Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo

Aperto da Finnegan, 16 Marzo 2020, 08:28:56 AM

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Finnegan


Preciso che non penso che Moro fosse filocomunista.

Prima di passare all'articolo due miei commenti:
1. Leonardo Sciascia cita una lettera di Moro: "Se la scorta non fosse stata, per ragioni amministrative, del tutto al di sotto delle esigenze della situazione, io forse non sarei qui". Commenta Sciascia: "Se con le «ragioni amministrative» Moro avesse voluto alludere a carenze e colpe che stavano più in alto dei cinque uomini, a maggior ragione avrebbe dovuto esserne pietoso.
Non era un cinico; e se lo fosse stato, avrebbe calcolato l'effetto a lui favorevole che una parola di compianto per quei cinque morti avrebbe avuto sull'opinione pubblica. Se la è, invece, calcolatamente vietata. Perché?"
2. La figlia Maria Fida ha detto: "L'inferno in cui viviamo oggi non è un effetto collaterale, ma una conseguenza voluta dell'uccisione di Moro".

E ora l'articolo:
Oggi, 16 marzo, ricorrenza del rapimento di Aldo Moro e della strage della scorta a via Fani, il generale Piero Laporta ci fa il regalo di una ricostruzione di ciò che accadde quel giorno, tanto clamorosa nelle sue conseguenze quanto realistica e dettagliata. Buona lettura.

Questo articolo lo dedico a quanti erigono immagini del presidente Aldo Moro con l'Unità in tasca e ai sedicenti esperti, ricercatori e registi, seminatori di falsità.

Costoro insultano consapevolmente la sua memoria e la sua dignità. Aldo Moro fu sinceramente e lealmente democristiano, atlantico, fedele alla Costituzione e vocato a cercare la collaborazione fra l'Italia, i suoi grandi gruppi industriali (come la Fiat) il Partito Comunista Italiano, il Dipartimento di Stato, l'Europa e il Medio oriente. Fu tradito da tutti, anche da quanti si dissero favorevoli alla trattativa. Fu una cinica commedia. Il risultato oggi è sotto gli occhi di tutti.

Aldo Moro non è stato rapito in via Fani, il 16 marzo 1978, alle ore 09.02, com'è stato sempre raccontato dagli uomini dello Stato, dagli investigatori, dai magistrati, dai politici, dalla stampa e dalla tivvù. Ce lo assicura lo stesso presidente Aldo Moro. Vediamo come.

In via Fani furono rinvenuti 91 bossoli, 49 dei quali d'una sola arma, d'un tiratore mai identificato, d'altissima perizia, peculiare a militari delle forze speciali, «un gioiello di perfezione», secondo un testimone, intervistato da "Repubblica" il 18 marzo 1978.

91 bossoli, 42 dei quali sparati dai rimanenti sei brigatisti. A detta di Valerio Morucci, «l'unica prova dell'azione era stata compiuta nella villa di Velletri». Ammesso che abbiano sparato, impossibile che abbiano acquisito perizia da tiratori, neppure lontanamente accostabile a quella del professionista. I brigatisti sono assassini buoni a sparare alle spalle di vittime inermi a brevissima distanza, niente di più.

Il presidente Aldo Moro, come si sa, sarebbe uscito indenne dalla tempesta di fuoco, quindi rapito e trasportato sull'auto che poi l'avrebbe portato alla "prigione del popolo".

I suoi assassini potevano permettersi un ostaggio ferito? No, perché sarebbe diventato un problema logistico d'asperrima gestione.

I suoi assassini potevano permettersi di uccidere, sia pure casualmente, il presidente Aldo Moro? No, perché tutta la finzione successiva, ruotata intorno a una "finta trattativa" – e dimostreremo che fu una finzione – non sarebbe rimasta in piedi. Aldo Moro doveva dunque essere rapito incolume. Perché la sua incolumità fosse certa, egli non doveva essere sulla scena della strage.

