'animo, diversamente non vi sarà luogo che possa soddisfarti.

La via della virtù permette di allontanare tristezza e malinconia e comincia all'interno di sè.  E può oggi portare l'uomo a traguardi incommensurabilmente più elevati di "Seneca morale", la cui speranza non arrivava a cogliere, all'orizzonte, la pienezza della felicità eterna, divinamente rivelata.

Esistono però anche delle condizioni di oggettività. Il matrimonio potrebbe elevare la pratica di ciò che è buono e bello, ed accompagnare l'uomo verso una nuova tappa del proprio cammino virtuoso, offrire nuove possibilità. Ma, anche in questo caso, non si potrebbe parlare di felicità. Il matrimonio non rende felici.
Felici possono essere delle esperienze all'interno del matrimonio, o degli istanti. Ma lo stesso matrimonio porta anche malinconia e delusioni.

Se poi si considera il matrimonio dei nostri tempi, ecco che spesso al matrimonio non è estranea soltanto la felicità, ma anche la virtù.

L'uomo virtuoso non può raggiungere la felicità in pienezza, ma nemmeno è infelice; l'uomo virtuoso può essere tale, indifferentemente, dentro o fuori del matrimonio.

Il celibe infelice vinca la propria infelicità, tramite la pratica della virtù. Quando sarà sereno e non più infelice, se vuole, consideri il matrimonio.
Ma se il celibe infelice si sposa credendo di vincere mediante il matrimonio l'infelicità, rimarrà deluso e sarà accompagnato anche nel matrimonio dalla propria infelicità.

Può accadere che il celibe, osservando situazioni di coppia che esprimono felicità (qui nell'accezione comune del termine) sia portato a pensare che il matrimonio renda felici. In realtà l'allegria, la serenità, la bellezza ch'egli ha percepito altro non sono che cristalli di ghiaccio, pronti a discogliersi al primo giorno di caldo. Sicché ben potrebbe essere che lo sposato che dal celibe  fu visto spensierato in compagnia della propria lei, giunga poi ad invidiare il celibe stesso, anch'egli illudendosi che da celibe avrebbe potuto essere felice. E qui ritorniamo all'inizio del discorso.

Finnegan

#3
Secondo recenti ipotesi pare che Seneca fosse divenuto cristiano. Per Aristotele l'uomo è un animale sociale (neanche l'eremita è solo, ha un rapporto particolare con Dio) e quando questa inclinazione comunitaria viene ostacolata si creano ulteriori gravami.
Ciò che più avvicina l'uomo alla felicità a questo mondo è un equilibrio tra vita interiore e vita sociale. Come dice San Tommaso "il bene è diffusivo di sé", ma gli uomini oggi si trovano ad agire nel vuoto laddove la cooperazione con i propri simili sarebbe fonte di bene per tutti.
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In effetti la pratica della virtù, su cui ho incentrato le mie riflessioni, è quasi sempre collocata in un rapporto con l'altro.

Citazione di: Finnegan il 20 Marzo 2021, 11:21:39 PM
ma gli uomini oggi si trovano ad agire nel vuoto laddove la cooperazione con i propri simili sarebbe fonte di bene per tutti.

Osservazioni condivisibili. Penso, come per altre questioni, che diversi mali morali della società presente siano stati alimentati, oltre che da cattivi maestri, anche dal progresso tecnico. Su questo argomento non ho ancora sviluppato un'opinione articolata, ma istintivamente potrei ipotizzare che la tecnica si sia sviluppata in una prospettiva individualistica, per rendere ogni uomo quanto più indipendente dagli altri uomini.

Finnegan

#5
La tecnica può anche avvicinare, come vediamo ma produce un'ipnosi nell'essere umano, che si identifica con le sue proprie invenzioni: gli idoli fatti dall'uomo

Hanno bocca e non parlano,
hanno occhi e non vedono,
hanno orecchi e non odono,
hanno narici e non odorano.
Hanno mani e non palpano,
hanno piedi e non camminano;
dalla gola non emettono suoni.
Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida
.

Le nostre stesse élite seguono direttive cibernetiche (come evidenziato da diversi manga giapponesi, che si rivolgono anche a un pubblico adulto) e considerano l'essere umano una versione imperfetta delle macchine, ormai obsoleta quindi da rottamare progressivamente. Secondo il film iRobot, "la razza umana continuerà" come un piccolissimo numero di "meritevoli, come i dirigenti d'azienda" (sic). Queste sarebbero tematiche cruciali, rilevate anche da altro ma ancora la gente non se ne rende conto.
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dotar-sojat

domanda molto personale con risposta altrettanto personale.
Ognuno di noi cerca la felicità a modo suo.
Per me la felicità è raggiungere un obiettivo, uno scopo, più questo è importante più la felicità sarà massima.
Sicuramente uno dei miei giorni più felici è stato quello della laurea, raggiunta dopo anni e anni di sforzi, delusioni e amarezze.

Ora però mi rendo conto di non avere più un vero obiettivo. Lavoro tutta la settimana in attesta del we per fare qualcosa, ma alla fine mi "riduco" a leggere dei libri, guardare un film, fare un giro con il cane, scrivere qualcosa... e quando me lo permettono, di andare in montagna dove ho un appartamento.
Poca roba.
Mi domando spesso: andrò avanti così per i prossimi 25 anni? senza alcun vero scopo nella vita?
Se avessi una famiglia (quello che era il mio scopo principale ma che non ho raggiunto) quantomeno passerei i we o le sere in compagnia dei figli, li guarderei crescere, li porterei in giro (lockdown permettendo), a fare qualche gita, al museo di storia naturale, li seguirei in qualche loro passione, sport od hobby... insomma, sarebbe una vita vissuta giorno per giorno, sicuramente con i suoi pregi e i suoi difetti, i momenti felici e quelli tristi...
se avessi un obiettivo importante mi impegnerei per raggiungerlo, ma non ce l'ho, e così la felicità è difficile da raggiungere
Spera nel meglio, aspettati il peggio

Finnegan

Potresti leggere qualche libro, ampliare la conoscenza è uno degli scopi più belli che si possano avere
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dotar-sojat

Citazione di: Finnegan il 22 Marzo 2021, 11:16:13 AM
Potresti leggere qualche libro, ampliare la conoscenza è uno degli scopi più belli che si possano avere
è una pratica che ho cominciato appena finita l'università, mi sono costruito una libreria di quasi 200 volumi di saggista che spazia su vari argomenti, molti dei quali sono stati fonti di ispirazione per i libri che scrivo.
Spera nel meglio, aspettati il peggio

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