Risarcito un padre: femministe, non dicevate che non esiste l'alienazione ?

Aperto da Serenissimo, 11 Gennaio 2020, 03:33:09 PM

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Serenissimo

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Alienazione parentale: dovrà risarcire l'ex coniuge versandogli la somma di 5.000 euro per avergli impedito per circa tre anni di incontrare il figlio; il giudice ha anche ammonito la donna di astenersi dal tenere condotte ulteriormente ostative allo svolgimento degli incontri padre-figlio

L'alienazione parentale è stata definita dai giudici della Corte di cassazione – sentenza n. 26810/2011 – come il comportamento del genitore affidatario che strumentalizza il rifiuto del minore di vedere l'altro genitore, impedendone così le visite stabilite dal Giudice.
La vicenda

Il ricorrente aveva agito in giudizio affinché, previo ammonimento della moglie, fossero adottati i provvedimenti più idonei a garantire al figlio minore il diritto ad una sana e serena crescita, disponendo, a modifica delle condizioni stabilite dalla sentenza di separazione, l'affidamento esclusivo del piccolo e il collocamento prevalente presso la sua abitazione. Aveva, inoltre, chiesto che la moglie fosse condannata al risarcimento dei danni in favore proprio e del minore e fosse pronunciata la sospensione della responsabilità genitoriale.

In sede di separazione giudiziale il minore era stato affidato ad entrambi i genitori in regime di affido condiviso su "concorde richiesta" delle parti.

Il Tribunale di Cosenza aveva altresì disposto il collocamento prevalente del loro figlio presso la madre ed aveva disciplinato le frequentazioni con il padre prevedendo incontri infrasettimanali e nel week-end. Senonché a partire dal mese di novembre 2016 il ricorrente non aveva esercitato il diritto-dovere di visita, riuscendo ad incontrare il figlio soltanto in ambiente protetto.
Ebbene era pacifico che l'interruzione delle frequentazioni fosse avvenuta a causa della determinazione unilaterale dell'ex moglie che aveva "deciso di tenere con sé il figlio e non mandarlo con il padre".

La donna aveva motivato tale decisione adducendo "il rifiuto opposto dal minore nei confronti del padre, il disagio che quest'ultimo manifestava al rientro dagli incontri con lo stesso ed il sospetto che in tali occasioni il figlio fosse vittima di abusi di natura sessuale e di maltrattamenti".

Ma le ragioni esposte a giustificazione di tale determinazione non avevano trovato riscontri oggettivi. Infatti, i sospetti di abusi e maltrattamenti si erano rivelati privi di fondamento in esito alle indagini svolte dalla locale Procura della Repubblica in tre distinti procedimenti.

A fronte degli esiti delle indagini penali, i frammentari racconti fatti dal minore nel corso dei colloqui e in sede di ascolto giudiziale, erano stati ritenuti inattendibili; ed in vero, come evidenziato dal P.M. nella richiesta di archiviazione, quest'ultimo aveva nel tempo subito "plurime suggestioni" ad opera della madre, che aveva "provveduto, con condotta quasi maniacale, a filmare o registrare quanto lo stesso diceva, ponendogli domande relative ai segni fisici dallo stesso presentati".

"Occorre infatti considerare – hanno più volte affermato i giudici della Cassazione – che i bambini presentano modalità relazionali orientate in senso imitativo e adesivo e risultano, perciò, influenzabili dalle suggestioni che possono essere insite nelle domande degli adulti e tendono a formulare risposte che ne assecondino le richieste (cfr. Cass. pen. 7373/12).
La sindrome di alienazione parentale

Peraltro lo stesso CTU nel corso del giudizio penale aveva espressamente parlato di sindrome di alienazione parentale con riferimento all'atteggiamento del minore serbato nei confronti del padre.

Ebbene il Tribunale di Cosenza più che stabilire se si trattasse di una vera e propria patologia o disfunzione, inquadrabile o meno come "sindrome da alienazione parentale", è stato chiamato ad accertare se il distacco del piccolo dal padre fosse frutto dei condizionamenti esercitati dal genitore collocatario, ovvero in altri fattori.

