La città delle donne di F. Fellini

Aperto da Junio1, 12 Luglio 2020, 09:01:30 PM

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Junio1

#20
Citazione di: johann il 14 Settembre 2020, 07:18:38 AM
Citazione di: Junio il 12 Settembre 2020, 06:10:27 PM
Io penso che La città delle donne come film onirico e non satirico sia solo un gioco di suggestioni appunto oniriche  che a me che sono emotivo ha regalato dei brividi che da cinefilo non ho mai provato in nessun film in virtu' di immagini irripetibili e mai viste in nessun film prima fra tutti il finale con la donna-mongolfiera, il museo degli orgasmi, il treno che deflora il tunnel ecc. il cinema onirico è questo non si occupa troppo di analizzare la storia della società si limita semmai a punatre il dito (come avviene quando sognamo) prendi Un cane andaluso di Bunuel parla di due amanti che vogliono liberarsi dalle convenzioni morali dell'epoca mica aveva la pretesa di rappresentare tutti i giovani del tempo pero' è entrato nella storia el cinema, e poi sappiamo che Mastroianni era l'alter ego di Fellini e Fellini era un po' libertino (dai suoi disegni traspare una forte sessualita') percui era naturale che scegliesse la figura di un protagonista latin lover che meglio poteva descrivere. Probabilmente  da spettatore intelligente e più' razionale preferisci un altro genere di film che ti rispecchia maggiormente.

il guaio del cinema ai tempi di fellini  e più che mai adesso  e che tutto viene visto attraverso gli occhiali mentali del preconcetto e del pregiudizio politico,  non c'e' manifestazione artistica di libero pensiero che parta in qualche modo  "vergine" nelle proprie intenzioni e arrivi inevitabilmente stuprata fraintesa e travisata agli occhi del pubblico che le guarda,  non esiste più l'innocenza che secondo me c'era una volta nello scambio di sensibilità umana che intercorre tra l'artista e spettatore,  oggi dopo lustri nei quali e' lo spettatore sodomizzato dall'ideologia politica che inconsciamente stabilisce  cosa del messaggio dell'artista passa in se stesso e di conseguenza nella societa'  lo stesso cinema ha finito per prostituirsi a questa logica in virtu della quale in un circolo vizioso che si autoalimenta lo spettatore si fissa sempre più nelle convinzioni da quello che ad esempio vede proprio nel cinema  e il cinema che si struttura per assecondare servizievole  quello che lo spettatore vuole vedere,  cioe' entrambi si meritano entrambi   
da notare che attraverso queste vere e proprie spirali culturali centripete dalla valenza di sindrome una societa' intera puo arrivare a imprigionarsi da sola dentro a una ideologia dentro a una formula politica dentro a una corrente di pensiero 

ribadisco il rispetto per il cinema ma continuo a credere che dai tempi  delle opere di Georges Méliès (viaggio sulla luna) in cui anche per la freschezza e la novità del cinema appena nato ancora adesso si rimane rapiti dalla "purezza incorrotta" del suo charme cinematografico   oggi a prescindere dalle produzioni a prescindere dallo stesso fellini al quale voglio concedere (a fatica)  tutto il credito di buona fede che si vuole  semplicemente costatando come dopo le parole anche le immagini da tempo fanno sempre più fatica a suscitare sorpresa, meraviglia, stupore, possiamo dire che per impraticabilità sostanziale e concreta di "comunicare"  non c'e' più stato spazio per un cinema visionario e onirico, fellini abbisognava di un pubblico di adulti-bambini con ancora un certo grado di "innocenza"  ma già allora e ripeto più che mai adesso dove anche i bambini paiono degli "adulti in scala"  fare del cinema di questo tipo significa ritrovarsi solo parte dell'aristocratico catalogo intellettualoide naif/radical chic del mondo artistico autoreferenziale attuale dove se la suonano e se la cantano (festival oscar ecc)  dove l'opera sul credito dell'artista anche se e' una mer**  assurge per cio' stesso a quello status di esclusività ermeneutica che solo l'artista o il suo mondo di riferimento e' titolato a comprendere e giudicare ovviamente quasi sempre in modo positivo
da notare come in tutta questa logica la quasi totalita' del pubblico si sia volutamente e arrogantemente persa per strada e con essa anche il senso ultimo dell'arte, infatti spesso ho notato in altre sedi che criticare artisti come fellini significa tirarsi addosso una schitstorm di insulti, ignorante provinciale arretrato ecc ecc   