Per capirci circa l'impossibilità di garantire l'incolumità di Aldo Moro, mentre i sette assassini sparavano, occorre seguire un elementare ragionamento. Supponete di impugnare una pistola e mirare a un bersaglio posto a 2 metri e mezzo da voi. Sparate dal fianco, senza mirare, confidando proprio sulla prossimità del bersaglio, esattamente come fecero i sette assassini. Se la vostra pistola o la mitraglietta, nel momento in cui sparate, devia di solo 4 centimetri, il colpo sul bersaglio è deviato di mezzo metro. Quattro centimetri sono nulla per un tiratore non addestrato. Se poi i centimetri fossero sei, solo due in più, perché il primo colpo vi ha spostato la mano, la deviazione finale sarebbe di 75 centimetri. D'altronde anche il precisissimo tiratore professionista, che spara senza minima dispersione, nulla potrebbe fare se l'ostaggio, come sarebbe naturale, si muovesse scompostamente e improvvisamente, ponendosi sulla traiettoria dei suoi colpi. Insomma, il presidente Aldo Moro, incolume, a via Fani non c'era.

L'obiezione più immediata è che ci sono testimonianze d'un uomo trascinato verso l'auto che poi di dilegua. Vi sono almeno due risposte possibili, una un po' più perfida dell'altra. La prima. I brigatisti, dovendo simulare la presenza di Moro (che come dimostreremo non c'era) prepararono un figuro che ne fece le parti. I testimoni, scombussolati dalla strage, videro uno che in realtà non era Aldo Moro. La seconda. Far dire a un testimone d'aver visto ciò che non ha visto non è impossibile. Comunque sia, ai fini del nostro discorso questo dettaglio è secondario, perché Aldo Moro non c'era, come dimostreremo.

Da tutte le lettere che Aldo Moro ha scritto, quelle fatteci ritrovare, risalta la totale assenza di interesse per la sorte della scorta. Non una sillaba viene spesa da Aldo Moro. Questo dettaglio fu utilizzato da eminenti esperti per assicurare che Aldo Moro aveva scritto quelle lettere sotto dettatura, dunque non era più lui.

In realtà tale assenza di interesse per la morte dei cinque sventurati sarebbe inspiegabile per chi ha conosciuto Aldo Moro, un cattolico profondamente credente, d'assoluta bontà, compassionevole come un vero cattolico deve essere.

Aldo Moro, riferendosi alla scorta, scrisse solo che era stata inadeguata, nient'altro. Aveva ragione di scrivere così. Egli era infatti ignaro della sorte della scorta, sebbene fosse del tutto consapevole che essi si erano lasciati ingannare da chi lo aveva "prelevato".

Nel libro "Aldo Moro, Ultimi Scritti, 16 marzo -9 maggio 1978", a cura di Eugenio Tassini, ed. Piemme, 1998, a pagina 13, nella lettera a Francesco Cossiga, diffusa il 29 maggio 1978, Aldo Moro scrive:

«Benché non sappia nulla né del modo né di quanto accaduto dopo il mio prelevamento, è fuori discussione – mi è stato detto con tutta chiarezza – che sono considerato un prigioniero politico...» E più avanti continua, riferendosi a questo brano: «Soprattutto questa ragione di Stato nel mio caso significa, riprendendo lo spunto accennato innanzi sulla mia attuale condizione, che io mi trovo sotto un dominio pieno e incontrollato...»

È l'unica volta che Aldo Moro scrive "prelevamento". Nelle lettere successive scriverà sempre "rapimento". Egli non usava le parole a caso, tutt'altro, le distillava con estrema precisione. Qui correla il "prelevamento" alla ragion di Stato, dunque allo Stato e al "dominio pieno e incontrollato".

A pagina 159 dello stesso libro, Aldo Moro fornisce la chiave di quanto accaduto, con un messaggio tanto inequivocabile quanto terribile, in una forma del tutto morbida, com'è nel suo stile.

Quando conclude la lunga lettera, scritta all'adorata moglie, nel giorno della Santa Pasqua, il 27 marzo 1978, butta lì alcune raccomandazioni, apparentemente inoffensive: «Ed ora alcune cose pratiche. Ho lasciato lo stipendio al solito posto. C'è da ritirare una camicia in lavanderia.

