Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo

Aperto da Finnegan, 16 Marzo 2020, 08:28:56 AM

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Finnegan


Preciso che non penso che Moro fosse filocomunista.

Prima di passare all'articolo due miei commenti:
1. Leonardo Sciascia cita una lettera di Moro: "Se la scorta non fosse stata, per ragioni amministrative, del tutto al di sotto delle esigenze della situazione, io forse non sarei qui". Commenta Sciascia: "Se con le «ragioni amministrative» Moro avesse voluto alludere a carenze e colpe che stavano più in alto dei cinque uomini, a maggior ragione avrebbe dovuto esserne pietoso.
Non era un cinico; e se lo fosse stato, avrebbe calcolato l'effetto a lui favorevole che una parola di compianto per quei cinque morti avrebbe avuto sull'opinione pubblica. Se la è, invece, calcolatamente vietata. Perché?"
2. La figlia Maria Fida ha detto: "L'inferno in cui viviamo oggi non è un effetto collaterale, ma una conseguenza voluta dell'uccisione di Moro".

E ora l'articolo:
Oggi, 16 marzo, ricorrenza del rapimento di Aldo Moro e della strage della scorta a via Fani, il generale Piero Laporta ci fa il regalo di una ricostruzione di ciò che accadde quel giorno, tanto clamorosa nelle sue conseguenze quanto realistica e dettagliata. Buona lettura.

Questo articolo lo dedico a quanti erigono immagini del presidente Aldo Moro con l'Unità in tasca e ai sedicenti esperti, ricercatori e registi, seminatori di falsità.

Costoro insultano consapevolmente la sua memoria e la sua dignità. Aldo Moro fu sinceramente e lealmente democristiano, atlantico, fedele alla Costituzione e vocato a cercare la collaborazione fra l'Italia, i suoi grandi gruppi industriali (come la Fiat) il Partito Comunista Italiano, il Dipartimento di Stato, l'Europa e il Medio oriente. Fu tradito da tutti, anche da quanti si dissero favorevoli alla trattativa. Fu una cinica commedia. Il risultato oggi è sotto gli occhi di tutti.

Aldo Moro non è stato rapito in via Fani, il 16 marzo 1978, alle ore 09.02, com'è stato sempre raccontato dagli uomini dello Stato, dagli investigatori, dai magistrati, dai politici, dalla stampa e dalla tivvù. Ce lo assicura lo stesso presidente Aldo Moro. Vediamo come.

In via Fani furono rinvenuti 91 bossoli, 49 dei quali d'una sola arma, d'un tiratore mai identificato, d'altissima perizia, peculiare a militari delle forze speciali, «un gioiello di perfezione», secondo un testimone, intervistato da "Repubblica" il 18 marzo 1978.

91 bossoli, 42 dei quali sparati dai rimanenti sei brigatisti. A detta di Valerio Morucci, «l'unica prova dell'azione era stata compiuta nella villa di Velletri». Ammesso che abbiano sparato, impossibile che abbiano acquisito perizia da tiratori, neppure lontanamente accostabile a quella del professionista. I brigatisti sono assassini buoni a sparare alle spalle di vittime inermi a brevissima distanza, niente di più.

Il presidente Aldo Moro, come si sa, sarebbe uscito indenne dalla tempesta di fuoco, quindi rapito e trasportato sull'auto che poi l'avrebbe portato alla "prigione del popolo".

I suoi assassini potevano permettersi un ostaggio ferito? No, perché sarebbe diventato un problema logistico d'asperrima gestione.

I suoi assassini potevano permettersi di uccidere, sia pure casualmente, il presidente Aldo Moro? No, perché tutta la finzione successiva, ruotata intorno a una "finta trattativa" – e dimostreremo che fu una finzione – non sarebbe rimasta in piedi. Aldo Moro doveva dunque essere rapito incolume. Perché la sua incolumità fosse certa, egli non doveva essere sulla scena della strage.

Per capirci circa l'impossibilità di garantire l'incolumità di Aldo Moro, mentre i sette assassini sparavano, occorre seguire un elementare ragionamento. Supponete di impugnare una pistola e mirare a un bersaglio posto a 2 metri e mezzo da voi. Sparate dal fianco, senza mirare, confidando proprio sulla prossimità del bersaglio, esattamente come fecero i sette assassini. Se la vostra pistola o la mitraglietta, nel momento in cui sparate, devia di solo 4 centimetri, il colpo sul bersaglio è deviato di mezzo metro. Quattro centimetri sono nulla per un tiratore non addestrato. Se poi i centimetri fossero sei, solo due in più, perché il primo colpo vi ha spostato la mano, la deviazione finale sarebbe di 75 centimetri. D'altronde anche il precisissimo tiratore professionista, che spara senza minima dispersione, nulla potrebbe fare se l'ostaggio, come sarebbe naturale, si muovesse scompostamente e improvvisamente, ponendosi sulla traiettoria dei suoi colpi. Insomma, il presidente Aldo Moro, incolume, a via Fani non c'era.

L'obiezione più immediata è che ci sono testimonianze d'un uomo trascinato verso l'auto che poi di dilegua. Vi sono almeno due risposte possibili, una un po' più perfida dell'altra. La prima. I brigatisti, dovendo simulare la presenza di Moro (che come dimostreremo non c'era) prepararono un figuro che ne fece le parti. I testimoni, scombussolati dalla strage, videro uno che in realtà non era Aldo Moro. La seconda. Far dire a un testimone d'aver visto ciò che non ha visto non è impossibile. Comunque sia, ai fini del nostro discorso questo dettaglio è secondario, perché Aldo Moro non c'era, come dimostreremo.

Da tutte le lettere che Aldo Moro ha scritto, quelle fatteci ritrovare, risalta la totale assenza di interesse per la sorte della scorta. Non una sillaba viene spesa da Aldo Moro. Questo dettaglio fu utilizzato da eminenti esperti per assicurare che Aldo Moro aveva scritto quelle lettere sotto dettatura, dunque non era più lui.

In realtà tale assenza di interesse per la morte dei cinque sventurati sarebbe inspiegabile per chi ha conosciuto Aldo Moro, un cattolico profondamente credente, d'assoluta bontà, compassionevole come un vero cattolico deve essere.

Aldo Moro, riferendosi alla scorta, scrisse solo che era stata inadeguata, nient'altro. Aveva ragione di scrivere così. Egli era infatti ignaro della sorte della scorta, sebbene fosse del tutto consapevole che essi si erano lasciati ingannare da chi lo aveva "prelevato".

Nel libro "Aldo Moro, Ultimi Scritti, 16 marzo -9 maggio 1978", a cura di Eugenio Tassini, ed. Piemme, 1998, a pagina 13, nella lettera a Francesco Cossiga, diffusa il 29 maggio 1978, Aldo Moro scrive:

«Benché non sappia nulla né del modo né di quanto accaduto dopo il mio prelevamento, è fuori discussione – mi è stato detto con tutta chiarezza – che sono considerato un prigioniero politico...» E più avanti continua, riferendosi a questo brano: «Soprattutto questa ragione di Stato nel mio caso significa, riprendendo lo spunto accennato innanzi sulla mia attuale condizione, che io mi trovo sotto un dominio pieno e incontrollato...»

È l'unica volta che Aldo Moro scrive "prelevamento". Nelle lettere successive scriverà sempre "rapimento". Egli non usava le parole a caso, tutt'altro, le distillava con estrema precisione. Qui correla il "prelevamento" alla ragion di Stato, dunque allo Stato e al "dominio pieno e incontrollato".

A pagina 159 dello stesso libro, Aldo Moro fornisce la chiave di quanto accaduto, con un messaggio tanto inequivocabile quanto terribile, in una forma del tutto morbida, com'è nel suo stile.

Quando conclude la lunga lettera, scritta all'adorata moglie, nel giorno della Santa Pasqua, il 27 marzo 1978, butta lì alcune raccomandazioni, apparentemente inoffensive: «Ed ora alcune cose pratiche. Ho lasciato lo stipendio al solito posto. C'è da ritirare una camicia in lavanderia.

Data la gravidanza e il misero stipendio del marito, aiuta un po' Anna. Puoi prelevare per questa necessità da qualche assegno firmato e non riscosso che Rana potrà aiutarti a realizzare. Spero che, mancando io, Anna ti porti i fiori di giunchiglie per il giorno delle nozze» e poi arriva il punto esplosivo «Sempre tramite Rana, bisognerebbe cercare di raccogliere cinque borse che erano in macchina. Niente di politico ma tutte attività correnti, rimaste a giacere nel corso della crisi. C'erano anche vari indumenti di viaggio».

Aldo Moro è quindi convinto che l'auto su cui ha viaggiato, quel mattino sicuramente sino alla chiesa di Santa Chiara, sia giunta a destinazione, senza di lui ma con le sue borse e quindi con la scorta in buona salute.

Tutte le mattine Aldo Moro, scendendo dalla sua abitazione di via Cortina D'Ampezzo, si fermava alle otto e trenta alla chiesa di Santa Chiara, per una breve preghiera prima di dirigersi al lavoro.

Aldo Moro ha quindi visto coi suoi occhi la sua scorta andare via, portandosi le sue borse e i suoi indumenti di viaggio e chiede alla moglie di recuperarli.

Questo significa che Aldo Moro non è in via Fani quando la scorta è annientata. La scorta deve essere annientata affinché non si sappia che cosa è accaduto prima, ad Aldo Moro, in piazza Santa Chiara, quando esce dalla chiesa.

Fin qui i fatti. Ora andiamo alle deduzioni.

Aldo Moro è stato allontanato dalla sua scorta. Questo può essere avvenuto solo per opera d'un drappello di carabinieri o poliziotti (finti o veri non sta a noi dirlo) comandati da un ufficiale ben noto al capo scorta, Oreste Leonardi, il quale mai avrebbe abbandonato il suo Presidente in mani sconosciute.

«Signor Presidente, mezz'ora fa Radio Città futura ha annunciato il suo rapimento» quindi rivolgendosi anche a Leonardi, il delinquente in uniforme avrebbe potuto aggiungere: «Abbiamo quindi pensato a un piano diversivo. Lei, signor Presidente, potrebbe venire con noi con auto blindata e scorta adeguata. Tu, Leonardi fai il tragitto prestabilito. All'incrocio fra via Fani e via Stresa troverai dei nostri in uniforme dell'Alitalia. Rallentate e fatevi riconoscere. Anzi, per evitare equivoci, perché non so bene da quale reparto arrivino, mettete le mitragliette nel portabagagli, caso mai le tirate fuori dopo. Ci vediamo in Parlamento».

In Parlamento, dove Aldo Moro pensava che la sua scorta fosse giunta indenne e con le sue cinque borse, gabbata dai rapitori veri, quelli che lo avevano "prelevato", com'egli scrive a Cossiga. Una scorta inadeguata, dopo tutto, ha ragione Aldo Moro di lamentarsene. Come dite? Potevano telefonare al comando per sincerarsi che tutto fosse regolare? Non c'erano cellulari e quel mattino la SIP ebbe un'avaria; tutte le comunicazioni telefoniche erano bloccate. E' verosimile che a Leonardi fosse consegnato un ordine scritto autentico nella sua falsità. Il resto è noto? Non è detto. Aldo Moro non poteva tornare vivo dalla prigionia, altrimenti avrebbe testimoniato, e sarebbero saltati tutti a cominciare dai fautori della linea intransigente della DC e del PCI, oltre ai fedeli servitori dello Stato prestatisi a questa porcheria. La trattativa aveva dunque un unico sbocco possibile: la morte di Aldo Moro, non la trattativa.

I suoi assassini, i pochi individuati, fanno una vita agiata.