Io non vedo più' il cinema italiano da quando è morto Leone  perchè per me è praticamente morto anche il cinema italiano pero' ti posso dire che il fatto che un regista esprima un ideale politico se è genuino non deve essere preso per un demerito, avrai visto Metropolis di Lang è un film  antiliberista eppure è un buon film con scenografie esterne che sembrano create oggi, come Shining di Kubrick è un film antiamericano, come il cinema surreale è un cinema anarchico, io che sono contro il globalismo se dovesi fare un opera d arte mi esprimerei solo con quel messaggio; diverso è il discorso dei nostri partiti "di sinistra" che magari manipolano autori neutrali per propagandare le loro idee con film tipo "Diverso da chi?" sull'era delle felici coppie gay con propaganda occulta al Pd, anche se bisogna ricordare che quasi tutto il mondo del cinema è composto da piddini. Magari ti riferisci a queste operazioni di propaganda che sanno tanto di costruito già dai trailer e che vincono premi appunto politici come il blasonato Fuocoammare il film sugli immigrati irregolari che approdano da noi. Fim da evitare.

Junio1

Citazione di: Finnegan il 14 Settembre 2020, 08:49:35 AM
Fellini sembra rivolgersi a un pubblico di 6enni, persino i manga presuppongono uno sviluppo intellettuale maggiore anzi i migliori contengono elementi di una complessità che solo gli adulti possono apprezzare, mentre in Fellini questi elementi scarseggiano se non addirittura sono assenti.

Beh dai liquidare cosi' un regista che ci ha portato sette oscar in epoche diverse di cinema mi sembra un po' ingeneroso. Non credo che i bambini capirebbero Otto e mezzo. Puo' non piacere ma merita un po' di rispetto. :sad2: :smile_001:

Finnegan

#22
I suoi primi film sono eccellenti, poi scadono nell'infantile e nel ripetitivo, come Amarcord per esempio.

Metropolis non è antiliberista, esattamente come oggi riteneva il lberismo (Metropolis) il migliore dei sistemi possibili a patto di "umanizzarlo". Soluzione semplicistica che lo stesso Lang criticherà in seguito. E' l'agognata fusione tra capitalismo e socialismo, che adottano uno il peggio dell'altro.
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Junio1

#23
Ma infatti a me il finale non piace, secondo Lang i due giovani  se ricordo bene dovevano fuggire via su un razzo.
Non capisco cosa possa avere di veramente umano il liberismo forse perchè lo vedo col senno del poi, forse si rifà alla Cina di oggi ma questa interpretazione di umano mi lascia perplesso a meno che sia solo una mistificazione di allora come di oggi.
Io l'avevo interpretato come un umanesimo del lavoro che è l'opposto del liberismo.

Junio1

Dopo Amarcord Fellini ha girato anche film come Il Casanova e E la nave va che non mi sembrano tanto infantili. Il secondo era con Otto e mezzo il film del maestro che preferiva Antonioni, non certo un tipo infantile.

Finnegan

#25
Citazione di: Junio il 16 Settembre 2020, 12:24:07 AM
Ma infatti a me il finale non piace, secondo Lang i due giovani  se ricordo bene dovevano fuggire via su un razzo.
Non capisco cosa possa avere di veramente umano il liberismo forse perchè lo vedo col senno del poi, forse si rifà alla Cina di oggi ma questa interpretazione di umano mi lascia perplesso a meno che sia solo una mistificazione di allora come di oggi.
Io l'avevo interpretato come un umanesimo del lavoro che è l'opposto del liberismo.
L'utopia ricorrente del Mercato è di sfociare in un socialismo globale, dal New Deal (se non ci fosse stata la guerra sarebbe arrivato il socialismo negli USA) ai libri di Erich Fromm e della Scuola di Francoforte. Lang si situa in questo filone e infatti fu accusato di comunismo.
Metropolis però è un capolavoro assoluto, ancora oggi regala più emozioni di molti moderni film di fantascienza. Lang sapeva comporre le scene, con grandi volumi geometricj, molto evocative saranno poi imitate da Hitchcock e De Palma.
Citazione di: Junio il 16 Settembre 2020, 12:44:23 AM
Dopo Amarcord Fellini ha girato anche film come Il Casanova e E la nave va che non mi sembrano tanto infantili. Il secondo era con Otto e mezzo il film del maestro che preferiva Antonioni, non certo un tipo infantile.
8 e 1/2 è un grande film, E la Nave Va non mi pare. Comunque Fellini è un regista "materno", adora troppo le donne e non ci sono valori maschili nei suoi film. Anche Mastroianni bravissimo come sempre con Fellini interpreta macchiette.
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johann