Data la gravidanza e il misero stipendio del marito, aiuta un po' Anna. Puoi prelevare per questa necessità da qualche assegno firmato e non riscosso che Rana potrà aiutarti a realizzare. Spero che, mancando io, Anna ti porti i fiori di giunchiglie per il giorno delle nozze» e poi arriva il punto esplosivo «Sempre tramite Rana, bisognerebbe cercare di raccogliere cinque borse che erano in macchina. Niente di politico ma tutte attività correnti, rimaste a giacere nel corso della crisi. C'erano anche vari indumenti di viaggio».

Aldo Moro è quindi convinto che l'auto su cui ha viaggiato, quel mattino sicuramente sino alla chiesa di Santa Chiara, sia giunta a destinazione, senza di lui ma con le sue borse e quindi con la scorta in buona salute.

Tutte le mattine Aldo Moro, scendendo dalla sua abitazione di via Cortina D'Ampezzo, si fermava alle otto e trenta alla chiesa di Santa Chiara, per una breve preghiera prima di dirigersi al lavoro.

Aldo Moro ha quindi visto coi suoi occhi la sua scorta andare via, portandosi le sue borse e i suoi indumenti di viaggio e chiede alla moglie di recuperarli.

Questo significa che Aldo Moro non è in via Fani quando la scorta è annientata. La scorta deve essere annientata affinché non si sappia che cosa è accaduto prima, ad Aldo Moro, in piazza Santa Chiara, quando esce dalla chiesa.

Fin qui i fatti. Ora andiamo alle deduzioni.

Aldo Moro è stato allontanato dalla sua scorta. Questo può essere avvenuto solo per opera d'un drappello di carabinieri o poliziotti (finti o veri non sta a noi dirlo) comandati da un ufficiale ben noto al capo scorta, Oreste Leonardi, il quale mai avrebbe abbandonato il suo Presidente in mani sconosciute.

«Signor Presidente, mezz'ora fa Radio Città futura ha annunciato il suo rapimento» quindi rivolgendosi anche a Leonardi, il delinquente in uniforme avrebbe potuto aggiungere: «Abbiamo quindi pensato a un piano diversivo. Lei, signor Presidente, potrebbe venire con noi con auto blindata e scorta adeguata. Tu, Leonardi fai il tragitto prestabilito. All'incrocio fra via Fani e via Stresa troverai dei nostri in uniforme dell'Alitalia. Rallentate e fatevi riconoscere. Anzi, per evitare equivoci, perché non so bene da quale reparto arrivino, mettete le mitragliette nel portabagagli, caso mai le tirate fuori dopo. Ci vediamo in Parlamento».

In Parlamento, dove Aldo Moro pensava che la sua scorta fosse giunta indenne e con le sue cinque borse, gabbata dai rapitori veri, quelli che lo avevano "prelevato", com'egli scrive a Cossiga. Una scorta inadeguata, dopo tutto, ha ragione Aldo Moro di lamentarsene. Come dite? Potevano telefonare al comando per sincerarsi che tutto fosse regolare? Non c'erano cellulari e quel mattino la SIP ebbe un'avaria; tutte le comunicazioni telefoniche erano bloccate. E' verosimile che a Leonardi fosse consegnato un ordine scritto autentico nella sua falsità. Il resto è noto? Non è detto. Aldo Moro non poteva tornare vivo dalla prigionia, altrimenti avrebbe testimoniato, e sarebbero saltati tutti a cominciare dai fautori della linea intransigente della DC e del PCI, oltre ai fedeli servitori dello Stato prestatisi a questa porcheria. La trattativa aveva dunque un unico sbocco possibile: la morte di Aldo Moro, non la trattativa.

I suoi assassini, i pochi individuati, fanno una vita agiata.