Piero Laporta

https://www.marcotosatti.com/2020/03/16/il-gen-laporta-aldo-moro-non-era-a-via-fani-il-16-marzo-1978/
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johann

#1
Questo post mi ha fatto vagamente tornare alla mente un articolo letto su radici cristiane qualche anno fa
eccolo
2018 <CHI  SA, TACCIA PER SEMPRE> di luciano garibaldi
ho omesso la parte introduttiva  e riporto integralmente il resto dell'articolo che si basa sul film di renzo martinelli  "piazza delle cinque lune"  dedicato proprio ai "fatti"  di via fani
UN FILM ALL'INDICE"
Il  film sul caso Moro fu presentato anni addietro al Festival del Cinema di  venezia e subito confinato nell' Jndex filmorum prohibitorum  nonostante contenesse rivelazioni  a dir poco sensazionali.
Mi limito a ricordarne due
1) contrariamente a quanto si continua a ritenere ancora oggi, in via Fani non vi fu alcun tamponamento, da parte di un'auto dei brigatisti , della macchina su cui viaggiava la scorta di Moro;
2) sempre contrariamente a quanto si continua ad affermare, non è vero che gli assalitori spararono sugli agenti  di scorta soltanto da sinistra, in quanto il maresciallo Oreste Leonardi, che viaggiava auto su cui si trovava anche Moro, fu raggiunto da pochi ma micidiali colpi partiti destra, cioè dal marciapiede, mentre l'autista fu  fulminato con un solo, preciso colpo alla testa.
Ebbene, mentre l'Alfetta di scorta veniva crivellata con ben 92 proiettili in soli 15 secondi  (segno che gli assassini avevano sparato a raffica, senza neppure prendere la mira , la stessa cosa non era stata possibile i confronti della Fiat 130 su cui viaggiava Moro, in quanto non si poteva certo correre ì rischio di uccidere lo statista democristiano.
Ed ecco dunque entrare in scena due killer professionisti dalla mira infallibile, che sopprimono autista e maresciallo lasciando incolume Moro, onde poterlo trascinare in prigionia e iniziare così la messinscena della cosiddetta «trattativa» tra Stato e Br.

ECCO  TUTTI I DUBBI
E queste sono solo alcune delle sensazionali rivelazioni contenute nel film di Martinelli. Eppure, come si è detto, «fin de non recevoir».   Poi, tre mesi  (ma guarda che coincidenza aggiungo io! ) dopo «Piazza delle Cinque Lune», esce sugli schermi un altro film sull'argomento  il film di Bellocchio  «Buongiorno notte»   e via con i panegirici.  Perché?  Ma perché Bellocchio dipinge i rapitori di Moro come si vuole che fossero:  cioè degli idealisti, convinti di poter fare la rivoluzione, degli illusi che hanno, sì, sbagliato, ma poi si sono ravveduti,  poverini.
Ebbene, anche se non fa piacere essere in sintonia con uno dei fondatori delle Brigate Rosse, è di sicuro interesse riportare alcuni brani di  una intervista concessa da Alberto Franceschini, già fondatore delle Br assieme a Renato Curcio suo braccio destro (all'epoca del sequestro Moro era in galera assieme al suo capo), al giornalista Ulisse Spinnato Vega dell'Agenzia Clorofilla. (www.clorofilla.it) Franceschini ricorda Mino Pecorelli, il giornalista assassinato in piazza Cinque Lune (da qui il titolo del film di Martineffi), e afferma: «Pecorelii, prima di morire, disse che sia Usa sia Urrss volevano la morte di Moro. Bisognava difendere yalta; cioè un accordo mondiale di potere e la sua gestione, accordo che Moro combatté sia prima che durante il sequestro.  Ne la Cia né il Kgb potevano comunque portare a compimento un'azione del genere senza l'assenso l'uno dell'altro. Dunque tutti erano coinvolti  Moro ha giocato politicamente per salvarsi e per portare avanti il compromesso storico, che allora non piaceva agli americani e ancor meno ai russi   un eventuale "eurocomunismo" (alla fine realizzato vista l'europa attuale aggiungo io)  avrebbe infatti portato sconquasso nell'Europa dell'est. Ma Breznev non era Gorbaciov e non lo permise e non diede il minimo spazio di apertura.
Secondo me dice ancora feanceschini un'operazione di grande portata come quella del sequestro moro non la fai se non hai qualcuno alle spalle che ti protegge  ai miei tempi noi militarmente eravamo impreparati  Io conosco quelli che hanno portato a compimento l'operazione ; gli unici ad avere un minimo di addestramento potevano essere Morucci  e Moretti.  Ma c'era una situazione generale di "protezione"  un contesto di cui erano consapevoli solo uno o due dell'intero commando».

PATTI RISPETTATI
E ancora: «nel sequestro Moro furono utilizzate  tecniche che non avevano nulla a che fare col nostro tipo di azione.  Ad esempio, Moro fu fatto salire, in auto.  Noi , invece, quando sequestrammo, nel 1974 il giudice  Sossi, agimmo prima mettendo un furgone  sotto casa sua: quando lui arrivò, uscirono fuori i  nostri, lo presero e lo buttarono nel fùrgone, chiudendolo poi in un sacco. Quindi si spostarono verso di noi che stavamo in una macchina, io scaricarono col favore del buio serale e andammo via.  Invece, i rapitori di Moro che cosa fanno? Lo fanno salire in macchi, arrivano in una piazza frequentatissima e lo trasferiscono su un furgone. Tutto questo una ventina di minuti dopo il sequestro, in mezzo al traffico e a folla.  Mi pare sinceramente impossibile che nesssun  testimone abbia visto  Questo furgone, inoltre, no mai stato trovato.  Morucci  dice che fu lasciato in un parcheggio sotterraneo  lì fu tirato fuori Moro e quindi portato, forse sulla Renault rossa, in via Montalcini. Il "il furgone non esiste e quel sequestro non può essere certamente stato fatto così;   non sta piedi ».
Ragionamenti che confermano in pieno l'ipotesi lanciata dal film di Martinelli  i rapitori d Moro erano manovrati inconsapevolmente ma qualcuno di loro agiva sapendo tutto  avendo coscienza di quel che faceva e di cosa c'era in ballo
Non per niente i numeri del caso moro sono i seguenti:
23 sentenze  127 condanne  27 ergastoli    ma in galera non c'e' più nessuno   tutti liberi    evidentemente la cia  o il kgb  o entrambi  hanno rispettato i pattti

secondo me moro fu persona di integerrima integrità morale e di assoluta onesta personale  forse proprio per questo manifesto nel suo proposito politico quell'approccio ingenuo tipico delle persone squisitamente perbene assolutamente trasparenti  perche incapaci di qualsiasi doppiezza   molto meno lo era Enrico Berlinguer  che ne aveva di scheletri negli armadi di botteghe oscure da nascondere (quando ci decideremo a scrivere e insegnare a scuola anche questa pagina di storia nazionale?)  la sciagurata stretta di mano del 28 giugno 1977 tra il segretario Pci Enrico Berlinguer e il presidente Dc Aldo Moro, principali fautori dell'innaturale (nel senso di contronatura)  riavvicinamento tra le rispettive forze politiche fu un patetico anche se forse sincero tentativo di illudersi che la colossale partita in gioco nel pianeta chiamata guerra fredda non fosse come fu uno scontro totale tra due opposti e inconciliabili concezioni di vita scontro che lasciava spazio ad un un'unica soluzione dirimente  e accettabile per entrambi   o noi    o l'oro    ma si illusero di poter gettare dall'insignificante italia un ponte ideale tra questi due mondi alternativi  illudendosi che per ogni contrapposizione ci sia sempre il compromesso "acettabile"   moro rappresentante della sinistra democristiana ha sacrificato dentro a quel compromesso tutta la DC  in un continuo cedimento politico e ideale al partito comunista (fino a confluirci dentro) che invece da questo "matrimonio omosessuale" ne ha tratto forza e vitalità  per attraversare praticamente indenne  l'89  e riciclarsi attraverso ripetuti maquillage nel sinistrume progressista attuale   secondo me la lezione di moro dovrebbe essere questa:  ogni confronto deve essere accettato convintamente in tutte le sua fasi  anche quando la coerenza comanda che si combatta colpo su colpo per le proprie ideee    quando si combatte  si combatte   non si fa diplomazia   quella viene dopo alla fine con i negoziati dove e bene presentarsi da vincitori piuttosto che da vinti.

chissa perche la cosa mi ricorda stasi con la q.maschile   tranquilli!  stasi non è certo il "Moro" della situazione ma la dinamica dei fatti  secondo me si ..........mah?.......forse sono solo io il solito prevenuto
Un uomo che è un uomo DEVE credere in qualcosa (dal film: il mio nome è nessuno)

Finnegan

#2
Se Moro avesse voluto creare la sinistra globale di oggi, non l'avrebbero ammazzato. Voleva prevenirla sganciandosi dalla logica di Yalta. Da notare che anche Berlinguer subì un attentato in Bulgaria dove non mise più piede.
In realtà aveva ampiamente previsto il nostro presente e tentò di prevenirlo provando a sganciare il PCI dall'URSS (e la DC da Kissinger) e creare col tempo un governo sovranista in Italia. In questo mondo infernalmente capovolto, le cattedre universitarie che furono di Moro sono oggi occupate da brigatisti, che pontificano a piede libero dai media nazionali.

Un fatto poco noto: quando uno di questi registi (credo Ferrara) fece un film su Moro, durante le prove si accorse che la dinamica del rapimento come riferitaci dai giornali era semplicemente impossibile e la rifece basandosi sulla mera verosimiglianza empirica.
Quando vide il film, Licio Gelli lo chiamò e gli disse: "Ma come ha fatto a sapere come è andata davvero?"
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Finnegan

Citazionechissa perche la cosa mi ricorda stasi con la q.maschile   tranquilli!  stasi non è certo il "Moro" della situazione ma la dinamica dei fatti  secondo me si ..........mah?.......forse sono solo io il solito prevenuto
La dinamica dei fatti è opposta: Moro voleva sganciare l'Italia da poteri stranieri. Stasi vuole dissolvere la questione maschile nell'arcobaleno globale.
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johann

Citazione di: Finnegan il 17 Marzo 2020, 02:57:33 PM
Citazionechissa perche la cosa mi ricorda stasi con la q.maschile   tranquilli!  stasi non è certo il "Moro" della situazione ma la dinamica dei fatti  secondo me si ..........mah?.......forse sono solo io il solito prevenuto
La dinamica dei fatti è opposta: Moro voleva sganciare l'Italia da poteri stranieri. Stasi vuole dissolvere la questione maschile nell'arcobaleno globale.
sganciare l'italia dai poteri stranieri,  pensi fosse possibile isolarla da ogni contesto geostrastegico mondiale, alleando per questo la DC con il partito komunista degli ani 70 ?  davvero pensi questo?   :blink:   
ma anche volendolo attribuire a moro  cosa diavolo pensava!  che con una bella stretta di mano a berlinguer  tutto sarebbe andato a posto! ..pensava cosi' di riassorbire e pacificare con un semplice gesto una contrapposizione ideologica radicale mai risolta che divideva oltre a lui e il suo interlocutore l'italia intera l'europa il mondo in 2 fronti armati contrapposti?   e ....in italia poi  paese che ha perso la II guerra mondiale con nessuna voce in capitolo e in una posizione geostrategica delicatissima?..... :doh:...  lasciamo stare     

nel ribadire comunque tutta la mia stima e rispetto alla figura di moro  penso che in quel caso abbia peccato diciamo di un eccessivo ingenuo ottimismo  rispetto a se stesso e alle possibilità riformatrici della politica italiana 

assoldato che stasi non e' moro e su questo non ci piove    per come la vedo io la dinamica delle cose e invece molto simile  proprio quando ritrovandosi in un contesto di opposti inconciliabili  nel nostro caso femminismo contro il mondo maschile e in più  nella fase in cui si dovrebbe cercare di restituire in misura almeno pari le mazzate che giornalmente si ricevono   ti salta fuori il porogramo  (tra l'altro da una posizione collaterale al nemico) che vuole illudere tutti che sui suoi tavoli concertativi e' possibile pacificare una volta per tutte la q.m. .....si  come no!  magari applicando le condizioni di resa del nemico   calando le nostre di braghe e disertando in massa verso il fronte culturale (femminista-omo-lgbt-gender- ecc ecc)  tanto per me sono una cosa sola   

io la q.m la vedo come una specie di guerra fredda dove se non altro tutto e' ancora abbastanza chiaro e distinto   amici nemici   la linea del fronte   la posta in gioco   chiunque non solo non si schiera ma contribuisce a seminare il dubbio a spargere disfattismo e a annacquare il quadro di riferimento e un nemico culturale  punto
Un uomo che è un uomo DEVE credere in qualcosa (dal film: il mio nome è nessuno)

Finnegan

Due cose so: come Mattei, Moro non era un comunista e non era uno sciocco. Entrambi fecero una politica estera audace che gli costò la vita e, come a Craxi, attentati sul nostro territorio. Ci fu anche l'attentato bulgaro a Berlinguer, segno che così marionetta dei sovietici non era.
Sicuramente sul suo progetto c'è molto di più di quanto sappiamo. Quel che è certo è che Moro scrisse una lettera in cui diceva chiaramente che non avrebbe dato ai comunisti le chiavi di un Paese Nato.
Citazioneassoldato che stasi non e' moro e su questo non ci piove    per come la vedo io la dinamica delle cose e invece molto simile  proprio quando ritrovandosi in un contesto di opposti inconciliabili  nel nostro caso femminismo contro il mondo maschile e in più  nella fase in cui si dovrebbe cercare di restituire in misura almeno pari le mazzate che giornalmente si ricevono   ti salta fuori il porogramo  (tra l'altro da una posizione collaterale al nemico) che vuole illudere tutti che sui suoi tavoli concertativi e' possibile pacificare una volta per tutte la q.m. .....si  come no!  magari applicando le condizioni di resa del nemico   calando le nostre di braghe e disertando in massa verso il fronte culturale (femminista-omo-lgbt-gender- ecc ecc)  tanto per me sono una cosa sola   
Qui il livello del personaggio scende sicuramente di molto, non solo nella lucidità ma anche negli scopi. Dalla stessa ambiguità e disonestà delle sue incessanti (e superflue) campagne pro femministe e LGBT, traspare la probabile captatio benevolentiae del potere per sostenere ambizioni personali. Degli uomini deve importargli poco o punto, vanno solo presi in giro per i medesimi scopi e, una volta sulla poltrona, continuerebbe sulla linea da anni tenuta dai Radicali, suoi referenti almeno ideologici: parole per gli uomini, fatti per l'agenda politica progressista.
Sarebbe anche da indagare l'estrema facilità con cui trova mezzi economici e legioni di collaboratori indefessi (sempre di quella corrente politica!) chi milita nelle nostre file sa quanto sia difficile metter su apparati del genere. Il pubblico rimane a bocca aperta per la parata (gaypride) senza sapere che un giorno dovrà pagare il conto come è avvenuto col tradimento di Grillo.
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Tizio.8020

Premesso che appoggio la tesi qui esposta, vorrei chiedere cosa ne pensate di un altra questione che secondo me ha molti punti in comune.
Mi riferisco al discorso tenuto all'Accademia Militare di Modena nel 1972 da Eugenio Cefis:

https://comedonchisciotte.org/il-destino-delleuropa-era-già-segnato-quarantanni-fa/

Se ne è parlato, poco e in sordina, ma credo che vi si possano collegare molti avvenimenti del nostro passato prossimo.

https://unoenessuno.blogspot.com/2016/03/lo-stato-parallelo-la-p2-cefis-e-gelli.html



Finnegan

#7
Benvenuto Tizio, se vuoi presentarti qui:
https://www.coscienzamaschile.com/index.php/board,7.0.html
Sono note le possibili implicazioni di Cefis nell'assassinio di Mattei, ma per Moro credo si debba risalire molto più in alto e più lontano.
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Tizio.8020

 In effetti Moro fu "minacciato" di morte da Kissinger, lo riferì la moglie in diverse interviste.







Oggi son di corsa (devo andare a lavorare, turno di notte!), domani mi presento.

Finnegan

#9
Lo riferì anche Guerzoni alla Rai dall'Annunziata. A presto
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Finnegan

C'è un'altra testimonianza della figlia Maria Fida, di gran lunga quella che parla più chiaro: "Degli uomini della scorta solo uno reagì (quello che uscì dalla macchina) perché era nuovo ed era l'unico che aveva avvertito un pericolo".
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Finnegan

#11
Altri particolari interessanti.

1. Il libro di Sciascia L'Affaire Moro è del '78 è una miniera di informazioni: sempre basandosi sulle lettere di Moro, che contenevano messaggi in "codice" a vari personaggi politici, ipotizza che almeno in un primo momento fosse stato portato in un'ambasciata ("dominio pieno e incontrollato").

2. Un altro servizio giornalistico (La Stampa) evidenziò come Moro, notoriamente molto abile negli anagrammi, scrisse due frasi che ricombinate dagli stessi amici e familiari dello statista, indicavano un luogo preciso non lontano dal luogo del rapimento:

Dalla Lettera a Zaccagnini: "Se non avessi una famiglia così bisognosa di me, sarebbe un po' diverso".
Dalla Lettera alla Dc: "E' noto che i gravissimi problemi della mia famiglia sono la ragione fondamentale della mia lotta contro la morte".

Dopo tantissimi tentativi quel gruppo di amici di Moro giunse ai seguenti anagrammi, sorprendentemente convergenti:
Il primo testo: "Son fuori Roma, dove la Cassia in basso forma un'esse, vedo pini e bimbi".
Il secondo: "Le Br mi tengono prigioniero nel cottage a mattoni a sommo della valle di Formello tra Flaminia e Cassia: Aldo M."
Per precisione nel primo anagramma restava fuori una g, e nel secondo tre lettere: h, i, u.
I due anagrammi indicavano, se presi sul serio, un luogo abbastanza preciso: zona di Formello, tra Flaminia e Cassia. Quella zona è raggiungibile in meno di un quarto d'ora da via Fani, ed è ancora più vicina alla nota - adesso - via Gradoli, di cui si continua a parlare fino ad oggi.

Da notare che sopo le frasi in questione Moro continuò a scrivere su un altro foglio, nonostante ci fosse ancora quasi tutta la pagina bianca, probabilmente per evidenziarle.

3. La figlia Maria Fida disse che Moro non fu ucciso per il compromesso storico, ma perché voleva dare all'Italia piena autonomia finanziaria, proprio comme Kennedy che infatti fece la stessa fine.
E' noto l'adagio: "Datemi il controllo della moneta di una nazione e non mi importa di chi farà le sue leggi."
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Finnegan

Una nota su Sciascia: non è uno scrittore che gradisco, ma è tra le fonti cruciali per capire qualcosa della vicenda Moro anche perché pochi anni prima scrisse un romanzo (Todo Modo) da cui trassero pure un film, che in un'atmosfera dissacratoria "prediceva" l'omicidio dello statista. Ma guarda un po'... Da notare infine che ai tempi del fattaccio era parlamentare radicale.
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Finnegan

#13
Oggi il generale Laporta canta che è un piacere:

La ricostruzione che il generale Piero Laporta ha fatto su questo sito lunedì 16 marzo della strage di via Fani e del rapimento di Aldo Moro ha provocato molta discussione e reazioni, alcune pubbliche, altre private, manifestate personalmente a chi scrive. Nel frattempo il generale Laporta ci ha scritto questo seguito al suo primo contributo, un seguito che vuole rispondere a quesiti e domande. Buona lettura.

Caro Marco, sono stato sollecitato da più parti, a causa del precedente articolo, a spiegare perché volevano la morte di Aldo Moro.

Non è compito mio e non sono in grado di dare alcuna certezza. Il mio articolo è stato meramente tecnico, a smontare la narrativa ufficiale, per evidenziare le irrimediabili incongruenze da cui è afflitta la vulgata su via Fani. Ho portato una prova documentale, chi può smontarla si faccia avanti. Ho portato una prova a conoscenza di inquirenti e magistrati almeno dal 1990.

Quel terribile brano della lettera alla signora Moro non lascia scampo e conviene richiamarlo alla memoria: «Sempre tramite Rana, bisognerebbe cercare di raccogliere cinque borse che erano in macchina. Niente di politico ma tutte attività correnti, rimaste a giacere nel corso della crisi. C'erano anche vari indumenti di viaggio».

Aldo Moro, fine giurista, se fosse stato sull'auto che recava le sue borse, avrebbe avuto perfetta consapevolezza che esse erano state portate via dai suoi carcerieri oppure sequestrate dall'autorità giudiziaria.

Non c'era una terza possibilità.

Non era dunque affare del segretario Rana, recuperarle.

Dove è avvenuta la separazione di Aldo Moro dalla sua scorta? Non è affar mio stabilirlo. Ho un'idea precisa, ma non mi perdo in congetture.

Non c'è dubbio quindi che le borse sono andate da una parte, insieme alla scorta, mentre Aldo Moro è andato verso il carcere dei sicari brigatisti. Egli immaginava la sua scorta indenne in via Fani, per poi transitare davanti alla chiesa di santa Chiara, dove Aldo Moro si sarebbe soffermato a pregare in altre circostanze.

Perché massacrare la scorta, se avevano già rapito Aldo Moro?

Ovvio, perché non testimoniassero l'antefatto. Per comprendere quanto sia importante questo nodo si legga quanto riferisce il magistrato Gianfranco Donadio, il 4 marzo 2017, alla Commissione parlamentare d'inchiesta:



Perché una forza oscura si muove per uccidere Aldo Moro quando sembra a un passo dalla liberazione? Perché a buona parte delle autorità politiche e all'opinione pubblica si dette a bere la commedia di via Fani. Dimostrazione di "geometrica potenza" definì il massacro di via Fani, un Franco Piperno amico e sodale di Bettino Craxi.

Se Aldo Moro fosse tornato quindi vivo dalla prigionia, si sarebbe svelata la turpe commedia della "geometrica potenza", delle finte linee umanitarie, degli ordini ai dirigenti di partito dalle centrali internazionali ed eseguiti fedelmente.

Se Aldo Moro fosse tornato vivo i vertici dei partiti italiani, tutti, e delle cancellerie internazionali avrebbero dovuto dare risposte che non potevano e non volevano dare.

In altre parole, Aldo Moro doveva morire e ciò fu deciso a un livello superiore ai vertici dello Stato e ai partiti italiani, gran parte dei quali consapevoli e codardi.

Ribadisco che non ho alcuna certezza sugli antefatti (quindi sui moventi), ma i fatti sin qui appurati certificano una complicità internazionale che supera le contrapposizioni ufficiali fra Nato e Patto di Varsavia.


Almeno dal 1973, anno della guerra dello Yom Kippur, preceduta dall'attentato a Enrico Berlinguer a Sofia, il 3 ottobre, c'è un gioco delle parti dei servizi segreti italiani, statunitensi, francesi, inglesi, tedeschi, israeliani e sovietici, insieme ai politici loro servi.

Chi ha tenuto segreto l'attentato a Berlinguer sino al 1991, poi non ha spiegato perché quell'attentato fu compiuto. Il compromesso storico? Non diciamo sciocchezze. Alexander Dubček prese solo qualche ceffone sebbene, solo cinque anni prima, ad agosto del 1968, avesse messo sossopra la Cecoslovacchia e il Patto di Varsavia.

Perché Berlinguer ha taciuto? Che cosa aveva fatto per meritare la morte? Che cosa dette in cambio per sopravvivere?

Nessun approfondimento è mai stato fatto, per esempio, sulla presenza a Roma, in via degli Orti d'Alibert, d'un capitano del GRU*, messo alle costole di Aldo Moro. Il figuro poi riapparirà nell'attentato a Giovanni Paolo II. Ah, dimenticavo, costui abitava in un appartamento di proprietà del Vaticano. E qui entra in ballo un altro servizio segreto, quello vaticano, il quale evidentemente trovò non pochi ostacoli entro le Sacre Mura.

Via Caetani, dove ritrovarono il corpo di Aldo Moro, prendeva il nome dal palazzo nel quale era di casa Igor Markevitch, direttore d'orchestra ucraino, in forza al Kgb. Durante la Seconda guerra mondiale fu agente di collegamento coi servizi inglesi per conto dei sovietici, si infiltrò nella Resistenza italiana e nel 1948 divenne cittadino italiano, sposando la duchessa Topazia Caetani. Si imparentò pure con Hubert Howard, agente britannico, questi avendo sposato Lelia Caetani, cugina di Topazia. Secondo Ferdinando Imposimato, Markevitch fu "l'anfitrione di Firenze" durante il rapimento Moro.

I rapporti fra Igor e BR sono in un rapporto del Ros Carabinieri, secondo i quali Giovanni Senzani, ritenuto dagli americani vicino ai servizi francesi, presentò Markevitch a Mario Moretti.

Un rapporto del Sismi, nel 1980, descriveva Igor agente con un passato con MI6, Kgb e Mossad.

Come si può capire, la vicenda di Aldo Moro è un maleodorante verminaio, nel quale io mi limito ad additare una scollatura tecnica, un granello di sabbia di colore differente, sfuggito per 40 anni. Vogliamo indagare sul passato? Difficile dire se sia ancora utile.

La storia è maestra di vita; non ha tuttavia scolari, aggiungeva Antonio Gramsci. Allora dobbiamo tornare indietro per guardare avanti. Possiamo fare ipotesi, per quello che valgono, puntando sempre su denaro e potere, colonne di tutti i peggiori misfatti.

Se consideriamo quanto è avvenuto dalla morte di Aldo Moro ai giorni correnti, con la spinta oramai palese a sottomettere popoli ed economie al potere finanziario, di certo è importante ricordare che Aldo Moro, aggirando i limiti imposti da Fondo Monetario Internazionale (aumentando la massa di denaro circolante e finanziando gli investimenti) sostenne l'emissione delle banconote da 500 Lire, serie "Mercurio alato", stampate dallo Stato italiano e non dalla Banca d'Italia.

Dopo il 16 marzo 1978, terminò l'emissione del biglietto di Stato che avrebbe finanziato il Belpaese senza aumentare il debito pubblico. Oggi possiamo comprendere quanto sgradite fossero tali manovre ai poteri "storti".

Un'altra chiave di lettura la si può trovare nelle connessioni fra Stato, Pci, Dc e mafia, cominciate nel 1977, per la costruzione della base missilistica di Comiso, un crogiolo di corruzione, nel quale furono inghiottite le esistenze di Carlo Alberto Dalla Chiesa e di Pio La Torre:

https://www.pierolaporta.it/dalla-chiesa-torre/

Aldo Moro non avrebbe consentito quelle sconcezze né alla DC, né al Pci né ad altri. L'ostilità per il compromesso storico di Mosca e di Henry Kissinger sono quindi importanti, entrando tuttavia in un poliedro criminale che salda ulteriori complicità.

Ripeto, al di là dei fatti reali, non si può, è persino inutile cercare moventi.

Dico moventi, al plurale, perché – di questo possiamo essere certi – fu una consorteria trasversale, interna ed esterna all'arco costituzionale e agli schieramenti NATO e Patto di Varsavia, ad assicurare l'impunità ad assassini sedicenti comunisti, garantendo i depistaggi fino ai giorni correnti e la vita agiata agli assassini.

Quanti si dicono indifferenti alla sorte di Aldo Moro a causa dei cedimenti alla Jugoslavia, sono ingenerosi e non tengono conto dei fatti oggettivi. Quando si perde una guerra tutto finisce nelle mani del vincitore: economia, industria, servizi segreti, diplomazia, magistratura e forze armate. Per recuperare la sovranità tanto Alcide De Gasperi quanto Aldo Moro dovettero cedere dei pezzi. La Jugoslavia era divenuta importante per la NATO in caso di guerra col Patto di Varsavia. Aldo Moro non era responsabile di questo e neppure si può ascrivergli l'irresponsabile fuga dalle proprie responsabilità dell'alta borghesia lombardo piemontese, dei coté romano, milanese, fiorentino, bolognese e persino napoletano. A questi si sommò una porzione importante della Chiesa. Da qui forza il Pci, per poi perdere la propria identità. Oggi è evidente quanto l'accattocomunismo sia trascolorato in accattoglobalismo.

Aldo Moro teneva botta agli attacchi ma doveva cedere in alcuni settori – la Jugoslavia, per esempio – ben sapendo che al suo fianco operavano servi degli statunitensi, degli inglesi, dei francesi, dei tedeschi e dei sovietici. Uno di costoro, poi arrivato ai vertici dello Stato, servì almeno tre padroni.

D'altronde Aldo Moro non ebbe, su Osimo, alcun aiuto da parte di Enrico Berlinguer, l'unico al quale non ha indirizzato alcuna lettera dalla prigionia, né menzionato nel memoriale.

La storia non si fa coi se e i ma. Dobbiamo tuttavia chiederci se sarebbe stato così facile sottomettere l'Italia – dal 1981, quando Beniamino Andreatta e Mario Monti privatizzarono Banca d'Italia con una letterina – fino ai tragici giorni correnti, mentre l'Europa e il mondo si prendono gioco di noi. La storia non si fa con i se e i ma. Proprio per questo motivo si uccide chi può tradurre in realtà politiche e di fatto tanto i "se" quanto i "ma". Lo si uccide e se ne distrugge la memoria. Questo hanno fatto dal primo momento con Aldo Moro, lo hanno diffamato per 40 anni e ancora insistono:



In conclusione Aldo Moro ha condiviso la sorte con Abraham Lincoln, coi fratelli Kennedy e con tanti altri poveri disgraziati – penso alle vittime del terrorismo, a tutte le vittime senza distinzione di schieramento – che hanno perso la vita per fare il bene comune o perché troppo giovani e troppo ingenui per non farsi ingannare dagli squali della politica.

Solo per questo penso sia importante continuare a scavare sulla morte di Aldo Moro. Per quanto mi riguarda, non ho alcun interesse personale, se non il ricordo dello sguardo di Aldo Moro che incrociò casualmente il mio, ad agosto 1968, durante una sua visita a San Giovanni Rotondo. Era un uomo profondamente buono e pulito, lo pensai allora, quando non avevo alcuna simpatia per la DC, ne sono ancora più convinto oggi, grazie alle lezioni che la vita mi ha dato. Dio abbracci Aldo Moro e aiuti l'Italia. (www.pierolaporta.it)

Piero Laporta

* GRU (Glavnoe razvedyvatel'noe upravlenie – Direttorato dell'intelligence generale) è tuttora il servizio segreto militare russo, la cui missione è rimuovere gli impedimenti che ostacolano i piani militari strategici. Opera al di fuori dei confini della Russia (allora dell'URSS) e ha totale indipendenza dal KGB. Fu creato da Lenin e ha ramificazioni e residenture in tutto il mondo. Quella che a quel tempo "curava" l'Italia, era in Svizzera nella villa d'un noto magnate italiano, padrone di pezzi importanti della stampa. Per intenderci, Pietro Secchia e Sergei Antonov, il capo scalo della Balkan Air, mentore di Ali Agca, rispondevano al GRU.

https://www.marcotosatti.com/2020/03/20/caso-moro-il-gen-laporta-risponde-a-domande-e-commenti/
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Finnegan

Su Senzani e altre porcherie (Servizi, malavita, il fantomatico bar Olivetti ecc.) segnalo The Moro Files, lunga intervista ad un membro della Commissione Moro:
https://www.byoblu.com/percorsi/the-moro-files/

Non è oro colato, ma fornisce molti particolari accertati ufficialmente.
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johann

Citazione di: Finnegan il 20 Marzo 2020, 07:18:19 AM
Chi ha tenuto segreto l'attentato a Berlinguer sino al 1991, poi non ha spiegato perché quell'attentato fu compiuto. Il compromesso storico? Non diciamo sciocchezze. Alexander Dubček prese solo qualche ceffone sebbene, solo cinque anni prima, ad agosto del 1968, avesse messo sossopra la Cecoslovacchia e il Patto di Varsavia.

beh!......con tutto il rispetto credo che sia sciocchezza liquidare come una sciocchezza il movente del compromesso storico e liquidare come marginale l'insurrezione cecoslovacca    tuttavia questo non cambia certo l'importanza della analisi di quanto scrive laporta  a mio parere il compromesso storico fu forse la scintilla il visibile innesco fatale rispetto a una invisibile gigantesca "santabarbara" di estremismi che si andava ammucchiando da lustri nella società italiana   

penso che nella lettura di quei anni oscuri  un'Italia campo di battaglia "sacrificabile" di un ginepraio inestricabile di interessi più esteri che nazionali    troppo spesso ci si scorda il contesto internazionale di guerra fredda in cui si svolgevano i fatti  e ancora di più il fatto che anche se fredda  sempre di GUERRA si e trattato senza esclusione di colpi a tutti i livelli appena sotto a quello della guerra guerreggiata  spionaggio, terrorismo, sovversione, intromissione "attiva"
negli affari interni dei paesi era prassi corrente  soprattutto per paesi come l'Italia usciti sconfitti dal secondo conflitto mondiale già deboli di suo quanto a tempra e orgoglio nazionale   basta pensare che proprio in concomitanza con il sequestro moro (politico tutt'altro che naif  strutturò i servizi segreti italiani e partecipò alla costruzione della NATO) e forse in collegamento con esso  furono "sottratti" dei piani segreti contenuti nella cassaforte del Ministro della difesa in particolare i piani di quella operazione chiamata "Gladio" che era in realtà l'operazione "dietro le linee", Stay behind, comune a tutti i Paesi della NATO che avrebbe dovuto scattare in seguito ad una invasione delle forze del Patto di Varsavia)

sono convinto che per quanto riguarda quegli anni la storia nazionale stia ancora più negli archivi di mosca e Washinton che non a roma   e che se avessimo compiutamente tutta la "disponibilità" della nostra storia  probabilmente gli italiani si renderebbero conto che quei tempi li hanno solo vissuti e in parte subiti   ma che essi sono stati quasi totalmente determinati "sopra le loro teste"  e all'estero   

per non prendere la tangente siderale del capitolo (peraltro interessantissimo) di tutto il contesto nazionale e internazionale che inglobava la vicenda moro mi limito al compromesso storico in quanto tale      un fatto storico dalla eredità a mio avviso controproducente e fallimentare che pero non inficia affatto anzi  esalta la nobiltà e soprattutto l'integrità morale di moro che volle perseguire una (anche se discutibile) "visione" del futuro del paese  piuttosto che prestarsi all'italiota politica del giorno per giorno   quindi non fosse altro che per questo  sciapo' a moro     

per quanto riguarda berlinguer  poi io non gli faccio molti sconti tranne forse la buona fede nel voler vedere una convergenza politica  oltre che con la dc di moro anche con l'occidente liberale e capitalista senza "scottarsi"  illudendosi di non pagare un prezzo con il cuore integralista e irriformabile del suo stesso partito e della sua base elettorale (berlinguer credette all'attentato ai suoi danni più che dalla voglia bulgara di farlo fuori  dalla insistenza dei suoi compagni di partito perché ci andasse)   la coerenza ti aspetta sempre al varco dei tuoi propositi  non si può sperare di essere credibili se da un lato si parla di terza via, di eurocomunismo, ecc ma ci si rifiuta di affrontare e risolve la questione con i "compagni" socialisti   e  fino a oltre l'89 si mantengono inalterati tutti i canali di finanziamento da mosca (mille miliardi) con accluse le "liste della spesa" dei voleri di mosca   la glasnost e perestroika  doveva farla berlinguer prima di  Gorbačëv  e a casa propria per quanto attiene i propri archivi  in particolare quello "segreto" evidentemente cosi "ingombrante" che come ebbe a dire il  parlamentare Paolo Cirino Pomicino informato nel 1992 dall'allora ministro dell'interno Vincenzo  Scotti:  in una notte del mese di maggio da Botteghe Oscure diversi camion hanno portarono via una grande quantità di documenti  direzione ex ambasciata sovietica a roma in villa abamelek...........
questo per dire che per quanto nobili potevano essere i propositi era assurdo pensare di far rifluire la risoluzione della guerra fredda e della logica dei blocchi  al momento catartico della stretta di mano di due insignificanti lider di partito di un paese di serie c che non contava niente sullo scacchiere internazionale

tuttavia quello che mi interessa del compromesso storico fu il suo impatto ideale  a riguardo vorrei fare seguito uno scritto sul  libro la trappola del compromesso storico di conelio fabro

La cultura cattolica italiana tra le due guerre mondiali e nell'immediato dopoguerra fu dominata in gran parte da quella francese e in modo particolare da Maritain e da Mounier. Questi filosofi ebbero un influsso determinante nei laici cattolici vicini a De Gasperi.
Secondo l'utopia dei due pensatori francesi, la collaborazione con i comunisti era il giusto modo per recuperare al progetto della «nuova cristianità» tutti i movimenti marxisti. Secondo quest'operazione il comunismo sarebbe una «verita cristiana impazzita" e non come mise in guardia PIO XII un sistema intrinsecamente perverso  l'approccio mariteniano ha affascinato generazioni di democristiano (compreso moro)
Le questioni di fondo che l'operazione c.s. ponevano al mondo cattolico erano grossomodo tre:   la prima, l'utopia mariteniana assunta come ideologia di un partito di ispirazione cattolica;    la seconda, l'atteggiamento del PCI che sta al gioco della collaborazione e aspira al compromesso storico     la terza lo strumento di mutuo avvicinamento che va sotto il nome di "dialogo"
Ci troviamo di fronte a due opposti schieramenti ideologici, la cui mediazione è affidata alla prassi del dialogo. Il problema che si impone alla coscienza del cattolico sembra essere il seguente: fino a che punto una siffatta ideologia utopica che si autoproclama cristiana può assorbire alla propria causa il comunismo attraverso un «compromesso storico», che sembra essere l'unico sbocco finale?

A questi tre problemi fabro non ha voluto rispondere solo ai politici  ma anche a tutti coloro (compresi sacerdoti, docenti universitari, prelati) che accolsero e tuttora accolgono in pieno le tesi dei due filosofi francesi e favoriscono la "nuova" cristianità novatrice  laica e pluralista 
fabro, dimostra che i teorici del marxismo da Lenin, a Stalin ecc hanno sempre insegnato in modo esplicito che la lotta alla religione è parte integrante della loro ideologia,   un dogma che si ricollega alla Aufhebung hegeliana e al suo triplice processo dialettico    qualcuno argomenta che c'e' tuttavia un comunismo "chiuso"  e un comunismo "aperto"  e conciante verso il  cattolicesimo  e a supporto di questo si fa notare come (sempre di più adesso) ci siano comunisti più
o meno ex  più o meno vetero  che si dicono credenti    ma fabbro fa notare che questo non significa che esista una possibile sintesi delle due filosofie ideali  (come forse si illudeva moro)  ma che semplicemente occorre distinguere tra il comunista che per sua incoerenza può affermare di credere   (come un credente non comunista può vivere una vita dissoluta da pagano)  con il comunismo in se che per sua natura non può cambiare perché ha un carattere ideologico assoluto 

infatti percorrendo le varie tappe successive al compromesso storico  con la legge sul divorzio e quella sull'aborto firmata dall'allora presidente della DC  Giulio Andreotti. si e' ben visto quali sono stati gli esiti a senso unico  della mistica del "dialogo"   un cedimento quasi totale da parte della DC ai dogmi laicisti materialisti e secolaristi portati in dote dal comunismo di ogni tempo
documentato da radici cristiane
Un uomo che è un uomo DEVE credere in qualcosa (dal film: il mio nome è nessuno)

Finnegan

Non ho elementi per dire quale fosse esattamente il progetto di Moro e se il compromesso storico fosse un cedimento verso il comunismo o una sua graduale neutralizzazione. Il punto è tutto lì, ma ci sono due elementi certi nella questione:
1. Moro non era né filocomunista né sciocco e probabilmente non era l'unico attore nella vicenda
2. Pochi anni dopo il partito cristiano è stato spazzato via e i comunisti hanno conquistato le leve del potere. Cambiano i simboli ma non le persone, né i metodi. Se Moro voleva davvero favorire i comunisti, perché l'hanno ammazzato?
Non sembra irragionevole ipotizzare che avesse previsto, come altri, la fusione della sinistra col globalismo finanziario-consumista e che il cd. compromesso fosse solo il primo passo per dare all'Italia più ampia sovranità. Mi pare che Craxi fu, in qualche modo, il prosecutore del suo progetto come scrisse anche Sciascia* e anche lui, ben dopo la caduta del Muro fu fatto fuori politicamente.

* Moro scrisse durante la prigionia: "Guai, caro Craxi, se una tua iniziativa dovesse fallire". Sciascia commentò affermando che questa frase andava ben oltre il tentativo di Craxi di salvargli la vita.
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Finnegan

#17
Nuovo articolo di Agostino Nobile a seguito delle dichiarazioni del gen. Laporta:

Come fu destabilizzata l'economia italiana

Agostino Nobile ha letto i due articoli che il generale Piero Laporta ha pubblicato sul nostro blog relativi al rapimento di Aldo Moro, al quadro geopolitico in cui quel delitto si inseriva, e alle conseguenze economiche e politiche per il nostro Paese. E ne ha tratto spunto per questa riflessione, molto interessante e articolata, che volentieri sottoponiamo al vostro giudizio. Buona lettura.

§§§

Ringrazio l'amico Piero Laporta per gli articoli pubblicati su SC sul caso Moro. Un fatto storico che non può essere sottovalutato né, tanto meno, lasciato nel dimenticatoio. Non voglio sostenere o smentire la tesi di Laporta, ma dal 1969 all'84 gli omicidi mirati e le stragi in Italia rappresentano un bollettino di guerra che non possiamo definire casuale. Penso, dunque, che sia bene parlarne, perché a partire da quegli anni l'Italia, nonostante le qualità imprenditoriali e artigianali, dopo alti e bassi, si trova nella criticità politica ed economica attuale.

Partendo da una prospettiva cattolica, vorrei contribuire alla riflessione avvalendomi di un articolo riportato in un mio libro pubblicato nel 2015.

Dopo la II Guerra Mondiale l'Italia era un paese in ginocchio, mancava l'essenziale e la maggior parte delle infrastrutture erano devastate. Grazie al governo guidato dal partito Democrazia Cristiana, tra gli anni cinquanta e sessanta in Italia si realizza quello che verrà definito boom economico. L'efficienza del popolo italiano e il sistema economico vincente adottato dal governo d'ispirazione cattolica, però, causò una certa preoccupazione ai poteri forti che guidavano il sistema economico nord-europeo e statunitense, definito Atlantico. Questo sistema ottenne forza, guarda caso, negli anni settanta, e si fonda sulla deregulation. Ovvero, un'economia dove, oltre ad opporsi alle regole precedenti, lo Stato  può solo guardare come spettatore. La mancanza di un'etica economica ha creato quei mostri finanziari che hanno creato la giungla monetaria delle ultime decadi. Il risultato l'abbiamo sotto gli occhi: aumento delle tasse e impoverimento dei cittadini per rimpinguare le casse delle banche.

Ma perché i poteri forti della finanza Atlantica si preoccuparono del successo italiano, tanto da definirlo miracolo economico? (come se fosse stato un miracolo e non una scelta economica razionale vincente). Lo spiega  in parte Ettore Bernabei, direttore generale della RAI dal 1960 al 1974,  nel libro intervista L'Italia del miracolo e del futuro: «In ambienti occidentali da tempo si sopportava con disagio che l'Italia, paese guidato da un partito di ispirazione cristiana, fosse diventato il quarto tra i sette paesi più industrializzati del mondo. Questo dato statistico fece apparire quanto fossero infondate le accuse, di matrice protestante massonica, da decenni rivolte ai cattolici di essere incapaci di assicurare benessere e libertà alle loro popolazioni. Il miracolo italiano aveva smentito tutti questi pregiudizi.»

Qual era il sistema economico italiano tanto detestato dai poteri forti? Quello più democratico e  più cristiano, in quanto si basa sulla distribuzione dei redditi e della ricchezza fra le varie classi sociali. Il modello economico italiano si ispirava alla Dottrina sociale della Chiesa, che ha le sue radici nella Rerum Novarum di papa Leone XIII. Il successore di Pietro voleva indirizzare il pensiero dei cattolici in economia  per difenderlo dalle ideologie che si aggiravano in Europa.

Dunque, il successo della politica economica italiana doveva essere eliminato, altrimenti avrebbe potuto espandersi negli altri paesi, togliendo il potere economico al sistema Atlantico. La prima mossa fu quella di distruggere dall'interno l'equilibrio sociale. Le quinte colonne o gli utili idioti, dipende dai punti di vista, furono i mezzi di comunicazione e gli intellettuali di sinistra. Dario Fo ne fu il principe, tanto che nel 1997 fu insignito immeritatamente del Premio Nobel per la letteratura.

A partire dagli anni '70 le Brigate Rosse insanguinarono l'Italia. La loro opera criminale che puntava all'abbattimento dei governi di ispirazione cristiana, si concluse col rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana e uomo profondamente cattolico.

I mezzi di comunicazione in un primo momento descrivevano le Brigate Rosse, di matrice marxista-leninista, più o meno come degli eroi che lottavano per il proletariato. In realtà, il processo a carico dei capi brigatisti, come conferma il giudice Rosario Priore nel libro intervista Intrigo internazionale: Perché la guerra in Italia. Le verità che non si sono mai potute dire (Ed. Chiare Lettere, 2010), evidenzia la mano longa dei servizi segreti stranieri.

Avvalendosi delle carte processuali, Bernabei, continua: «Le B.R. erano pilotate dall'agenzia Hyperion, che aveva sede a Parigi, sotto le insegne di una scuola di lingua, e agiva in collegamento con l'organizzazione terroristica tedesca  della R. A. F. L'agenzia Hyperion (...)  rifornivano di armi, provenienti in prevalenza dal Libano, le B. R. che operavano in Italia. L'obiettivo di fondo del terrorismo in Italia era sempre quello di creare difficoltà alla Chiesa cattolica.»

Secondo alcuni osservatori Aldo Moro fu assassinato per motivi geopolitici. I governi sovietico  e americano si opponevano al cosiddetto compromesso storico. I primi temevano che l'apertura a sinistra avrebbe indebolito il Partito Comunista Italiano; gli americani temevano che il compromesso avrebbe favorito i sovietici. Ma, come dicevamo, c'era dell'altro.

Bernabei, sottolinea: «Fu calcolato che un brigatista rosso prendesse diversi milioni di lire di stipendio al mese, più vitto e alloggio, con molti extra per la dolce vita

Agli inizi degli anni '90 alla RAI furono licenziati 1200 persone della dirigenza medio alta, «di queste – ricorda Bernabei – circa 1000 erano cattolici (...). Fu ritenuta una colpa l'essere cattolici. Fu una vera e propria operazione di "pulizia etnica"

Con l'operazione Mani pulite magistrati di sinistra con le manette facili, spinsero al suicidio alcuni imprenditori ed eliminarono definitivamente la Democrazia Cristiana. Partito certamente non esente da corruzioni, ma da quello che vediamo in Italia e nel mondo, i governi "puliti" esistono solo nella mente degli ingenui. Fatto sta che  dagli anni '90 ad oggi, molte industrie e aziende italiane sono finite nelle mani di holding straniere, che si appropriano anche del grande artigianato lasciando agli italiani le briciole.

Dato che molti non conoscono la diffidenza che certi ambienti protestantici riservano ai cattolici, riporto un aneddoto raccontato dall'allora primo ministro Tony Blair. Quando nel 2005 designò come nuovo ambasciatore in Vaticano il cattolico Francis Campbell, nelle stanze di Downing Street ci fu molta sorpresa: «ma non va bene, è cattolico!» Avete mai sentito esclamare ad un politico italiano lo stesso commento riferendosi a un protestante? Ricordando questi fatti non vogliamo infondere astio o, peggio, ispirare nuove guerre di religione, ma consapevolezza.

Grazie a politici che disprezzano i propri paesi, i protestanti del nord hanno in mano l'economia europea, Germania in testa. I grandi paesi del sud Europa, di radici cattoliche come l'Italia, la Spagna e la Francia, annaspano. L'ortodossa Grecia se la sono già mangiata. Possiamo salvarci solo costruendo un'Europa senza pregiudizi anticattolici. Dovremmo rivalorizzare la famiglia formata da padre e madre, colonna portante della società, accogliendo la politica che ha portato l'Italia del dopoguerra tra le prime economie del mondo.

Agostino Nobile

https://www.marcotosatti.com/2020/03/22/nobile-come-fu-destabilizzata-leconomia-italiana/
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Finnegan

#18
Oggi il gen. Laporta canta ancora:

LAPORTA: PERCHÉ ALDO MORO NON FU UCCISO SUBITO?

Il generale Piero Laporta risponde in questo articolo alla domanda posta da una delle amiche di Stilum Curiae, e nata dalla discussione che si è originata nei due articoli precedenti: Aldo Moro non era in via Fani, e Caso Moro: Laporta risponde a domande e commenti, pubblicati nei giorni scorsi. Come sempre, si tratta di una lettura avvincente su quegli anni e fatti drammatici, che hanno pesato – e pesano ancora – sulla nostra esistenza. Buona lettura.
§§§

Caro Marco, il quesito, postomi dalla lettrice Milli, è terribile e, allo stesso tempo, sembra risolvibile con una risposta apparentemente semplice.

Ringrazio davvero Milli perché mi chiede: «Perché non hanno ucciso subito Aldo Moro?».

Questo argomento, come si vedrà, richiede un articolo dedicato. L'avevo quindi omesso per brevità.

Ora però vorrei fornire a Milli e ai lettori di Stilum Curiae elementi essenziali per orientarsi.

