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Sommario della discussione

Inserito da Finnegan
 - 24 Agosto 2020, 08:36:54 PM
Le donne comuni fanno le cassiere, e quel che è peggio vogliono farlo! Ricordo ancora un commento su Facebook al riguardo...
Inserito da Ent
 - 24 Agosto 2020, 06:52:49 PM
Certamente le quote rosa sono una denigrazione della donna, ma si dà il caso che a beneficiarne non siano le comuni donne, bensì proprio coloro che sostengono l'introduzione delle quote rosa (si pensi a quanto accaduto presso le istituzioni politiche). Al di là del fanatismo ideologico, non trascurerei perciò l'antico detto: pecunia non olet.
Inserito da Finnegan
 - 24 Agosto 2020, 06:50:53 AM
L'arrivo delle quote nere anche in Italia è scontato. Se le donne sono tanto capaci, per esempio in fisica teorica, perché hanno bisogno di raccomandazioni (quali sono le quote rosa)?
Inserito da dotar-sojat
 - 24 Agosto 2020, 06:42:34 AM
Già parlare di quote rosa significa mettere la donna un gradino sotto l'uomo, le femministe non se ne sono accorte?
Vuol dire che vai avanti non per le tue capacità ma per la tua passera , questo non è denigrante?
Soprattutto in ambiti scientifici, accademici o amministrativi dove capacità e competenze sono fondamentali, rinunciare ad un individuo capace solo perché uomo per fare passare una con meno competenze ma dotata di ginoceo è autolesionista

Col movimento black lives matters sta accadendo lo stesso, in molte universita' uk e usa, si chiedono le quote "nere" (mentre gli asiatici non ne hanno bisogno)
Inserito da Finnegan
 - 23 Agosto 2020, 10:52:42 PM
In questo filmato Matteo D'Amico denuncia i danni delle quote rosa all'università. Si noti tra l'altro il riferimento all'operato del ministro Fedeli, impregnato di ideologia femminista e LGBT, che conferma ancora una volta la stretta affinità, ormai divenuta identità tra queste due ideologie.
A differenza di altri attivisti maschili "paritari", D'amico non esita a denunciare l'accesso a determinate carriere come un "attacco alla figura maschile e paterna" e una forzatura della natura (con particolare riferimento alle facoltà scientifiche).
A chi considera ormai "sacro" l'accesso delle donne negli atenei, basti ricordare che più donne all'università significa più disoccupazione e insignificanza maschile, come più femminilizzazione della società a seguito della laurea e conseguente piazzamento di donne in posti decisionali.
Se sognate la parità (nello studio, lavoro, carriera) come panacea delle discriminazioni maschili, provate a convincere le vostre dirigenti donne negli uffici ad alto tasso di estrogeno in cui lavorate.
D'amico considera "folle" la cultura della parità di genere all'università, che come tutte le ideologie nega e forza la realtà, fonte di colpevolizzazioni, di proteste, di contenziosi con chi sceglie collaboratori di sesso maschile (caso Strumia insegna).
Ci sarà un inevitabile processo di alta conflittualità e di rifiuto dell'autorità, con degrado lento ma inevitabile del sistema di ricerca italiano.
Non manca il riferimento, che per noi attivisti maschili dovrebbe essere evidente e scontato, al mito maschile della carriera e del successo imposto alla donna come causa dell'agonia demografica dell'Occidente e dell'Italia in particolare.
Tra breve, la parità di genere lascerà il posto alla parità etnica, con quote marocchine o senegalesi. Stabilito il principio, è una conseguenza inevitabile.
Il tutto preteso da studi della immancabile Unione Europea, che fanno a loro volta riferimento a imprecisati studi "scientifici", dando per scontato che tutto ciò che proviene dalla UE sia obiettivo e benefico.
Una pressione che ricorda i regimi totalitari, sotto la supervisione del Ministero, per ricomporre pesantemente commissioni e comitati con ruolo valutativo dei candidati che non può che ferire pesantemente il sistema accademico italiano e colpire duramente i candidati maschi meritevoli. Un sistema che non può che colonizzare ogni ambito della vita civile, scientifica, industriale, produttiva, della funzione pubblica e perfino militare di un Paese avanzato.
Le conseguenze saranno un degrado ulteriore della società italiana e della condizione maschile, un allontanamento delle donne dal loro ruolo naturale di mogli e di madri e un peggioramento della ricerca ad ogni livello: