Il segreto della mentalità contemporanea svelato dall'architettura moderna

Aperto da Finnegan, 14 Dicembre 2023, 03:03:07 AM

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Finnegan

Padre indiscusso delle distopie moderne (realizzate e immaginate) è Le Corbusier, il primo a concepire gli edifici come "macchine per abitare" adatti alla nuova società tecnocratica. Qui il suo mostruoso progetto di sventramento e ricostruzione in chiave distopica di Parigi, che scioccò il mondo accademico e il mondo in generale (ma non troppo la Chiesa in oblio di se stessa, come vedremo più avanti):


La sua lezione fu ripresa da Renzo piano, che cancellò un intero quartiere del XVII secolo per piazzarci questa raffineria, che va al di là dei peggiori incubi del gruppo Archigram:


Può forse aiutare a capire lo stile inumano di Le Corbusier il fatto che discendeva da un'antica famiglia di gnostici albigesi. Per loro, il mondo era una prigione, nella quale l'anima doveva "intagliare finestre" verso il paradiso, come nell'enigmatico interno della cappella di Ronchamp (che conserva il ricordo di altari pagani):


Secondo questa antica visione pagana, oggi così predominante, l'uomo è un angelo caduto. Per molti anni Maritain ha spiegato questa visione pagana dell'uomo come un angelo che guida una macchina, il suo corpo (rammentiamo che l'architetto Le Corbusier, discendente da una famiglia albigese, definì i suoi obbrobri "macchine per abitare"). Pertanto, data la premessa pagana secondo cui l'uomo è semplicemente un angelo caduto, l'ideale del moderno umanesimo industriale è abbastanza coerente. Rinforziamo l'angelo caduto e mettiamolo in macchine sempre più potenti finché il mondo intero assomiglierà a Marilyn Monroe in una Cadillac decappottabile.
L'ossessione per il moderno transumanesimo, dell'ibridazione uomo-macchina, viene da lì.
Approfondimenti chiari e semplici qui: www.coscienzamaschile.com/index.php/topic,3788.0.html


Ambiguo ritorno alle origini

Non è stupefacente che la Chiesa sia stata infettata da questa temperie, con il solito ritardo e pochissima consapevolezza, come attardata seguace della contemporaneità. Dalla morte di Pio XII, credo, si fa vocale nel cattolicesimo un'urgenza, fatua eppure impellente, di recuperare "l'ebraicità" del Cristo che si presume cancellata da due millenni di latinità; il "Kerigma", il "messaggio originario della prima comunità", che si suppone oscurato da venti secoli di commento e interpretazione; la "semplicità e povertà" della liturgia, che si sente come falsata dal gregoriano, dal latino, dall'oro, dal sacro fasto. Gli innovatori vogliono tornare alle "origini", alla Chiesa-nomade e pellegrina, spogliata dal "trionfalismo" romano e imperiale; è a nome dell'arcaico che esaltano Gerusalemme contro Roma (come faceva, ultimo epigono, Quinzio). Rifanno canti e pitture su misura dell'infanzia, simbolo dell'umanità "nuova" senza storia; chiedono all'architettura ultramoderna di costruire chiese quanto più simili a tende, o che perlomeno sembrino casuali e disadorni contenitori di folle profughe: negate le volte e le cupole, i tetti han da essere gittate piatte o lucernari: le pareti sian di cemento nudo, sicché la materia brutale abbia la meglio sulla forma; tutto ricordi l'architettura industriale, massimo punto di coincidenza fra l'Arcaico e il Funzionale.

Qui il seminario (rimasto vuoto), poi convento (semiabbandonato) progettato da Le Corbusier. Rimane un magnifico esempio di architettura distopica:





Il tutto ha un significato inequivocabile: gli innovatori ecclesiastici hanno scagliato la Rivelazione (originaria) contro la Tradizione. Nicciani senza saperlo. Nemmeno si accorgono, temo, che l'epoca del contemporaneo come ritorno all'arcaico, che ha sparso stragi e rovine esterne e interiori, sta finendo. L'esaurimento delle ideologie totalitarie ne è il sintomo più vistoso. Il più soggettivo è la nausea che proviamo di fronte all'ennesima pittura "astratta" o "informale", o all'architettura razionale e funzionale, ancorché pittori e architetti continuino lo stanco modulo, incapaci di dare forma al "postmoderno" che a parole annunciano. È stata proprio la penetrazione dell'arcaico a metterci sulla via della guarigione: esso ci appare ormai quello che è, un residuo archeologico di una cultura, sia pur perenta.