Se Milli può e vuole consultare le lettere di Aldo Moro, si avvalga solo del libro "Aldo Moro, Ultimi Scritti, 16 marzo -9 maggio 1978", a cura di Eugenio Tassini, ed. Piemme, 1998. Altre pubblicazioni non sono a mio avviso altrettanto affidabili.

Se lo desidera posso farle pervenire una copia, tramite Marco Tosatti. Ad ogni buon conto ho provveduto a diffonderne in giro una certa quantità, per evitare che facciano sparire il libro.

Veniamo al punto. La risposta che offro contiene molti "se" e altrettanti "ma", tuttavia cuciti con le evidenze scaturenti dalle lettere di Aldo Moro e da altri documenti che citerò.

Per rispondere occorre partire da un dato di fatto tanto banale quanto vero: non lo hanno ucciso subito. Era quindi interesse strategico dei mandanti che Aldo Moro fosse rapito vivo.

Può apparire banale? Non lo è affatto. Aldo Moro è, come scrive nella lettera a Cossiga: «Sotto un dominio pieno e incontrollato». Potevano quindi ucciderlo subito, semmai fosse rimasto vivo per errore (ma non è così, come abbiamo già scritto nei precedenti articoli), potevano sparargli un colpo in testa in via Fani, oppure ucciderlo immediatamente dopo essersi allontanati, se si fossero sentiti incalzati dallo stranissimo accorrere del capo della Digos, giunto in via Fani mentre i rapitori si allontanavano. Un tempismo tanto singolare quanto sospetto, anche per quanto accade immediatamente dopo l'arrivo del capo della Digos, come certifica la relazione del magistrato Gianfranco Donadio, il 4 marzo 2017, alla Commissione parlamentare d'inchiesta.

Possiamo scervellarci sulle ragioni di questa apparente incongruenza – perché non lo hanno ucciso subito? – ma fin quando non agguanteremo uno di coloro che erano alla testa dell'organizzazione – evento oramai alquanto improbabile – non lo sapremo mai con certezza. Aggrappiamoci dunque ai documenti e alle logiche deduzioni da essi scaturenti.

È lo stesso Aldo Moro, ancora una volta, a guidarci.

La prima lettera a Benigno Zaccagnini (pag. 15 op. cit.) è introdotta dal curatore del libro, E. Tassini, con queste importanti osservazioni:

«Scritta il 31 marzo. Recapitata il 4 aprile a Nicola Rana e, in fotocopia, alle redazioni di La Repubblica, L'Avvenire e Il Settimanale. Pubblicata dai giornali il 5 aprile. In via Monte Nevoso è stata trovata la minuta (con frasi più forti e definitive. In particolare Moro scrive di essere "già condannato") una prima stesura.»

Non è dato sapere se questo testo sia stato rinvenuto in via Monte Nevoso 8, a Milano, il 1°ottobre 1978, per mano del Reparto speciale antiterrorismo dei Carabinieri, diretto dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Poco dopo il generale Dalla Chiesa fu trasferito al comando della Divisione Pastrengo e il suo reparto antiterrorismo fu disperso. Oppure il testo, chiosato da Tassini, fu rinvenuto nel 1990, durante una ristrutturazione. Neppure posso escludere che il testo fosse rinvenuto in entrambe le occasioni.

Sarebbe oltremodo grave se il testo, rinvenuto nel 1978, non fosse stato valorizzato a dovere. È altrettanto grave che non sia stato valorizzato dopo il 1990. D'altronde non possiamo sapere se tale testo originario qualcuno lo abbia reimmesso in copia in via Monte Nevoso proprio affinché non scomparisse dagli atti.

Non di meno, com'è evidente, esso è stato insabbiato sinora. Perché?

Aldo Moro, persona di intelligenza superlativa, dimostra con pochissime parole d'avere ben compreso che la sua sorte è segnata.

Egli afferma di essere «già condannato». I suoi carcerieri lo censurano, ovvio, altrimenti la commedia della trattativa si sbriciola.

Riflettiamo. Uno degli obiettivi della "trattativa" è certamente quello di individuare gli amici fidati di Aldo Moro e metterli sulla lista nera, dalla quale espungerli a tempo e modo opportuni, per smontare un sistema di potere e sostituirlo con un altro.

Aldo Moro è ben consapevole che è in atto la manovra per la sua successione politica.

La lettera di Aldo Moro è scritta il 31 marzo, è pubblicata il 5 aprile.

Occhio alle date. Il giorno successivo Giorgio Napolitano parte per gli Usa, ottenendo un visto negato da Henry Kissinger e dal Dipartimento di Stato tre anni prima
. Il mediatore con gli Usa per questo visto è Giulio Andreotti.

Non era un viaggio improvvisato. Leggete con attenzione.

«Il "primo viaggio" di un dirigente del Pci negli Stati Uniti era stato predisposto già da alcuni mesi – in risposta all'invito dell'Università di Princeton e di altre prestigiose Università e centri di ricerca – sulla base di un programma di conferenze e seminari, e quindi di una precisa caratterizzazione politico-culturale.» Scrive Giorgio Napolitano, su 30Giorni, diretto da Giulio Andreotti. Era maggio del 2006, mentre la commissione Mitrokhin indagava sul terrorismo, nonostante lo scarso entusiasmo di Silvio Berlusconi.

La figura di Napolitano e i suoi rapporti "trilaterali" con Mosca, Washington e di "fratellanza" con Silvio Berlusconi sono ampiamente noti, grazie a Ferruccio Pinotti e Stefano Santachiara "I Segreti di Napolitano", Micromega online, 4 dic. 2013

Aldo Moro non sa del viaggio di Napolitano negli Usa. Ha tuttavia perfettamente chiare le conseguenze che si delineano con la sua prossima morte. Scrive nella stessa lettera (pag.16, op.cit.):

«Tener duro può apparire più appropriato, ma una qualche concessione è non solo equa, ma anche politicamente utile. Come ho ricordato in questo modo civile si comportano moltissimi Stati. Se altri non ha il coraggio di farlo, lo faccia la D.C. che, nella sua sensibilità ha il pregio di indovinare come muoversi nelle situazioni più difficili. Se così non sarà, l'avrete voluto e, lo dico senza animosità, le inevitabili conseguenze ricadranno sul partito e sulle persone. Poi comincerà un altro ciclo più terribile e parimenti senza sbocco

La caccia agli amici di Aldo Moro è intanto già cominciata. Il libro calunnioso di Camilla Cederna, "Giovanni Leone La Carriera di un Presidente", è finito di stampare dalla editrice Feltrinelli il 16 marzo 1978, giorno della strage. Trent'anni dopo Giorgio Napolitano chiederà scusa per quelle calunnie. Dimenticherà di ricordare che quelle calunnie consentirono di espugnare e controllare il Quirinale sino ai giorni correnti. Dimenticherà di ricordare che il Partito Comunista Italiano fu il più accanito calunniatore di Giovanni Leone, insieme al Partito Radicale.

Difficile negare, guardandoci intorno, quanto Aldo Moro abbia visto giusto sulla sua sorte e sulle conseguenze: egli doveva morire, i suoi amici dovevano essere uccisi o dispersi, la Democrazia Cristiana doveva sparire, l'Italia doveva sottomettersi.

Gli ex comunisti e gli accattocomunisti sono tutti accattoglobalisti
. Il resto è noto. www.pierolaporta.it


https://www.marcotosatti.com/2020/03/24/laporta-perche-aldo-moro-non-fu-ucciso-subito/#respond
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Finnegan

#19
Segnalo altre fonti. Secondo una deposizione giudiziaria, in via Fani quel giorno "c'era tutto l'universo mondo", sicuramente anche gli inglesi furono pesantemente implicati ma mi sembra esagerato ipotizzare, come fa Fasanella, un piano a trazione inglese. Molto maggiore è stato il coinvolgimento dei francesi di Mitterand, con la base operativa nella nota scuola di lingue e il rifugio dato ai terroristi in territorio francese, anche grazie alla rete del discusso Abbé Pierre.
Ancora oggi personaggi come Negri vivono in Francia, dove sono riveriti filosofi ed insegnano all'università, accanto a Légions d'Honneur come Letta. Quote rosa, ma anche quote rosse. :shifty:
Come dice Gero Grassi che per quattro anni ha lavorato alla Commissione Moro:

"La morte di Moro non è l'omicidio di una persona soltanto, è l'omicidio di un'idea di Stato e di mondo.
Moro voleva che l'Europa fosse l'Europa dei popoli e non quella delle banche e che l'Europa dei popoli fosse terza rispetto agli Stati Uniti e alla Russia.
Tutto questo non andava bene agli Stati Uniti, alla Russia, alla Francia e all'Inghilterra. Così come è stato ucciso Enrico Mattei che voleva rendere l'Italia autonoma dal punto di vista energetico.
Moro voleva creare una grande Europa dei popoli, nella quale chi ha di più deve occuparsi di chi ha di meno. Non un'Europa nella quale la Germania si mangia tutto, oggi andiamo verso un pangermanesimo, ma un'Europa in cui gli Stati forti diventino motore di sviluppo. Ma per creare questa grande Europa bisognava cambiare l'accordo di Yalta
."

Anche la politica mediterranea di Moro dava fastidio, sia perché conferiva un ruolo chiave all'Italia, sia perché Moro aveva portato la Pace in Medio Oriente, cosa oggi impensabile.
Con Moro l'Italia era diventata la quarta potenza mondiale, oggi si cerca di riportarla al '48, facendone un Paese del Terzo Mondo a regime feudale.
E' quanto possiamo leggere in questo dovumento, meno affidabile dei precedenti ma non meno interessante ed esatto nelle linee generali:

Il Comitato dei 300: "Distruggeremo l'Italia!"

di Rino Di Stefano

Nel saggio dell'ex agente segreto inglese John Coleman l'incredibile strategia di un oscuro e potentissimo Nuovo Ordine Mondiale
per deindustrializzare e impoverire il nostro Paese – di Rino Di Stefano <http://www.rinodistefano.com/>
<https://www.rinodistefano.com/images/rubricaletteraria/committee300/The-Commitee-of-300_large.jpg> The Conspirator's Hierarchy: The Committee of 300