Piero Laporta

https://www.marcotosatti.com/2020/03/16/il-gen-laporta-aldo-moro-non-era-a-via-fani-il-16-marzo-1978/
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johann

#1
Questo post mi ha fatto vagamente tornare alla mente un articolo letto su radici cristiane qualche anno fa
eccolo
2018 <CHI  SA, TACCIA PER SEMPRE> di luciano garibaldi
ho omesso la parte introduttiva  e riporto integralmente il resto dell'articolo che si basa sul film di renzo martinelli  "piazza delle cinque lune"  dedicato proprio ai "fatti"  di via fani
UN FILM ALL'INDICE"
Il  film sul caso Moro fu presentato anni addietro al Festival del Cinema di  venezia e subito confinato nell' Jndex filmorum prohibitorum  nonostante contenesse rivelazioni  a dir poco sensazionali.
Mi limito a ricordarne due
1) contrariamente a quanto si continua a ritenere ancora oggi, in via Fani non vi fu alcun tamponamento, da parte di un'auto dei brigatisti , della macchina su cui viaggiava la scorta di Moro;
2) sempre contrariamente a quanto si continua ad affermare, non è vero che gli assalitori spararono sugli agenti  di scorta soltanto da sinistra, in quanto il maresciallo Oreste Leonardi, che viaggiava auto su cui si trovava anche Moro, fu raggiunto da pochi ma micidiali colpi partiti destra, cioè dal marciapiede, mentre l'autista fu  fulminato con un solo, preciso colpo alla testa.
Ebbene, mentre l'Alfetta di scorta veniva crivellata con ben 92 proiettili in soli 15 secondi  (segno che gli assassini avevano sparato a raffica, senza neppure prendere la mira , la stessa cosa non era stata possibile i confronti della Fiat 130 su cui viaggiava Moro, in quanto non si poteva certo correre ì rischio di uccidere lo statista democristiano.
Ed ecco dunque entrare in scena due killer professionisti dalla mira infallibile, che sopprimono autista e maresciallo lasciando incolume Moro, onde poterlo trascinare in prigionia e iniziare così la messinscena della cosiddetta «trattativa» tra Stato e Br.

ECCO  TUTTI I DUBBI
E queste sono solo alcune delle sensazionali rivelazioni contenute nel film di Martinelli. Eppure, come si è detto, «fin de non recevoir».   Poi, tre mesi  (ma guarda che coincidenza aggiungo io! ) dopo «Piazza delle Cinque Lune», esce sugli schermi un altro film sull'argomento  il film di Bellocchio  «Buongiorno notte»   e via con i panegirici.  Perché?  Ma perché Bellocchio dipinge i rapitori di Moro come si vuole che fossero:  cioè degli idealisti, convinti di poter fare la rivoluzione, degli illusi che hanno, sì, sbagliato, ma poi si sono ravveduti,  poverini.
Ebbene, anche se non fa piacere essere in sintonia con uno dei fondatori delle Brigate Rosse, è di sicuro interesse riportare alcuni brani di  una intervista concessa da Alberto Franceschini, già fondatore delle Br assieme a Renato Curcio suo braccio destro (all'epoca del sequestro Moro era in galera assieme al suo capo), al giornalista Ulisse Spinnato Vega dell'Agenzia Clorofilla. (www.clorofilla.it) Franceschini ricorda Mino Pecorelli, il giornalista assassinato in piazza Cinque Lune (da qui il titolo del film di Martineffi), e afferma: «Pecorelii, prima di morire, disse che sia Usa sia Urrss volevano la morte di Moro. Bisognava difendere yalta; cioè un accordo mondiale di potere e la sua gestione, accordo che Moro combatté sia prima che durante il sequestro.  Ne la Cia né il Kgb potevano comunque portare a compimento un'azione del genere senza l'assenso l'uno dell'altro. Dunque tutti erano coinvolti  Moro ha giocato politicamente per salvarsi e per portare avanti il compromesso storico, che allora non piaceva agli americani e ancor meno ai russi   un eventuale "eurocomunismo" (alla fine realizzato vista l'europa attuale aggiungo io)  avrebbe infatti portato sconquasso nell'Europa dell'est. Ma Breznev non era Gorbaciov e non lo permise e non diede il minimo spazio di apertura.
Secondo me dice ancora feanceschini un'operazione di grande portata come quella del sequestro moro non la fai se non hai qualcuno alle spalle che ti protegge  ai miei tempi noi militarmente eravamo impreparati  Io conosco quelli che hanno portato a compimento l'operazione ; gli unici ad avere un minimo di addestramento potevano essere Morucci  e Moretti.  Ma c'era una situazione generale di "protezione"  un contesto di cui erano consapevoli solo uno o due dell'intero commando».