Citazione di: Junio il 14 Settembre 2020, 09:28:18 PM
Citazione di: johann il 14 Settembre 2020, 07:18:38 AM
Citazione di: Junio il 12 Settembre 2020, 06:10:27 PM
Io penso che La città delle donne come film onirico e non satirico sia solo un gioco di suggestioni appunto oniriche  che a me che sono emotivo ha regalato dei brividi che da cinefilo non ho mai provato in nessun film in virtu' di immagini irripetibili e mai viste in nessun film prima fra tutti il finale con la donna-mongolfiera, il museo degli orgasmi, il treno che deflora il tunnel ecc. il cinema onirico è questo non si occupa troppo di analizzare la storia della società si limita semmai a punatre il dito (come avviene quando sognamo) prendi Un cane andaluso di Bunuel parla di due amanti che vogliono liberarsi dalle convenzioni morali dell'epoca mica aveva la pretesa di rappresentare tutti i giovani del tempo pero' è entrato nella storia el cinema, e poi sappiamo che Mastroianni era l'alter ego di Fellini e Fellini era un po' libertino (dai suoi disegni traspare una forte sessualita') percui era naturale che scegliesse la figura di un protagonista latin lover che meglio poteva descrivere. Probabilmente  da spettatore intelligente e più' razionale preferisci un altro genere di film che ti rispecchia maggiormente.

il guaio del cinema ai tempi di fellini  e più che mai adesso  e che tutto viene visto attraverso gli occhiali mentali del preconcetto e del pregiudizio politico,  non c'e' manifestazione artistica di libero pensiero che parta in qualche modo  "vergine" nelle proprie intenzioni e arrivi inevitabilmente stuprata fraintesa e travisata agli occhi del pubblico che le guarda,  non esiste più l'innocenza che secondo me c'era una volta nello scambio di sensibilità umana che intercorre tra l'artista e spettatore,  oggi dopo lustri nei quali e' lo spettatore sodomizzato dall'ideologia politica che inconsciamente stabilisce  cosa del messaggio dell'artista passa in se stesso e di conseguenza nella societa'  lo stesso cinema ha finito per prostituirsi a questa logica in virtu della quale in un circolo vizioso che si autoalimenta lo spettatore si fissa sempre più nelle convinzioni da quello che ad esempio vede proprio nel cinema  e il cinema che si struttura per assecondare servizievole  quello che lo spettatore vuole vedere,  cioe' entrambi si meritano entrambi   
da notare che attraverso queste vere e proprie spirali culturali centripete dalla valenza di sindrome una societa' intera puo arrivare a imprigionarsi da sola dentro a una ideologia dentro a una formula politica dentro a una corrente di pensiero 

ribadisco il rispetto per il cinema ma continuo a credere che dai tempi  delle opere di Georges Méliès (viaggio sulla luna) in cui anche per la freschezza e la novità del cinema appena nato ancora adesso si rimane rapiti dalla "purezza incorrotta" del suo charme cinematografico   oggi a prescindere dalle produzioni a prescindere dallo stesso fellini al quale voglio concedere (a fatica)  tutto il credito di buona fede che si vuole  semplicemente costatando come dopo le parole anche le immagini da tempo fanno sempre più fatica a suscitare sorpresa, meraviglia, stupore, possiamo dire che per impraticabilità sostanziale e concreta di "comunicare"  non c'e' più stato spazio per un cinema visionario e onirico, fellini abbisognava di un pubblico di adulti-bambini con ancora un certo grado di "innocenza"  ma già allora e ripeto più che mai adesso dove anche i bambini paiono degli "adulti in scala"  fare del cinema di questo tipo significa ritrovarsi solo parte dell'aristocratico catalogo intellettualoide naif/radical chic del mondo artistico autoreferenziale attuale dove se la suonano e se la cantano (festival oscar ecc)  dove l'opera sul credito dell'artista anche se e' una mer**  assurge per cio' stesso a quello status di esclusività ermeneutica che solo l'artista o il suo mondo di riferimento e' titolato a comprendere e giudicare ovviamente quasi sempre in modo positivo
da notare come in tutta questa logica la quasi totalita' del pubblico si sia volutamente e arrogantemente persa per strada e con essa anche il senso ultimo dell'arte, infatti spesso ho notato in altre sedi che criticare artisti come fellini significa tirarsi addosso una schitstorm di insulti, ignorante provinciale arretrato ecc ecc   

