Il nichilismo di gran parte dell'architettura moderna

Aperto da Finnegan, 19 Gennaio 2023, 09:37:12 PM

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Finnegan

Citazioneil problema dell'arte moderna è tutt'altro che la megalomania e il narcisismo, ma l'incomunicabilità per il semplice fatto che è fortemente spersonalizzante
Incomunicabilità al punto che neppure gli edifici comunicano tra loro, non esistono più piani urbanistici e le città sono il regno del caos, agglomerati di edifici informi in cui troneggiano gli obbrobri delle archistar ancora più informi. Ogni edicifio ha uno stile a sé che fa a pugni con l'edificio di fronte, per proclamare il protagonismo dell'architetto. L'architettura contemporanea annuncia la guerra civile.
Citazionela società priva di amore
L'amore presume affinità, valori comuni che trascendono l'individuo laddove oggi è tutto in funzione del piacere individuale: chad, cani... e Muri.
Citazionel'arte non può essere definita
Invece sì: l'arte è imitazione/chiarificazione del processo di apprendimento, come definito da Aristotele e S. Tommaso d'Aquino: il cervello ricrea il mondo a partire dalle percezioni sensoriali; l'arte fa lo stesso ma in una forma più consapevole, lo scopo dell'arte è rendere consapevole la gente, destarla dalla trance dell'impercepito, del subliminale e del non-verbale.
Parlo ovviamente dell'arte autentica, non quella di Pollock che era finanziato (senza saperlo) dalla CIA:
Citazionevennero i critici e la definirono, smise di esistere
Precisamente, oggi l'arte la fanno critici prezzolati, per cui non esiste più
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Il Conte di Lautréamont

Citazione di: Salar il 24 Gennaio 2023, 03:58:24 AM
La cosa interessante è proprio questa, Michelangelo e Donatello erano scultori e pittori, nessuno li chiamava artisti ai loro tempi.
Sai parasafro il Tao : l'arte che può essere detta non è vera arte, quando nessuno sapeva cos'era l'arte c'era l'arte, poi vennero i critici e la definirono, smise di esistere.
Anche queste sono altre considerazioni interessanti. Quando vennero i critici e iniziarono a definire l'arte e ad estrapolare i principi cardine su cui si reggeva, il mondo occidentale si crogiolava nell'eclettismo storicistico che è di per sè ammissione di incapacità culturale di creare qualcosa di nuovo. Non sono quindi i critici il problema, ma la società alla quale i critici volevano insegnare. E devo dire che non predicarono invano, visto che si sono comunque prodotte avanguardie artistiche degne di nota. Il problema è oggi. Perchè  non si produce arte e soprattutto la "bella" arte? Perchè semplicemente viviamo in una dittatura. Ha prodotto qualcosa Stalin? No. Ha prodotto qualcosa Hitler? No. E così non produce nulla di degno neanche l'attuale occidente, dove vige la ditattura del politicamente corretto che ci impone il rifiuto categorico di quei principi su cui si basava l'istinto creativo dell'essere umano. L'arte impersonale non è arte, è una anti-arte voluta e finanziata da un'elite di dittatori che non vogliono far veicolare altre idee che non siano le loro. L'arte è essenzialmente una forma di espressione e comunicazione. Può interessare alla dittatura quello che pensa la gente? Assolutamento no, anzi può essere pericoloso. Di fronte ad un simile scenario l'arte viene soffocata e si producono due filoni: la cultura di regime ( muta e spersonalizzante ) e la controcultura ( brutta ed emarginata ). Nella prima troviamo affermati pseudo artisti con i loro capolavori battuti ad aste miliardarie, comprati da esponenti della stessa elite, opere di imbrattatele quotate quanto Raffaello. Di contro chi non la pensa come loro si trova espropriato di ogni dignità di esistere.
Riguardo a Cattelan non bisogna cadere nell'orrore delle preferenze personali. Ha preso tre simboli, il muro, il chiodo e una banana e ne ha fatto una metafora che racconta i tempi che corrono. E' arte, una brutta arte degna della bruttezza di questi tempi. Non ha fatto altro che raccontarti con tre parole quello che ad Huxley e Orwell è costato lo sforzo di un libro.

Il Conte di Lautréamont

Parto da questo, caro Finnegan:

"Incomunicabilità al punto che neppure gli edifici comunicano tra loro, non esistono più piani urbanistici e le città sono il regno del caos, agglomerati di edifici informi in cui troneggiano gli obbrobri delle archistar ancora più informi. Ogni edificio ha uno stile a sé che fa a pugni con l'edificio di fronte, per proclamare il protagonismo dell'architetto. L'architettura contemporanea annuncia la guerra civile".