PATTI RISPETTATI
E ancora: «nel sequestro Moro furono utilizzate  tecniche che non avevano nulla a che fare col nostro tipo di azione.  Ad esempio, Moro fu fatto salire, in auto.  Noi , invece, quando sequestrammo, nel 1974 il giudice  Sossi, agimmo prima mettendo un furgone  sotto casa sua: quando lui arrivò, uscirono fuori i  nostri, lo presero e lo buttarono nel fùrgone, chiudendolo poi in un sacco. Quindi si spostarono verso di noi che stavamo in una macchina, io scaricarono col favore del buio serale e andammo via.  Invece, i rapitori di Moro che cosa fanno? Lo fanno salire in macchi, arrivano in una piazza frequentatissima e lo trasferiscono su un furgone. Tutto questo una ventina di minuti dopo il sequestro, in mezzo al traffico e a folla.  Mi pare sinceramente impossibile che nesssun  testimone abbia visto  Questo furgone, inoltre, no mai stato trovato.  Morucci  dice che fu lasciato in un parcheggio sotterraneo  lì fu tirato fuori Moro e quindi portato, forse sulla Renault rossa, in via Montalcini. Il "il furgone non esiste e quel sequestro non può essere certamente stato fatto così;   non sta piedi ».
Ragionamenti che confermano in pieno l'ipotesi lanciata dal film di Martinelli  i rapitori d Moro erano manovrati inconsapevolmente ma qualcuno di loro agiva sapendo tutto  avendo coscienza di quel che faceva e di cosa c'era in ballo
Non per niente i numeri del caso moro sono i seguenti:
23 sentenze  127 condanne  27 ergastoli    ma in galera non c'e' più nessuno   tutti liberi    evidentemente la cia  o il kgb  o entrambi  hanno rispettato i pattti

secondo me moro fu persona di integerrima integrità morale e di assoluta onesta personale  forse proprio per questo manifesto nel suo proposito politico quell'approccio ingenuo tipico delle persone squisitamente perbene assolutamente trasparenti  perche incapaci di qualsiasi doppiezza   molto meno lo era Enrico Berlinguer  che ne aveva di scheletri negli armadi di botteghe oscure da nascondere (quando ci decideremo a scrivere e insegnare a scuola anche questa pagina di storia nazionale?)  la sciagurata stretta di mano del 28 giugno 1977 tra il segretario Pci Enrico Berlinguer e il presidente Dc Aldo Moro, principali fautori dell'innaturale (nel senso di contronatura)  riavvicinamento tra le rispettive forze politiche fu un patetico anche se forse sincero tentativo di illudersi che la colossale partita in gioco nel pianeta chiamata guerra fredda non fosse come fu uno scontro totale tra due opposti e inconciliabili concezioni di vita scontro che lasciava spazio ad un un'unica soluzione dirimente  e accettabile per entrambi   o noi    o l'oro    ma si illusero di poter gettare dall'insignificante italia un ponte ideale tra questi due mondi alternativi  illudendosi che per ogni contrapposizione ci sia sempre il compromesso "acettabile"   moro rappresentante della sinistra democristiana ha sacrificato dentro a quel compromesso tutta la DC  in un continuo cedimento politico e ideale al partito comunista (fino a confluirci dentro) che invece da questo "matrimonio omosessuale" ne ha tratto forza e vitalità  per attraversare praticamente indenne  l'89  e riciclarsi attraverso ripetuti maquillage nel sinistrume progressista attuale   secondo me la lezione di moro dovrebbe essere questa:  ogni confronto deve essere accettato convintamente in tutte le sua fasi  anche quando la coerenza comanda che si combatta colpo su colpo per le proprie ideee    quando si combatte  si combatte   non si fa diplomazia   quella viene dopo alla fine con i negoziati dove e bene presentarsi da vincitori piuttosto che da vinti.