Io non vedo più' il cinema italiano da quando è morto Leone  perchè per me è praticamente morto anche il cinema italiano pero' ti posso dire che il fatto che un regista esprima un ideale politico se è genuino non deve essere preso per un demerito, avrai visto Metropolis di Lang è un film  antiliberista eppure è un buon film con scenografie esterne che sembrano create oggi, come Shining di Kubrick è un film antiamericano, come il cinema surreale è un cinema anarchico, io che sono contro il globalismo se dovesi fare un opera d arte mi esprimerei solo con quel messaggio; diverso è il discorso dei nostri partiti "di sinistra" che magari manipolano autori neutrali per propagandare le loro idee con film tipo "Diverso da chi?" sull'era delle felici coppie gay con propaganda occulta al Pd, anche se bisogna ricordare che quasi tutto il mondo del cinema è composto da piddini. Magari ti riferisci a queste operazioni di propaganda che sanno tanto di costruito già dai trailer e che vincono premi appunto politici come il blasonato Fuocoammare il film sugli immigrati irregolari che approdano da noi. Fim da evitare.

penso che il cinema come la musica la letteratura in quanto forme artistiche siano oggi la parodia di quello che erano una volta (non a caso oggi e' tutto un revival di cantanti di film di scrittori di un tempo )  come un filone aurifero esaurito tutte queste forme di espressione oggi scontano il rinsecchirsi della stessa creatività umana  in definitiva della stessa positività del vivere  in pratica estrinsecano la sostanziale "disperazione" del vivere contemporaneo
in questo senso la cosa che mi angoscia valutando questo trend e' la costatazione che prendendo ad esempio l'arte cinematografica con fellini, bertolucci, zeffirelli, e altri  incluso  anche per me  "l'immenso" sergio leone  per la cultura italiana si e' chiusa una stagione si e' chiusa un'epoca  anzi si e' chiusa un'era

un'era nella quale prendendo ad esempio sergio leone per stessa ammissione di attori e cineasti americani, la qualita del suo prodotto cinematografico li aveva non superati  ma umiliati  (il finale del il buono il brutto il cattivo con la musica di morricone resterà in eterno una specie di assoluto inarrivabile)
ecco constatare come da sergio leone con tutta la sua meravigliosa squadra di assistenti  si sia passati ai cinepanettoni dei vanzina dove nel tempo di una scena di leone questi qua al grido de: buona la prima"  ti fanno  un paio di pellicole   vedere come da attori strutturati e completi di spessore recitativo come mastroianni, gassman, o sordi,  siamo passati ai pozzetto e ai boldi vari    vedere anche (e questo nell'ambito della questione maschile e forse la cosa che merita più approfondimento)  si siano gradualmente e inesorabilmente depauperati, sminuiti, dileggiati, disprezzati, e adesso demonizzati i valori costitutivi della virilità maschile:  onore, coraggio, fermezza, risolutezza, tenacia ecc    valori che sono stati scissi dalla natura ontologica maschile e si sono resi "disponibili" alla volubilità dell'interpretazione relativa delle mode ideologico-culturali dominanti  cosi che oggi essere maschio oltre al dato fisico anch'esso sempre più sotto attacco  se ti va bene sul piano identitario bisogna subirsi i modelli comportamentali omo trans lgbt ecc   se ti va male perche magari ci si  ostina a rimanere semplicemente un maschio "come natura comanda"   ti becchi ogni sorta di diffamazione e di denigrazione criminalizzante 