Infatti, "qualora il genitore non affidatario o collocatario, per conseguire la modifica delle modalità di affidamento del figlio minore, denunci l'allontanamento morale e materiale di quest'ultimo, attribuendolo a condotte dell'altro genitore, a suo dire espressive di una Pas (sindrome di alienazione parentale), il giudice di merito, prescindendo dalla validità o invalidità teorica di detta patologia, è tenuto ad accertare, in concreto, la sussistenza di tali condotte, alla stregua dei mezzi di prova propri della materia, quali l'ascolto del minore, nonché le presunzioni, ad esempio desumendo elementi anche dalla eventuale presenza di un legame simbiotico e patologico tra il figlio ed il genitore collocatario, motivando quindi adeguatamente sulla richiesta di modifica, tenendo conto che, a tale fine, e a tutela del diritto del minore alla bigenitorialità ed alla crescita equilibrata e serena, tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali del figlio con l'altro genitore, al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa su quest'ultimo (cfr. Cass. 6919/16)".
Il rapporto madre-figlio

Ebbene, da quanto emerso nel corso del giudizio, durante i tre procedimenti penali a carico del ricorrente il minore era sempre rimasto sotto l'influenza esclusiva della madre (e del relativo ambiente familiare); senonché il rapporto con quest'ultima aveva da sempre presentato profili di disfunzionalità: la donna aveva, infatti, dimostrato di "assumere atteggiamenti e comportamenti che si connotavano come una vera e propria ipercura e segnalavano una tendenza all'iperprotezione ed al mantenimento di una relazione fusionale simile a quella che la lega ai propri genitori potenzialmente nociva al minore".

La stessa psicologa aveva evidenziato non solo che la madre non fosse in grado di gestire il rifiuto del figlio verso la figura paterna, ma anche che la scarsa fiducia che la stessa nutriva nei confronti del coniuge e l'atteggiamento accusatorio nei confronti di quest'ultimo avevano impedito l'instaurazione di un rapporto "sano" con il figlio, tanto da addivenire alla conclusione che le capacità genitoriali della resistente fossero compromesse, avendo quest'ultima impedito il diritto –dovere dell'alto genitore ad esercitare la funzione di padre. Tanto non è bastato a pronunciare la sospensione della responsabilità.
L'affidamento del minore ai servizi sociali

Tuttavia, "le illustrate carenze di entrambi i genitori e l'incapacità manifestata dagli stessi di gestire il conflitto personale con modalità idonee a preservare l'equilibrio psichico del figlio" non hanno consentito al giudice di confermare il regime di affido condiviso, che peraltro, non aveva di fatto mai trovato concreta attuazione. È stato pertanto, necessario l'affidamento a terzi.

Il minore è stato così affidato ai Servizi Sociali e al fine di favorire il graduale recupero della relazione con il padre sono stati ripristinati gli incontri assistiti.
Infine, il Tribunale di Cosenza (decreto n. 549/2019) ha accolto la richiesta risarcitoria formulata dal ricorrente.

Come premesso, la resistente aveva gravemente pregiudicato la relazione affettiva padre-figlio, in tal modo ledendo tanto il diritto del minore alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena, quanto il diritto del padre di svolgere il proprio ruolo genitoriale.

Tenuto conto della durata della emarginazione della figura paterna, durata per ben tre anni, dei presumibili disagi e sofferenze patiti sia dal ricorrente per il distacco fisico ed emotivo dal figlio, che da quest'ultimo, privato dell'apporto del padre rispetto alla sua crescita, educazione e formazione, è stato ritenuto equo liquidare il pregiudizio in 5.000,00 euro comprensivi di interessi, per ciascuno dei soggetti danneggiati.

La donna è stata infine ammonita ai sensi dell'art. 709 ter c.p.c. ad astenersi dal tenere condotte ostative allo svolgimento degli incontri padre-figlio.
Da una dona a un molin no gh'è gran diferenza.

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