chissa perche la cosa mi ricorda stasi con la q.maschile   tranquilli!  stasi non è certo il "Moro" della situazione ma la dinamica dei fatti  secondo me si ..........mah?.......forse sono solo io il solito prevenuto
Un uomo che è un uomo DEVE credere in qualcosa (dal film: il mio nome è nessuno)

Finnegan

#2
Se Moro avesse voluto creare la sinistra globale di oggi, non l'avrebbero ammazzato. Voleva prevenirla sganciandosi dalla logica di Yalta. Da notare che anche Berlinguer subì un attentato in Bulgaria dove non mise più piede.
In realtà aveva ampiamente previsto il nostro presente e tentò di prevenirlo provando a sganciare il PCI dall'URSS (e la DC da Kissinger) e creare col tempo un governo sovranista in Italia. In questo mondo infernalmente capovolto, le cattedre universitarie che furono di Moro sono oggi occupate da brigatisti, che pontificano a piede libero dai media nazionali.

Un fatto poco noto: quando uno di questi registi (credo Ferrara) fece un film su Moro, durante le prove si accorse che la dinamica del rapimento come riferitaci dai giornali era semplicemente impossibile e la rifece basandosi sulla mera verosimiglianza empirica.
Quando vide il film, Licio Gelli lo chiamò e gli disse: "Ma come ha fatto a sapere come è andata davvero?"
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Finnegan

Citazionechissa perche la cosa mi ricorda stasi con la q.maschile   tranquilli!  stasi non è certo il "Moro" della situazione ma la dinamica dei fatti  secondo me si ..........mah?.......forse sono solo io il solito prevenuto
La dinamica dei fatti è opposta: Moro voleva sganciare l'Italia da poteri stranieri. Stasi vuole dissolvere la questione maschile nell'arcobaleno globale.
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johann

Citazione di: Finnegan il 17 Marzo 2020, 02:57:33 PM
Citazionechissa perche la cosa mi ricorda stasi con la q.maschile   tranquilli!  stasi non è certo il "Moro" della situazione ma la dinamica dei fatti  secondo me si ..........mah?.......forse sono solo io il solito prevenuto
La dinamica dei fatti è opposta: Moro voleva sganciare l'Italia da poteri stranieri. Stasi vuole dissolvere la questione maschile nell'arcobaleno globale.
sganciare l'italia dai poteri stranieri,  pensi fosse possibile isolarla da ogni contesto geostrastegico mondiale, alleando per questo la DC con il partito komunista degli ani 70 ?  davvero pensi questo?   :blink:   
ma anche volendolo attribuire a moro  cosa diavolo pensava!  che con una bella stretta di mano a berlinguer  tutto sarebbe andato a posto! ..pensava cosi' di riassorbire e pacificare con un semplice gesto una contrapposizione ideologica radicale mai risolta che divideva oltre a lui e il suo interlocutore l'italia intera l'europa il mondo in 2 fronti armati contrapposti?   e ....in italia poi  paese che ha perso la II guerra mondiale con nessuna voce in capitolo e in una posizione geostrategica delicatissima?..... :doh:...  lasciamo stare     

nel ribadire comunque tutta la mia stima e rispetto alla figura di moro  penso che in quel caso abbia peccato diciamo di un eccessivo ingenuo ottimismo  rispetto a se stesso e alle possibilità riformatrici della politica italiana 

assoldato che stasi non e' moro e su questo non ci piove    per come la vedo io la dinamica delle cose e invece molto simile  proprio quando ritrovandosi in un contesto di opposti inconciliabili  nel nostro caso femminismo contro il mondo maschile e in più  nella fase in cui si dovrebbe cercare di restituire in misura almeno pari le mazzate che giornalmente si ricevono   ti salta fuori il porogramo  (tra l'altro da una posizione collaterale al nemico) che vuole illudere tutti che sui suoi tavoli concertativi e' possibile pacificare una volta per tutte la q.m. .....si  come no!  magari applicando le condizioni di resa del nemico   calando le nostre di braghe e disertando in massa verso il fronte culturale (femminista-omo-lgbt-gender- ecc ecc)  tanto per me sono una cosa sola   

io la q.m la vedo come una specie di guerra fredda dove se non altro tutto e' ancora abbastanza chiaro e distinto   amici nemici   la linea del fronte   la posta in gioco   chiunque non solo non si schiera ma contribuisce a seminare il dubbio a spargere disfattismo e a annacquare il quadro di riferimento e un nemico culturale  punto
Un uomo che è un uomo DEVE credere in qualcosa (dal film: il mio nome è nessuno)

