Segnali rivelatori e iter delle false accuse

Aperto da Finnegan, 18 Aprile 2018, 04:43:04 AM

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Finnegan

Ripercorriamo  i passi che conducono al raddoppio delle denunce pur in presenza di un calo dei reati, come illustrato dalle professioniste dell'antiviolenza di genere. Per prevenire false accuse, leggi qui: https://www.coscienzamaschile.com/index.php/topic,123.msg274.html#msg274

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1.     "Uno dei primi passi dell'assistenza alla donna che versa in stato di disagio, è l'ascolto", dice Anna Costanza Baldry, psicologa e criminologa di D.i.Re (Donne in rete). "La donna non va costretta a denunciare, ma ascoltata. Gli va detto che ogni decisione è sua" (mica delle consigliere). "Eventualmente la si fa incontrare con specialiste della violenza di genere che gli spieghino cos'è e come si manifesta la violenza dell'uomo sulla compagna, dopo di che la presa di coscienza del suo stato la indurrà alla migliore decisione". Non è difficile immaginare quale. Il primo passo è fatto.

2.     Tranquille, non è necessario ricorrere subito al penale. Infatti è possibile restare nell'ambito del Codice Civile ove, grazie alla legge n.154/2001 approvata in sordina, si ottiene l'allontanamento forzato del convivente dall'abitazione familiare. L'esigenza di tale legge nacque dal bisogno di una norma svincolata dai meccanismi garantisti del penale. Così il giudice civile, fissata l'udienza in meno di un mese, dispone l'allontanamento dalla consorte, e per forza di cose anche dai figli, essendo impossibile l'uno senza l'altro.  Lo stesso giudice può ordinare all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi più rientro, e comunque di non accedervi senza autorizzazione. Qualora sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può prescrivere inoltre che il medesimo non si avvicini a luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. Su richiesta del P.M. può ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati. E' prevista anche la possibilità che l'assegno sia versato direttamente al beneficiario dal datore di lavoro dell'imputato; l'ordine di pagamento è titolo esecutivo. Come è evidente, si tratta di una separazione forzata ed immediata a tutti gli effetti. Con tutti gli effetti civili anche sul mantenimento. Peccato che l'istruttoria di tale procedimento civile sia del tutto sommaria, al di fuori delle garanzie del processo penale. E la decisione rapidissima, nell'intenzione almeno di chi vi ricorre. E' un vero colpo di mano.

3.     Se la donna non vuole ancora ricorrere al penale, non va costretta, ma aiutata a contestualizzare il suo stato. Guidata con dolcezza tutta femminile. Tramite quindi numerose sedute di ascolto si cerca di tirare fuori il suo vissuto, lo si sviscera e si rigira da ogni parte, devono emergere gli anche apparentemente insignificanti episodi che, pur se singolarmente poco importanti, nell'insieme rappresentano uno stato di maltrattamento. Non può essere un solo episodio: uno schiaffo non permette neanche la misura cautelare, quello che la consente è la reiterazione. E' indispensabile che la reazione del compagno, al di fuori e al di là di qualsivoglia provocazione che non è proprio contemplata neanche in potenziale diminutio culpae, si reiteri almeno due o tre volte. Anche senza testimoni,  ovvero come unica testimone la denunciante; è uguale.

4.     Può essere utile ricordare che la maggior parte degli episodi di violenza sono premeditati: basta solo pensare al fatto che le donne sono spesso picchiate in parti del corpo in cui le ferite sono meno visibili. Ovvero, anche se non sono visibili segni di alcun tipo, l'asserzione di aver subito violenza non può essere contestata. Si può dire al contrario che anche senza alcun segno si presumono le botte. Ed anche senza le botte si presumono le stesse sulla base della dichiarazione della vittima. Andiamo però al passo successivo:

5.     Tra le mura domestiche le donne vengono colpite in modo subdolo, inaspettato, incapaci di difendersi dai propri compagni di vita tramutatisi in persecutori. Le violenze psicologiche vanno supposte prima di ogni indagine in merito. E' lui che colpisce (offese? Violenze ? Insulti? Ti fa andare in bestia? Non è chiaro come!).

6.     Dice sempre Anna Costanza Baldry: "Poiché sono reati per cui non c'è mai un testimone diretto, nel penale sono molto importanti anche i testimoni indiretti, cioè quelli che raccontano cosa ha detto loro la donna. Anche se non hanno visto la violenza, hanno verificato lo stato di terrore che lei ha vissuto. Lo può fare un medico, un'amica, un assistente sociale". Se la donna decide di denunciare il compagno violento occorre una querela e bisogna dimostrare la pericolosità del responsabile attraverso la denuncia delle reiterazioni dei delitti. Ecco perché è importante ascoltare la donna e rimestare nel torbido di ogni episodio di rabbia, di agitazione, oltre che di contatti fisici non voluti, nella sua relazione al termine. Attenzione: la donna, qualora ritenga di avere responsabilità in una lite, va decisamente convinta del contrario. E' fuori discussione che lo faccia per sopravvivere psicologicamente. E' patologico. Mai potendo essere aderente alla realtà tale presa di coscienza. Infatti:

7.     Nessun comportamento o provocazione messa in atto dalle donne giustifica la violenza da loro subita. Una donna può ritenersi responsabile della violenza come strategia di sopravvivenza finalizzata a sentirsi in grado di controllare la situazione: "se sono io a provocare la violenza, farla cessare dipende da me". Ciò che non è assolutamente comprensibile è l'assenza della proprietà di invariabilità del risultato di tale proposizione invertendone i fattori. Se fosse l'uomo a pensare "se sono io a provocare la violenza, farla cessare dipende da me" di fronte ad uno schiaffo mollatogli dalla consorte, probabilmente verrebbe portato in manette ad un centro di recupero per uomini violenti.