L'Italia è sotto il tiro di grandi poteri finanziari mondiali, che hanno deciso di ridurne drasticamente il comparto industriale per trasformarla in un Paese arretrato di tipo feudale. A rivelare questa congiura, che casualmente coincide con l'attuale recessione politico-economica che sta distruggendo il Paese, è il libro "The Conspirator's Hierarchy: The Committee of 300" del dottor John Coleman ("La gerarchia del cospiratore: Il Comitato dei 300"), pubblicato in inglese dalla World Int. Review di Las Vegas, negli Stati Uniti.
Questo libro, giunto ormai alla quarta edizione mondiale, non è mai stato tradotto in italiano. E, se lo si legge, se ne capisce anche il perché. Infatti, in questo volume di 465 pagine viene spiegata la strategia che sarebbe stata adottata dal club dei potenti più forte al mondo, appunto il Comitato dei 300 fondato dall'aristocrazia inglese nel 1727, per ridurre drasticamente il numero di quelli che vengono definiti "useless eaters" (letteralmente " inutili bocche da sfamare"), riportando le economie nazionali a un livello pre-industriale.
In altre parole, secondo loro, sarebbe necessario riportare la popolazione mondiale a livelli precedenti il Novecento. Il potere, sempre secondo questi signori, deve essere concentrato nelle mani di pochi, ricchissimi e potentissimi finanzieri (si fanno chiamare The Olympians, considerandosi simili ai mitici dei greci dell'Olimpo), i quali decideranno che cosa sia meglio per tutti, Paese per Paese.
I primi tre a essere presi di mira, cioè quelli dove dovrebbe essere adottata questa strategia di impoverimento della popolazione, sarebbero Italia, Argentina e Pakistan. Ma prima di entrare nel merito della questione, ampiamente e dettagliatamente spiegata nel libro, conosciamo un po' meglio l'autore. John Coleman, Ph.D. (cioè titolare di quello che in Italia chiamiamo un dottorato di ricerca), classe 1935, è un ex agente del servizio di spionaggio britannico MI6, successivamente trasferitosi negli Stati Uniti. Qui, dopo aver acquisito la residenza, ha scelto di diventare cittadino americano. Studioso di fama mondiale, considerato uno scienziato della politica ed un economista, autore di decine di libri pubblicati in otto diverse lingue, Coleman è arrivato alla conclusione che la finanza e la politica dell'intero globo siano realmente nelle mani di un Comitato di 300 notabili che decidono le sorti del pianeta.
Non si tratta di una scoperta del tutto nuova. Già nel 1909 era uscito un articolo in tedesco ("Geschàftlicher Nachwucs" di Walter Rathenau), nel quale veniva spiegato per la prima volta che ciò che accadeva nel mondo era opera di un gruppo ristretto di individui che agiva secondo una precisa e meditata strategia. La Rivoluzione Russa, la Prima Guerra Mondiale, l'ascesa di Hitler e la Seconda Guerra Mondiale, non sarebbero affatto casuali. Tutto sarebbe stato ordito e organizzato da potenti finanzieri che agivano secondo uno schema preordinato.
Coleman ci avrebbe messo 35 anni per verificare questo assunto. E dopo una miriade di interviste ad ammiragli, capi dei Servizi Segreti, ufficiali di alto rango, politici, banchieri ed economisti, è giunto alla conclusione che quel Comitato dei 300 esiste davvero. E in fondo al suo libro riporta i nomi dei passati e dei presenti membri di quel sodalizio. Compresi quelli degli italiani che ne facevano, e ne fanno, parte.
E' curioso notare che tra gli antichi fondatori del Comitato dei 300, ispirato alla The East India Company britannica, si trovassero diversi rappresentanti della nobiltà nera veneziana e genovese. Aristocratici, questi ultimi, che avrebbero ancora oggi "scanni" tra le fila dei 300.
Del resto, non tutti sanno che la casata di Windsor degli attuali regnanti britannici, venne così definita dal re Giorgio V nel 1917, ma avrebbe dovuto chiamarsi più propriamente casata dei Guelfi, una delle più antiche famiglie della nobiltà nera di Venezia, dalla quale discendeva la regina Vittoria.
Vediamo dunque un po' più da vicino che cosa scrive Coleman. Prima di tutto, l'attuale Comitato dei 300 sarebbe presieduto da Etienne Davignon, diplomatico, politico e dirigente d'azienda belga, più volte Commissario europeo, proveniente da una delle più blasonate famiglie dell'aristocrazia del vecchio mondo. Davignon, infatti, è anche visconte, nonché presidente del Gruppo Bilderberg, l'altro sodalizio esclusivo degli industriali e dei magnati della finanza internazionale. Il Bilderberg sarebbe una delle organizzazioni controllate direttamente dal Comitato dei 300. Per la cronaca, ne fa parte anche l'ex Presidente del Consiglio, e attuale senatore a vita, professor Mario Monti ("Il Club Bilderberg" di Daniel Estulin, Arianna Editrice, pag. 273).
Secondo Coleman, Davignon sarebbe uno strenuo difensore della teoria della deindustrializzazione, con crescita zero. Una prova sarebbe il Piano Davignon del 1981 che promosse la riduzione della produzione siderurgica, la fine dei sussidi pubblici al settore e un drastico ridimensionamento del numero degli addetti. Una strategia, questa, che venne poi sposata anche dal presidente Reagan, con disastrose conseguenze per l'industria americana, a tutti i livelli e fino ai giorni nostri. Ebbene, ad un certo punto il Comitato dei 300 avrebbe deciso di mettere in pratica la propria politica di contenimento industriale per ridurre la "surplus population" (cioè la "popolazione in eccesso") in Italia, Argentina e Pakistan.
"Attualmente l'Italia è di fatto sotto il controllo di segreti governanti designati dalla loggia P2 della Massoneria – scrive Coleman – . Le corporazioni dirigono l'Italia.— La cosa più singolare riguarda il metodo adottato dai 300.
Coleman sostiene che la loro politica sia quella di sostenere in tutto il globo una diffusione della sinistra politica, sull'esempio dei Socialisti Fabiani. Stiamo parlando di un movimento politico e sociale istituito nel 1884 a Londra col nome di Fabian Society. Si ispirava a Quinto Fabio Massimo, detto "il temporeggiatore", che contro Annibale aveva usato una strategia attendista di lento logoramento. Il fabianesimo credeva, appunto, ad una graduale evoluzione della società attraverso riforme che portino passo dopo passo verso il socialismo. Il marxismo, invece, crede in un cambiamento repentino e rivoluzionario. Una volta imposto il modello socialista, i 300 lo controllerebbero dall'alto, impedendo che vi siano contestazioni o rivolte. Dunque, una sinistra che verrebbe controllata da una dittatura occulta e potentissima a livello planetario. Ovviamente, nessuno dei sudditi dei regimi socialisti potrebbe mai immaginare che quei governi siano stati voluti da una ristrettissima cerchia di super miliardari che, di fatto, avrebbero costituito un Nuovo Ordine Mondiale.
Per quanto ci riguarda, la notizia più clamorosa che ci dà Coleman la si legge a pagina 47, dove viene raccontata l'assassinio di Aldo Moro. Secondo quanto riporta il libro, l'attentato di via Fani, il rapimento e l'uccisione dello statista furono progettati e portati a termine dal Comitato dei 300. Altro che Brigate Rosse. I terroristi ci misero la faccia e l'organizzazione, ma l'operazione sarebbe stata manovrata interamente dai 300.
Moro, infatti, si opponeva alla "crescita zero" e alla riduzione della popolazione italiana che sarebbe stata commissionata dai 300 al Club di Roma. "Il 10 novembre 1982, in un tribunale di Roma, un buon amico di Moro (si trattava di Corrado Guerzoni n.d.r.) testimoniò che l'ex primo ministro venne minacciato da un agente del Royal Institute for International Affairs (RIIA) che era anche un membro del Comitato dei 300 e Segretario di Stato. Il testimone disse che quell'uomo era Henry Kissinger – scrive Coleman – L'ex primo ministro Moro venne rapito dalle Brigate Rosse nel 1978 e successivamente brutalmente ucciso a colpi di pistola.
Fu al processo dei membri delle Brigate Rosse che diversi di loro testimoniarono di essere a conoscenza del coinvolgimento ad alto livello degli Stati Uniti nel complotto per uccidere Moro. E uno di essi coinvolse Henry Kissinger in questo complotto omicida. Quando Moro venne minacciato, ovviamente Kissinger non era più al servizio della diplomazia americana, ma piuttosto agiva secondo le istruzioni ricevute dal Club di Roma, il braccio politico estero del Comitato dei 300. Questa notizia non venne mai diffusa da nessuno dei media o delle stazioni televisive".
Ma anche negli Stati Uniti, continua Coleman, nessuno arrivò mai ad accusare formalmente Kissinger. Perché, allora, tutto questo sarebbe accaduto? "Nel mio resoconto del 1982 su questo crimine – spiega Coleman – abbiamo esposto che Aldo Moro, un leale membro del Partito Democristiano, venne ucciso da assassini controllati dalla loggia P2 che avevano come scopo quello di portare l'Italia entro i confini del progetto del Club di Roma per deindustrializzare il Paese e ridurne considerevolmente la popolazione. Il progetto di Moro di stabilizzare l'Italia attraverso la piena occupazione e una pace industriale e politica, avrebbe rafforzato l'opposizione cattolica al comunismo, e reso la destabilizzazione del Medio Oriente (che era l'obiettivo primario) molto più difficile da ottenere per il Comitato".
I 300, insiste Coleman, non si pongono piani a breve scadenza. Anzi, è vero il contrario. Lo proverebbe l'omicidio di Moro. "La sua morte – si legge nel libro – rimosse GLI OSTACOLI al progetto di destabilizzare l'Italia, e, sulla base di quanto noi sappiamo adesso, ha permesso i piani della cospirazione per il Medio Oriente, portati a termine nella Guerra del Golfo, 14 anni più tardi.
L'Italia venne scelta come bersaglio tipo dal Comitato dei 300 a causa della sua importanza per i cospiratori. Un'importanza dovuta al fatto che fosse il Paese europeo più vicino al Medio Oriente e con più stretti rapporti alla politica e all'economia del Medio Oriente. Inoltre è anche sede della Chiesa cattolica, che si voleva distruggere distruggere".
Sempre secondo Coleman, l'Italia è importante anche per un'altra ragione del panorama mondiale. Il nostro Paese, infatti, viene considerato la porta di accesso dell'Europa per la droga proveniente dall'Iran e dal Libano. Ma l'aspetto più inquietante di questo interesse della finanza mondiale verso l'Italia, resta quello della copertura che sarebbe stata esercitata da non meglio precisati ricchi italiani, nei confronti dei brigatisti e della Massoneria deviata. "Sin dal 1968, quando venne istituito il Club di Roma – scrive Coleman – numerosi gruppi si sono associati sotto Gianni Agnelli allo scopo di far cadere diversi governi italiani, per destabilizzare il Paese. Tra questi, la nobiltà nera di Venezia e Genova, la Loggia P2 e le Brigate Rosse, tutti quanti operavano con lo stesso obiettivo.
Investigatori della polizia che lavoravano al caso Brigate Rosse-Moro, sono venuti a conoscenza dei nomi di diverse importanti famiglie italiane che controllavano da vicino i leader di questi gruppi terroristici. La polizia scoprì inoltre le prove che, in almeno una dozzina di casi, queste potenti e importanti famiglie avevano messo a disposizione le loro case [via Cetani?] e proprietà per essere utilizzate come basi sicure per le cellule delle Brigate Rosse.
Ben più documentata è invece la parte che riguarda Giovanni Agnelli (Torino 12/3/1921 – Torino 24/1/2003), definito "uno dei membri più importanti del Comitato dei 300", e il suo amico Aurelio Peccei (Torino 4/7/1908 – Torino 13/3/1984). Peccei, la cui figura non tutti conoscono, fu il fondatore del Club di Roma che Coleman definisce "un ombrello dietro cui si cela un'organizzazione cospiratoria, un matrimonio tra finanzieri anglo-americani e le famiglie della nobiltà nera d'Europa, particolarmente della cosiddetta 'nobiltà' di Londra, Venezia e Genova".
Peccei, comunque, era tutt'altro che uno sconosciuto. Durante la Resistenza aveva militato nelle fila di "Giustizia e Libertà" ed era stato anche arrestato e incarcerato. Nel 1949 si trasferì per conto della Fiat in America Latina, dove in Argentina fondò la Fiat-Concord, succursale dell'industria italiana. Nel 1958 tornò in patria dove fondò la Italconsult, una joint-venture che comprendeva marchi italiani come Innocenti, Montecatini e Fiat. Nel 1964 venne nominato amministratore delegato della Olivetti e quattro anni dopo, nell'aprile del 1968, fondò il Club di Roma insieme allo scienziato scozzese Alexander King.
L'atto di accusa di Coleman verso Peccei è pesantissimo, in quanto lo scrittore sostiene che l'imprenditore italiano abbia avallato nel suo libro "Limits of Growth" ("I Limiti dello Sviluppo") un progetto che portò le popolazioni di diverse nazioni africane alla morte per fame. Questo "piano" venne poi formalizzato nel "Global 2000 Report" [di H. Kissinger].
Il libro continua la sua lunga esposizione trattando di un'infinità di altri argomenti. Si parla anche dei Beatles, il cui successo sarebbe stato guidato da Theodor Adorno; dei miliardari inglesi che finanziarono prima Lenin e poi Hitler; della morte di Grace di Monaco, che sarebbe stata provocata come presunta ritorsione contro il principe Ranieri; del vastissimo mercato della droga che da secoli finanzia le famiglie più in vista del pianeta; dell'incredibile influenza che l'aristocrazia britannica avrebbe ancora oggi sulla Casa Bianca di Washington; della carriera di Henry Kissinger all'ombra del discusso docente di Harvard William Yandall Elliot; del presunto assassinio di Papa Giovanni Paolo I; del complicato e multi sfaccettato complotto che ha portato all'uccisione del presidente John Kennedy, che osò opporsi ai piani del Comitato dei 300, con un incredibile elenco di morti misteriose che vennero subito dopo.
Infine, per chiudere tornando all'Italia, del "Permindex affair", cioè della rete spionistica clandestina che opererebbe da anni nel nostro Paese. Forse, però, ciò che cattura di più l'attenzione del lettore è la lista dei membri del Comitato dei 300, passati e presenti, che parte da pagina 417. Ne cito alcuni, solo per ricordare i più noti, specificando però che Coleman non sempre spiega quali siano state le sue fonti.
Si parte dal già nominato Giovanni Agnelli, di cui si conosceva da sempre anche l'appartenenza al Bildelberg Group (lasciata in eredità ai successori), per proseguire con Beatrice di Savoia, l'ex presidente USA George W. Bush, il conte Vittorio Cini, l'industriale-editore Carlo De Benedetti (il nome viene riportato come Carlo De Benneditti), la regina Elisabetta II, la regina Giuliana d'Olanda, la regina Sofia di Spagna, la regina Margrete di Danimarca, l'economista John Maynard Keynes, l'onnipresente Henry Kissinger, l'ex presidente francese Francois Mitterand, il faccendiere Umberto Ortolani (P2), l'ex leader svedese assassinato Olaf Palme, Aurelio Peccei, il cardinale Michele Pellegrino, il Principe Filippo di Edimburgo, il banchiere David Rockefeller, Sir Bertrand Russel, il diplomatico ed ex Segretario di Stato Cyrus Vance.
A quanto pare, dopo aver scritto e pubblicato questo libro (l'ultima ristampa risale al 2010), il dottor Coleman ha preso alcune precauzioni per la sicurezza della sua persona. Tuttavia, a prescindere dai pur comprensibili timori di un uomo di 78 anni, nessuno può affermare con assoluta certezza che quanto scrive Coleman corrisponda alla pura e semplice verità dei fatti. Nonostante questo, non c'è dubbio che la lettura di questo libro lasci addosso una forte inquietudine sulla realtà segreta e misteriosa del mondo che ci circonda. E una domanda sorge spontanea: ma quanto sappiamo, in realtà, di ciò che succede intorno a noi? A ognuno la sua risposta.