ipotizzando che sergio leone fosse ancora vivo e in attività oggi gli verrebbe sicuramente impedito dalla lurida "morale" politicamente corretta di fare i suoi film anzi probabilmente sarebbe già' all'estero con una condanna in contumacia per apologia di maschilismo tossico, e magari lo stesso fellini se non si fosse del tutto rimesso agli standard della "deontologia" progressista che oggi impone in modo coatto al mondo del cinema soggetti, trame, testi, sceneggiature, e anche il cast,  oggi avrebbe fatto la fine di quello che e' successo in ambito letterario alla fallaci o a gianpaolo pansa
anche attraverso il cinema e con esso tutta la sua filiera culturale che va dagli attori ai premi e alle mostre internazionali, si puo vedere come oggi tutto l'ambito creativo dell'arte e' di fatto politicizzato e ideologizzato non si salva niente  ......non si DEVE salvare niente
l'ultimo fortino e rimasta la nostra coscienza  dove possiamo tenere al sicuro la nostra consapevolezza di essere dei maschi liberi e "oggettivi"  se si vogliono cambiare le cose sul fronte della Q.M. e sempre da li che si deve partire     
Un uomo che è un uomo DEVE credere in qualcosa (dal film: il mio nome è nessuno)

Finnegan

Oggi Leone non sarebbe neppure regista, probabilmente lavorerebbe nella movimentazione merci. Questo articolo spiega perché:

Di Sergio Cori Modigliani

ECCO COME E PERCHE' "LA GRANDE BELLEZZA" DI PAOLO SORRENTINO HA VINTO L'OSCAR
Postato il Mercoledì, 05 marzo @ 06:27:09 GMT di davide   
       
DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI
http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it"

...Il film è stato prodotto da un importante rampollo della dinastia Letta, il cugino dell'ex premier.
Si chiama Giampaolo Letta, è uno dei quattro baroni del cinema italiano (lui è il più importante, non a caso è un altro dei nipotini) il cui compito principale consiste nell'impedire che in Italia esista e si manifesti il libero mercato multimediale, mantenendo un capillare controllo partitico dittatoriale sull'industria cinematografica. E' l'amministratore delegato della Medusa film, il cui 100% delle azioni appartiene a Mediaset.
Il vero oscar, quindi (in Usa conta il produttore, essendo il padre del film) lo ha vinto Silvio Berlusconi, al quale va tutto il merito per aver condotto in porto questo business nostrano.
Ma nessuno in Italia lo ha detto.
E' un prodotto PDL-PD-Lega Nord tutti insieme appassionatamente.



In teoria (ma soltanto in teoria) è stato prodotto da Nicola Giuliano e Francesca Cima (quota PD di stretta marca burocratica di scuola veltroniana) per conto della Indigo Film, i quali -senza Berlusconi- non sarebbero stati in grado neppure di pagarsi le spese dell'ufficio, dato che su 9 milioni di euro di budget, il buon Berluska ne ha messi 6,5. E' stata buttata dentro anche la Lega Nord, che ha partecipato con la Banca Popolare di Vicenza (500 mila euro come favore amicale) e con la sponsorizzazione del Biscottificio Verona (in tutto il film non si vede neppure una volta qualcuno mangiare uno dei suoi biscotti), entrambe le aziende vogliose di entrare nel grande giro (sono bastate due telefonate per convincerli).

Grazie alla malleverie politiche, attraverso fondazioni di partito hanno ottenuto altri 2 milioni di euro incrociati: il PD se li è fatti dare grazie al solerte lavoro di relazioni europee attraverso il "programma Media Europa" (650 mila euro) mentre Renata Polverini ha partecipato alla produzione dando 500 mila euro per conto della Presidenza Regione Lazio attraverso il "fondo per il cinema e audiovisivi per il rilancio delle attività cinematografiche dei giovani" (soldi che ha dato a Giampaolo Letta, sulla carta lui sarebbe "il giovane" che andava aiutato). Nicola Giuliano ha messo su la squadra partitica. In teoria fa il produttore, ma fa anche il docente, il consulente.Ha la cattedra al corso di produzione della Scuola nazionale di cinema di Roma, ma allo stesso tempo ha anche la cattedra di docente di produzione cinematografica presso l'Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, oltre che docente di "low cost production" a San Antonio De los Banos nell'isola di Cuba e consulente per la Rai. E' un funzionario tuttofare che mette su pacchetti partitici, il che poco ha a che fare con il cinema, ma molto ha a che vedere con l'idea italiana di come si fa il cinema.

O meglio: molto ha a che fare con l'idea di come si uccide e si annienta una cinematografia.