L'uomo non è mai stato "selvaggio": sappiamo che dalla notte dei tempi ha vissuto nella cultura, non nello "stato di natura". Fin da principio, l'ha ossessionato non la fame, la sopravvivenza o la volontà di potenza, ma la ricerca di significato, il sacro, il metafisico. La stilizzazione arcaica non fu mai rozzezza infantile, ma intenzione metafisica: la captazione di una essentia; i "primitivi" sapevano pure, a Lascaux, dipingere vivissime scene naturalistiche, quando volevano suscitare la simpatia magica. La conoscenza di popoli diversi ci ha reso impossibile ridurre gli uomini "primitivi", etnologici o tribali, a barbari: non è mai la vitalità nativa che li spinge, ma una cultura e una storia. Ogni convivenza umana - tranne la nostra "di massa" - è l'emergenza attuale di un passato consegnato. Cominciamo a indovinare che l'Arcaico privato della sua Tradizione è residuo da museo, enigmatico e morto. E che la Tradizione è il canale più fedele per farci attingere all'origine della nostra cultura, all'Arcaico vivente che essa conserva e tramanda.

La mia speranza è che se ne accorga, un giorno, anche il mondo cattolico. Le forme contemporanee che ci disgustano per la loro vacuità, artificialità, o arbitrarietà, indicano che cominciamo a sentire la mancanza della Tradizione; che cominciamo, forse, a guarire dall'accecamento di Nietzsche. Anche se, purtroppo, una Tradizione è viva come un albero, e una volta recisa non basta farne ricombaciare i tronconi. Non sappiamo più nemmeno che cosa sia veramente. Ce ne può dare un'idea l'architettura cristiana pre-contemporanea, fino al barocco, linguaggio che resta presente nelle nostre città: quel linguaggio - come ogni lingua che l'uomo comprende - contiene una tradizione vivente di cui è erede.


Il segreto del Barocco

L'architettura barocca è il contrario del purismo, dello spogliamento; essa contiene gli "elementi" dell'architettura greca ma non recuperati archeologicamente, come nel già cimiteriale neoclassico, bensì incorporati in una forma più evoluta, e l'esempio è Roma. L'elemento - la colonna, l'architrave - primario nella architettura ellenica che fu sempre particolaristica, diventa ornato del "legamento" che nell'architettura romana, da sempre universalistica, unifica e articola lo spazio. Un ornato vivo e muscolare; l'arcaico è qui, come ordine dorico, ma sottoposto allo ionico e al corinzio in tre piani, che simboleggiano la conquista del dominio sulle tre facoltà dell'uomo: l'istinto, la volontà, l'intelligenza. Ma entrate nel Pantheon, opera dell'architetto dilettante Adriano che nessun professionista moderno sa imitare, e scoprirete il grandioso segreto dell'architettura romana: che supera d'un balzo le fatiche della grammatica (l'elementare, le colonne, gli architravi, i pilastri) per mettere l'accento sulla "sintassi" costruttiva: gli elementi sono presenti e pure assorbiti nell'unità dello spazio serenamente dominato.

L'architettura di Roma fu come la politica di Roma: il dominio dello spazio, articolato eppure mai sfuggente, tramutato in un "interno" (l'arte greca non conobbe interni) arioso secondo norme precise, e sempre ricondotto al suo centro. E l'arte cristiana accetterà questa consegna. Il cristianesimo non si farà una sua architettura dal nulla, non pretenderà di essere la fede di un uomo senza passato; anche in questo assumerà la Tradizione di Roma. Solo che, con la Chiesa, lo spazio architettonico di Roma diventa luce: le cupole da emisferiche si slanciano e si traforano; le pareti continue circolari, massicce, si arcuano in absidi, si aprono in finestre; le muraglie si sciolgono, e gli spazi perimetrali sono ora segnati senza peso dalle ombre; la forma si gonfia quasi una forza interna la spingesse armoniosamente. Il romanico, il Rinascimentale, il barocco, non faranno con mezzi via via più sofisticati che articolare questo linguaggio secondo il sentire dei tempi, in forme infinite in cui sono però infinitamente riconoscibili la Grecia, Roma, la luce di Cristo apparsa in noi e nel mondo; il passato vive e giunge fino a noi, contemporaneo, nella sua interezza, proprio perché nessun elemento è stato rifiutato della lunga storia, nulla si è perso di quel che è stato consegnato. Questa è la Tradizione, ho pensato nella chiesona nuova, durante il rito squallido, tra i canti bambineschi. Nel mondo profano si vendono bene i compact disc col canto gregoriano e la musica sacra: la gente ascolta volentieri in casa ciò che era nato per la Chiesa. Col consueto ritardo, si può sperare che gli ecclesiastici copieranno anche questo, dal mondo profano.
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Riverrun, past Eve and Adam's, from swerve of shore to bend of bay, brings us by a commodius vicus of recirculation back to Howth Castle and Environs

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