8.     Dice ancora il manuale: le tipologie di violenze esercitate da mariti, fidanzati, compagni o ex sono purtroppo molteplici, e poste in essere con l'intenzione di colpire ed umiliare la donna nel profondo (violenze fisiche, sessuali, psicologiche, addirittura economiche). Le violenze psicologiche vanno supposte prima di ogni indagine in merito. Quella economica è una nuova definizione ancora non chiarita del tutto, ma consiste in pratica nel lamentare un uso incontrollato del denaro da parte della stessa denunciante, ed è chiaramente tale ovviamente solo se colpisce la donna e proviene dal lui. Non esiste mai viceversa violenza economica agita dalla donna verso il marito/compagno.

9.    A questo punto il processo generico di vittimizzazione raggiunge l'apoteosi finale. Tra cori di angeli vendicativi la donna si risolleva dalle viscere infernali cui l'aveva sprofondata Satana, e assume infine la decisione di andare in penale, anche senza testimoni o prove di violenze, ma sulla base di testimonianze sul "terrore negli occhi" della donna, da operatrici comprensive e anche una amica, mentre la vittima diviene voce narrante dell'istituzione contro la violenza. Il contorno di ascoltatori diviene testimone contro il reo. E fine della storia, con la condanna di quest'ultimo a portata di mano, se non certa. Al di là di ogni ragionevole dubbio!

I presupposti di tali indicazioni della Baldry sono quindi :

1) Se una donna esprime il suo disagio verso la sua relazione, è certamente vittima di violenza.

2) Se non accetta di essere vittima di violenza, va ascoltata, guidata messa a confronto con altre esperienze, fino a prendere coscienza del suo stato.

3) Se non accetta di denunciare, va indirizzata verso specialisti legali che per intanto possano ricorrere in tribunale civile alla richiesta di allontanamento verso l'ex compagno/marito/padre.

4) Va assolutamente evitato ogni tentativo di mediazione, e salvaguardata la donna da se stessa, nel caso manifesti l'insana voglia di comporre il dissidio e persino di ritornare a vivere con l'ex.

5) Quando accetterà di denunciare, finalmente avendo appreso cosa è definibile come violenza, va assistita da tutti quei soggetti che hanno avuto modo di seguirla dall'inizio della storia, che testimonieranno in suo favore.

E l'esito è scontato. La fabbrica delle denunce, come quella di cioccolato, che addomesticava crudelmente i fanciulli riottosi, ha concluso il suo virtuoso percorso di assorbimento del disagio individuale per sputare fuori a tutto spiano vittime di violenza denuncianti.

La distorsione di tale processo è visibile anche ad un cieco, quando non si trova in nessuno scritto di orientamento e di guida di una donna che inizi il suo percorso antiviolenza, sin dalla manifestazione del disagio nella relazione, e conseguente riconoscimento del suo stato di vittima di violenza, una sola frase nella quale si scorga un tentativo di individuazione, conoscenza o confronto col mostro marito/compagno/padre violento, con il suo personale essere, ne di una sola verifica dei rispettivi vissuti; nessuna analisi dei due punti di vista, nessuna mediazione in assenza ancora di fatti gravi di violenza. Nessuno stimolo introspettivo sulla reale dinamica della coppia. La prevenzione, per il manuale del nazifemminismo militante, è solo e soltanto la messa in sicurezza, la fortificazione dello status abitativo, della donna che grazie alla propaganda si rivolge alle professioniste in questione. La strategia è quella militare di costruzione di protezioni adeguate a sostenere l'assalto armato del violento. Il centro antiviolenza, l'allontanamento, le case famiglia, sono provvedimenti da adottare all'insaputa del presunto (così lo definirebbe la legge) violento. Impossibile mediare in situazioni di violenza. Soprattutto quando non è ancora definibile come tale, perché esiste anche se non è nota, e se è nota tanto meno. Manifestazione evidente di violenza subita è il malessere di una parte, emersa spesso grazie alla pronta intuizione, da parte della solita amica consapevole, che qualcosa turba la vita della vittima designata.

https://stalkersaraitu.com/2018/04/12/la-verita-di-giuseppe-luomo-non-merita-amore-ma-denunce/
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Riverrun, past Eve and Adam's, from swerve of shore to bend of bay, brings us by a commodius vicus of recirculation back to Howth Castle and Environs

Serenissimo

Descritto molto bene come funziona il femminismo nei centri antiviolenza . E' esattamente così che fanno . Chiuderli subito e strozzarli tagliando loro ogni finanziamento .
Da una dona a un molin no gh'è gran diferenza.

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