"The Conspirator's Hierarchy: The Committee of 300" di John Coleman, World Int. Review (Las Vegas, Stati Uniti), 1997-2010, pp. 465, ISBN 0963401947, $26.95.

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johann

Mah!  ........Quest'ultimo  intervento  mi ricorda i libri di erich von daniken dove per andare sul sicuro aveva fatto dei bei cocktail di tutti i misteri veri o falsi in circolazione e li "disvelava" come fossero dovuti agli alieni 1mi colonizzatori del pianeta terra.......molte teorie suggestive........molte deduzioni affascinanti .......qualcuna forse attendibile ........sicuramente veri però i soldi che ci ha guadagnato sopra   

certo!  visti i personaggi di cui si parla  io non gli faccio alcuno sconto  e credo veramente all'esistenza di una o più' consorterie di poteri forti che usa le posizioni chiave dei propri affigliati per influenzare soprattutto i governi di tipo democratico  tuttavia  non esiste un sovragoverno di pochi "dei" dell'olimpo che determinano continuamente il fato di milioni di miserabili mortali,  si tratta di ripetuti tentativi di condizionamento politico miranti a far si che certe tendenze politiche in un dato paese non diventino radicali e irreversibili  perche a quel punto ogni condizionamento sarebbe vano perche andrebbe oltre le possibilita della politica ancorche corrotta

quando leggo le ricostruzioni storiche che in un contesto di guerra fredda si concentrano quasi sempre da una sola parte (guarda caso l'occidente) mi si accende la spia del sospetto e dello scetticismo, secondo me la vicenda moro non deve essere avulsa dal quel contesto altrimenti si perde l'unica chiave di lettura attendibile di quei fatti  e non solo di quelli  il problema dei problemi e che in premessa a ogni analisi ci dovrebbe essere la disponibilita' di una base storiografica obiettiva e oggettiva e invece qui abbiamo a che fare con quella "ufficiale" che ha mistificato in modo indecente la storia del nostro paese dalla (dice lei?!) unita'  in poi     numerosissimi sarebbero i capitoli della storiografia italiana che andrebbero  "disinfestati"  dalla narrativa "ufficiale" ......alla "mieli"  per intenderci  e quello   del  II dopoguerra  assieme al risorgimento e forse il più mistificato e omesso  che ci sia mai stato......il motivo e' sostanzialmente ideologico e si ricollega alla sorgente del titanico scontro ancora in atto tra l'umanesimo cattolico e quello laicista

proprio per come le vicende della nostra storia vengano "istituzionalmente" mistificate sin dai banchi della scuola che gli italiani devono il fatto che tranne la parentesi del 1mo conflitto mondiale un vero sentimento nazionale nel nostro paese non ci sia mai stato non si costruisce una identità e individualità' storica sulle menzogne e sulle omissioni e questo secondo me e' il peccato originale del nostro popolo che fa da sfondo sicuramente a tutte le vicende del II dopoguerra rivelando l'Italia per quello che e' ......ancora adesso  e cioè il "ventre molle"  del continente europeo  uno stato estremamente vulnerabile a tutte le istanze politico-ideologiche-economiche portate avanti non solo dalle superpotenze di turno ma anche dai nostri "vicini" di casa europei basta pensare storicamente a tutto quello che e passato dal ruolo britannico nella spedizione dei mille al ruolo francese nel disastro di ustica 

l'Italia e sempre stata considerata un paese "incompiuto" a sovranità' limitata  psicologicamente di serie b  perennemente bisognoso della considerazione altrui  questo lo si vede anche solo nelle circostanze dei bilaterali internazionali......della serie!:.....attenzione! arriva il premier italiano occhio all'etichetta';  si mobilitino fanfare, parate, drappelli d'onore, e poi mi raccomando!...discorsi di circostanza con profluvio di lodi e apprezzamenti sperticati    cheee ....tanto basta agli italiani perché se ne ritornino a casa appagarli e rinfrancati sul proprio "ruolo" tra i grandi (mi ricordo berlusconi a Washington)  per le cose serie ci sono sempre i tedeschi gli inglesi ecc con cui negoziare e decidere
anche volendo credere a un moro visionario che immaginava un'italia fiera e indipendente da ogni condizionamento internazionale mi chiedo in tutta franchezza come possa un politico del suo rango molto addentro a tutto lo spessore della realtà ultima della condizione italiana credere possibile la realizzazione di un simile disegno senza mettere in conto "l'himalaya" di impedimenti e difficoltà che gli si sarebbe frapposta e verso cui  sarebbe andato inesorabilmente a infrangersi

l'errore di moro fu che si illuse ingenuamente che ci fosse spazio per aprire con i comunisti una stagione di unita' e concordia nazionale sufficientemente granitica da rendere indipendente il futuro del paese dal resto del mondo ma i veri statisti sono tali  perche sanno inseguire delle visioni politiche camminando sul pragmatismo e sulla real politik del realisticamente possibile   ora anche se per fantapolitica fosse stato possibile una sintesi politico ideale a supporto di un governo di unita nazionale tra PCI e DC  da quale parte si sarebbe schierato il paese visto che la posizione geostrategica italiana imponeva di farlo?  Con mosca? Provocando un isolamento internazionale e il sicuro intervento militare degli USA,  oppure con Washington? Scatenando una sicura guerra civile con la scorza fanatica del comunismo rivoluzionario in servizio permanente effettivo?

in un contesto come quello volendo fare comunque della mera speculazione fine a se stessa  penso che per concretizzare una simile visione bisognava assumersi per tempo la responsabilità politica e ideale di creare dei sia pur minimi presupposti di base   a cominciare dal rendere irreversibile una  inequivocabile (nel senso di convinta e convincente) scelta di campo verso l'occidente  liberale e democratico  traendone tutte le conseguenze e le implicazioni politiche che comportava in primis la messa all'angolo del PCI  sostenendo e favorendo la sua contrapposizione in ogni campo possibile soprattutto culturale   facendo diventare prassi ordinaria (soprattutto in ambito cattolico) quell'opera di sensibilizzazione popolare di massa sul pericolo comunista messa a punto nel 48 che permise di vincere le prime elezioni libere   e poi lavorare per rendere ideologicamente bipolare l'intero arco parlamentare (come nel resto d'europa) con la galassia comunista filosovietica da una parte   una terra di nessuno politica nel mezzo   e tutto il resto dei partiti dall'altra parte  del resto se moro era arrivato al punto di pensare a una convergenza politica coi comunisti mi chiedo perche invece non penso' di farla con tutti i partiti atlantici compresi i socialisti    nell'assurdo generale  sarebbe stato comunque più sensato

per quanto riguarda i fatti in se  alla fonda   nel porto delle nebbie cui sono stati confinati dalla vile convenienza politica delle classi dirigenti di ogni tempo, bisognerebbe concentrarsi sugli spiragli di luce offerti da tutti quegli "imprevisti" non contemplati dagli intrighi e dalle cospirazioni incrociate che si consumarono sul nostro paese  a cominciare ad esempio da ustica da un lato   e il caso mitrokhin  dall'altro
Un uomo che è un uomo DEVE credere in qualcosa (dal film: il mio nome è nessuno)

Finnegan

#21
Citazionemi chiedo in tutta franchezza come possa un politico del suo rango molto addentro a tutto lo spessore della realtà ultima della condizione italiana credere possibile la realizzazione di un simile disegno senza mettere in conto "l'himalaya" di impedimenti e difficoltà che gli si sarebbe frapposta e verso cui  sarebbe andato inesorabilmente a infrangersi
E' uno degli argomenti più usati in interviste o trasmissioni per criticare il suo progetto politico, anche il cad. Siri s'infuriò per i rischi che un tale governo comportava al tempo della Guerra Fredda. Forse è un argomento valido e lo sarebbe sicuramente se questo progetto fosse stato portato avanti da personaggi come De Mita o Napolitano (la cui "luce" massonica brillava verso Washington e Mosca).
Ma si dà il caso che fosse Moro, e che Mosca, com'è noto, era contraria al progetto, fatto curioso se si sostiene che le avrebbe permesso di fare la "rivoluzione" comunista in Italia.
Se poi si voleva davvero impedire l'avvento al potere delle sinistre, consumatosi pochi anni dopo con una devastazione del Paese di cui non si vede ancora il fondo, non vedo la ragione per ammazzare Moro.
Moro non era uno sciocco e probabilmente il cd. compromesso era la punta dell'iceberg di un progetto ben più vasto ed articolato (forse con altri protagonisti) di quanto potesse sembrare.
Non affermo questo come una certezza, mi pongo più di una domanda sul suo progetto politico. Solo che il quadro di un Moro ingenuo ed illuso, utile idiota di Mosca (con Kissinger, le BR e tutto il resto della compagnia necessariamente nel ruolo di salvatori dell'Italia :ohmy:) non regge ad un esame appena attento.
CitazioneScatenando una sicura guerra civile con la scorza fanatica del comunismo rivoluzionario in servizio permanente effettivo?
La rinuncia del PCI a una rivoluzione rossa in Italia era avvenuta già con Togliatti, c'era Gladio (già...) e il rischio di mettere il PCI fuori legge.
Il declino dell'URSS galoppava già dalla fine degli anni '60, L'italia era uscita da periodi in cui il pericolo comunista era ben maggiore, una rivoluzione pilotata da Mosca (e conseguente Guerra Mondiale) negli edonisti anni '80 era se non impossibile estremamente improbabile. Anche il clima culturale non è solo una moda, può essere più forte delle armi come abbiamo visto di recente con le rivoluzioni colorate.
Citazionefacendo diventare prassi ordinaria (soprattutto in ambito cattolico) quell'opera di sensibilizzazione popolare di massa sul pericolo comunista messa a punto nel 48 che permise di vincere le prime elezioni libere
Già ma DC e Vaticano si erano rammolliti, col Concilio deliberatamente non ci fu nessuna condanna del comunismo. Inoltre i comunisti erano il 35% dei votanti, a parte vincere le elezioni la pressione culturale non li avrebbe neutralizzati.
Ripeto non difendo il compromesso storico che già all'epoca appariva una follia geopolitica, è sicuramente il progetto più controverso e incomprensibile di Moro, solo non torna l'ipotesi che un politico navigato come lui fosse un povero illuso che scommetteva sulla "bontà" dei comunisti.
E' però ormai accertato che voleva rivedere la logica di Yalta che non dava all'Italia piena sovranità e anche se non ne sappiamo ancora molto è da lì che ogni obiettiva indagine storica deve partire.

Considerazione finale: forse era un grave errore portare i comunisti al governo, tale sicuramente sembrava ma oggi il comunismo è imploso da tempo mentre l'Italia vive una delle peggiori stagioni della sua storia e rischia letteralmente di scomparire come Paese e come civiltà.
Sappiamo con certezza che Moro aveva previsto e si opponeva a tutto ciò ed è per questo che ne ho grande considerazione al punto da chiedermi se, malgrado il suo inspiegabile azzardo politico, con lui vivo l'Italia sarebbe stata migliore di com'è oggi.
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