Secondo gli esaltatori di questo "prodotto Italia", il film vincente aprirebbe la strada a investimenti, stimolando i giovani autori e lanciando il nuovo cinema italiano; mentre, invece, l'unico risultato che otterrà sarà quello di far capire a tutti, come severo ammonimento, che "o prendete la tessera di Forza Italia/PD oppure non lavorate" chiarendo a chiunque intenda investire anche 1 euro nel cinema che bisogna però passare attraverso la griglia dell'italianità partitica, il che metterà in fuga chi di cinema si occupa e attirerà invece squali di diversa natura il cui unico obiettivo consiste nel fare affari lucrosi in Italia con Berlusconi e il PD, in tutt'altri lidi.

I giovani autori, i cineasti italiani in erba, le giovani produzioni speranzose, il cinema indipendente, ricevono da questo premio un danno colossale perchè il segnale che viene dato loro è quella della contundente italianità, quella della Grande Ipocrisia, la vera cifra di questo paese che si rifiuta di aprire il mercato ai meritevoli, ai competenti, a quelli senza tessera.

Il film ha vinto esattamente nello stesso modo in cui aveva vinto "Nuovo cinema Paradiso" nel 1990.

Due parole tecniche per spiegarvi come funziona il meccanismo di votazione dell'oscar.

Per votare bisogna essere iscritti al MPAA (Motion Pictures Academy of Art) e bisogna essere sindacalizzati; dal 1960 vale anche il principio per cui chi è disoccupato non vota, nel senso che bisogna dimostrare con documenti alla mano che "si sta lavorando" da almeno gli ultimi 24 mesi ininterrottamente, garantendosi in tal modo il voto di chi sta veramente dentro al mercato. Perchè per gli americani l'unica cosa che conta per davvero è il mercato, per questo Woody Allen (autore indipendente) detesta Hollywood e non ci va mai, la considera una truffa. I votanti sono all'incirca 6.000 e sono presenti tutte le categorie dei lavoratori (si chiamano industry workers): produttori, registi, sceneggiatori, direttori di fotografia, macchinisti, tecnici del suono, delle luci, scenografi, sarti, guardarobiere, guardie di sicurezza, perfino i gestori degli appalti per gestire i catering sul set, ecc. Ogni voto vale uno, il che vuol dire che il voto di Steven Spielberg vale quanto quello di un ragazzino il cui lavoro consiste nel tenere l'asta del microfono in direzione della bocca del divo di turno nel corso delle riprese, purchè lo faccia da almeno due anni e paghi i contributi. Quando si avvicina il giorno della votazione scattano i cosiddetti "pacchetti" e a Los Angeles la lotta è furibonda e comincia la caccia già verso i primi di novembre, con i responsabili marketing degli "studios" (sarebbero le grandi majors) che minacciano, ricattano, assumono, licenziano, per convincere chi ha bisogno di lavorare a votare per chi dicono loro. Per ciò che riguarda i film stranieri la procedura è la stessa ma su un altro binario: vale il cosiddetto "principio Hoover" lanciato dal capo del FBI alla fine degli anni'50: vince la nazione che più di ogni altra in assoluto farà fare affari alle sei grosse produzioni che contano, acquistando i suoi prodotti. E' il motivo per cui l'Italia è la nazione al mondo che ha collezionato più oscar di tutti (la più serva e deferente) e la Russia e il Giappone quelle che ne hanno presi di meno. Quando l'Italia, per motivi politici (o di affari) ha bisogno dell'oscar, allora costruisce un poderoso business (per la serie: vi compro questi quattro telefilm che nessuno al mondo vuole e ve li pago tre volte il suo valore) e lo va a proporre a società di intermediazione di Los Angeles collegate ai due sindacati più potenti californiani, da 40 anni gestiti da famiglie calabresi e siciliane, quelli che danno lavoro alla manovalanza tecnica e gestiscono i pacchetti, dato che controllano il 65% dei voti complessivi. Per i film stranieri bisogna avere un forte "endorsement", ovvero un sostegno di persona nota nell'industria che garantisce a nome dei sindacati, come è avvenuto quest'anno con Martin Scorsese che si è fatto il giro presso la comunità di amici degli amici a Brooklyn.