Finnegan

Due cose so: come Mattei, Moro non era un comunista e non era uno sciocco. Entrambi fecero una politica estera audace che gli costò la vita e, come a Craxi, attentati sul nostro territorio. Ci fu anche l'attentato bulgaro a Berlinguer, segno che così marionetta dei sovietici non era.
Sicuramente sul suo progetto c'è molto di più di quanto sappiamo. Quel che è certo è che Moro scrisse una lettera in cui diceva chiaramente che non avrebbe dato ai comunisti le chiavi di un Paese Nato.
Citazioneassoldato che stasi non e' moro e su questo non ci piove    per come la vedo io la dinamica delle cose e invece molto simile  proprio quando ritrovandosi in un contesto di opposti inconciliabili  nel nostro caso femminismo contro il mondo maschile e in più  nella fase in cui si dovrebbe cercare di restituire in misura almeno pari le mazzate che giornalmente si ricevono   ti salta fuori il porogramo  (tra l'altro da una posizione collaterale al nemico) che vuole illudere tutti che sui suoi tavoli concertativi e' possibile pacificare una volta per tutte la q.m. .....si  come no!  magari applicando le condizioni di resa del nemico   calando le nostre di braghe e disertando in massa verso il fronte culturale (femminista-omo-lgbt-gender- ecc ecc)  tanto per me sono una cosa sola   
Qui il livello del personaggio scende sicuramente di molto, non solo nella lucidità ma anche negli scopi. Dalla stessa ambiguità e disonestà delle sue incessanti (e superflue) campagne pro femministe e LGBT, traspare la probabile captatio benevolentiae del potere per sostenere ambizioni personali. Degli uomini deve importargli poco o punto, vanno solo presi in giro per i medesimi scopi e, una volta sulla poltrona, continuerebbe sulla linea da anni tenuta dai Radicali, suoi referenti almeno ideologici: parole per gli uomini, fatti per l'agenda politica progressista.
Sarebbe anche da indagare l'estrema facilità con cui trova mezzi economici e legioni di collaboratori indefessi (sempre di quella corrente politica!) chi milita nelle nostre file sa quanto sia difficile metter su apparati del genere. Il pubblico rimane a bocca aperta per la parata (gaypride) senza sapere che un giorno dovrà pagare il conto come è avvenuto col tradimento di Grillo.
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Tizio.8020

Premesso che appoggio la tesi qui esposta, vorrei chiedere cosa ne pensate di un altra questione che secondo me ha molti punti in comune.
Mi riferisco al discorso tenuto all'Accademia Militare di Modena nel 1972 da Eugenio Cefis:

https://comedonchisciotte.org/il-destino-delleuropa-era-già-segnato-quarantanni-fa/

Se ne è parlato, poco e in sordina, ma credo che vi si possano collegare molti avvenimenti del nostro passato prossimo.

https://unoenessuno.blogspot.com/2016/03/lo-stato-parallelo-la-p2-cefis-e-gelli.html



Finnegan

#7
Benvenuto Tizio, se vuoi presentarti qui:
https://www.coscienzamaschile.com/index.php/board,7.0.html
Sono note le possibili implicazioni di Cefis nell'assassinio di Mattei, ma per Moro credo si debba risalire molto più in alto e più lontano.
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Tizio.8020

 In effetti Moro fu "minacciato" di morte da Kissinger, lo riferì la moglie in diverse interviste.







Oggi son di corsa (devo andare a lavorare, turno di notte!), domani mi presento.

Finnegan

#9
Lo riferì anche Guerzoni alla Rai dall'Annunziata. A presto
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