Si potrebbero scrivere tomi sullo stato alienante delle attuali città, ma tanto a che servirebbe? Hanno cestinato quello che è stato scritto prima e che è catalogato alla voce "sociologia dello spazio". Quello che fa orrore è che i cosiddetti moderni sono riusciti a sconfessare uno dei loro padri fondatori, l'architetto americano Louis Sullivan. Costui aveva gettato due concetti basilari all'arte del buon costruire: il carattere e lo stile. Il carattere è la corrispondenza dell'edificio alla funzione che deve assolvere: una chiesa deve ispirare la spiritualità nel credente; la casa deve esprimere l'accoglienza e il senso di sicurezza nella famiglia; il tribunale deve dimostrare esteticamente il senso di giustizia ed equità nella popolazione, e così via. Lo stile è la corrispondenza dell'edificio al sistema di valori e di credenze della società in cui è costruito. Solo che quando si parla di cultura di una società non facciamo solo riferimento ai valori nuovi della contemporaneità, ma anche alle radici storiche che ci portiamo dietro e che sono parte integrante della nostra identità. Lo stile è l'identità collettiva, è un milieu dove sopravvive il vecchio con il nuovo, il nostro DNA che si porta dietro quello che eravamo e che continuiamo ad essere. E invece i "benpensanti" orwelliani che hanno costruito? Proprio loro che si professano moderni come i loro padri e maestri precursori? Chiese che hanno l'estetica di uffici o nel migliore dei casi di tende di beduini dove al massimo si poteva trovare a suo agio il bisnonno di Mosè; case che si ispirano ai termitai africani alti due metri... che nel mondo degli insetti significano chilometri; tribunali che sono monoliti di calcestruzzo che oscillano pericolosamente sulla testa dei cittadini. Ma di che stiamo parlando? Ovviamente dello stile moderno, della cancellazione della storia, dell'identità culturali dei popoli, attraverso la semplice cancellazione dell'io del singolo abitante. Infatti chi rappresentano questi edifici? Noi contemporanei? Qui c'è soltanto il delirio della tecnica e della tecnologia fine a se stessa. E questo lo dico per far notare al buon Salar che i pericoli del protagonismo non derivano dalla deriva del personalismo, per il semplice fatto che la tecnica è impersonale. Questi protagonismi tra archistar si manifestano in assenza di protagonisti. D'altra parte le archistar comunicano qualcosa di loro stessi nelle loro creazioni? Ovviamente no, anche perché che cosa avrebbero da dire i vari Renzo Piano e Norman Foster se venissero intervistati? Praticamente nulla. Mentre Gaudì dialogava tanto con la biologia, la letteratura, le arti applicate, che con la scienza delle costruzioni ( unico al mondo fino ad esso dove la forma dell'edificio è stabilita dalla deformata dei carichi applicati ), questi non sanno nulla di cosa dice la scienza e il mondo naturale. Infatti non sono loro a dominare la tecnica, a piegarla secondo i loro sentimenti, ma la tecnica a dominare loro e a rendere il manufatto un prodotto completamente asettico. Questi come non si sono soffermati un momento a leggersi una poesia di Gibran o di Tagore ( loro che straparlano in compenso di mondo multiculturale ) hanno costruito obbrobri che negano la storicità e la specificità delle culture. Chissà se questi somari patentati si ricordano di quell'aneddoto italiano in cui Frank Lloyd Wright fece visita a Lucca: vide una costruzione di calcestruzzo appena costruita addosso alla chiesa di San Giusto....dalla rabbia si rifiutò di stringere la mano al sindaco che aveva rilasciato la concessione edilizia. Se noi oggi abbiamo dimenticato il buon costruire è perchè i critici hanno dimenticato la buona critica di inizio secolo. Non solo gli architetti. Eppure ce ne era stato uno abbastanza profetico: si chiamava Camillo Sitte. Fu l'unico a capire che nei piani urbanistici non si costruivano più le piazze, ovvero spazi per l'aggregazione sociale e che quelle che erano state create sotto la dicitura "piazze" erano al massimo spazi per le rotatorie del traffico o residuati di lottizzazioni per portarci il cane a pisciare. Lo diceva ad inizio secolo. Dopo la seconda guerra mondiale, quante piazze sono state costruite come spazi per la socializzazione? Possiamo dire ZERO senza che la buon'anima di Le Corbusier si possa offendere?

Finnegan

CitazioneChiese che hanno l'estetica di uffici
In realtà ciò corrisponde perfettamente alla funzione: quella futura, quando saranno dismesse dalla Chiesa.
CitazioneQui c'è soltanto il delirio della tecnica e della tecnologia fine a se stessa.
Ricordo durante una visita al Centre Pompidou la mostra di un artista contemporaneo, che proiettava filmati che ritraevano enormi impianti funzionanti senza alcuna presenza umana. E' il futuro sognato da chi ci governa: un mondo di robot che non bisogna abbrutire affinché non scioperino e non protestino. In più non mangiano, non chiedono reddito di cittadinanza e non si riproducono (enormi risparmi sugli aborti).
Citazionequante piazze sono state costruite come spazi per la socializzazione? Possiamo dire ZERO
Come hai osservato, la piazza è stata sostituita dal pisciatoio per cani di donne single, con contorno multietnico (anche per donne single). Gli spazi di aggregazione diventano superflui, i pochi esistenti non sono fruibili perché la nostra è la società di Matrix, composta di soli individui variamente connessi col Grande Fratello. Per strada la gente guarda il proprio cellulare, scattandosi foto da sola (non passa giorno senza che qualcuna mi si butti sotto le ruote per distrazione)
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