Nel 1989 accadde la stessa cosa: Berlusconi doveva entrare nel mercato americano per mettere su un gigantesco business (quello per il quale è stato definitivamente condannato dalla Cassazione, il cosiddetto "processo media-trade"); doveva entrare a Hollywood dalla porta principale con la Pentafilm. Ma non c'erano film italiani che valessero, era già piombata la mannaia dei partiti, tanto è vero che perfino il compianto Fellini girava a vuoto da un produttore all'altro ed era disoccupato, motivo per cui finì per ammalarsi. Alla fine, l'abile Berlusconi riuscì a convincere il più intelligente e bravo produttore di quei tempi (che se la passava maluccio) Franco Cristaldi, a dargli un prodotto perchè lui doveva vincere comunque. Cristaldi era disperato e non sapeva che cosa fare perchè non poteva fare delle figuracce con gli americani che conoscono il buon cinema e non è facile ingannarli, ma si fece venire in mente un'idea geniale. Aveva fatto una marchetta con Raitre e aveva prodotto un film "Nuovo Cinema Paradiso" che era stato un flop clamoroso, sia alla tivvù, con indici di ascolto minimi, che al cinema, dove era uscito e dopo dieci giorni era stato ritirato per mancanza di pubblico. Il film durava 155 minuti ed era, francamente inguardabile, di una noia mortale. Senza dire nulla al regista, Cristaldi ci lavorò da solo -letteralmente- per tre mesi. Rimontò totalmente il film, tagliò e buttò via 72 minuti e usando dei filtri cambiò anche le luci, riuscendo anche a modificare dei dialoghi. Lo fece uscire in Usa dove ottenne un buon successo di critica, sufficiente per passare. Berlusconi fu contento ma non gli diede ciò che era stato pattuito. Il giorno in cui Tornatore prese l'oscar, nel 1990, accadde un fatto inaudito per la comunità hollywoodiana. La statuetta venne data al regista e all'improvviso Franco Cristaldi fece un salto sul palco, si avvicinò, strappò di mano la statuetta a Tornatore, prese il microfono in mano e disse "questo oscar è mio, questo premio l'ho vinto io, questo è il mio film, questo è un film del produttore". Fu l'inizio della fine della sua carriera in Italia, perchè il giorno dopo l'intera critica statunitense (in Italia non venne mai fatta neppure menzione degli eventi) lo volle intervistare e lui raccontò come i partiti stessero distruggendo quella che un tempo era stata una delle più importanti industrie cinematografiche del mondo. Lo scaricarono tutti in Italia e finì per lavorare all'estero. Di lì a qualche anno morì. Fu in quell'occasione che Tornatore, in una intervista, spiegò come si faceva il regista in Italia: "Bisogna occuparsi di politica, quella è la strada. Io mi sono iscritto al PCI e poi sono riuscito a farmi eleggere alle elezioni comunali in un piccolo paesino della Calabria dove sono diventato assessore. Mi davano da firmare delle carte e io firmavo senza neppure leggerle, dovevo fare soltanto quello. Dopo un po' di tempo mi hanno detto che potevo anche dimettermi e andare a Roma a fare i film". Aveva ragione lui: in Italia funziona così.
24 anni dopo è la stessa cosa, con l'aggravante del tempo trascorso.

"La Grande Bellezza" appartiene a questo filone dell'italianità e il solo fatto di accostarlo a Fellini o a De Sica è un insulto all'intelligenza collettiva della nazione: è una marchetta politica.

E si vede, si sente, lo si capisce; nell'arte non si riesce a mentire perchè l'arte è basata su uno squisito paradosso: poichè è finzione totale -e quindi menzogna pura- chi la produce non può darla ad intendere perchè la verità sottostante salta sempre fuori.
E' la cartolina di un piccolo-borghese costruita (a tavolino) per venire incontro agli stereotipi degli americani votanti, attraverso un'operazione intellettualistica che non regala emozioni, ma soltanto suggestioni di provenienza pubblicitaria marketing negativa. In maniera ingegnosa e diabolicamente perversa propone delle maschere in un paese dove la verità artistica passa, invece, nella necessità dello smascheramento, cioè nel suo opposto.

E' la quintessenza del paradosso italiano trasformato nel consueto ossimoro: un brutto film che si pone e si qualifica come la Grande Bellezza; proprio come Mario Monti che lanciò il decreto "salva Italia" che ha affondato il paese e Letta (Enrico) che lanciò il "governo del fare" licenziato dopo pochi mesi perchè non è riuscito a fare nulla.

Il film, davvero noioso e privo di spessore, è un prodotto subliminare, promosso dai partiti politici italiani al governo solo e soltanto dopo che i due protagonisti, Toni Servillo e Paolo Sorrentino, si sono messi pubblicamente a disposizione della famiglia Letta. Il film, infatti, doveva uscire a settembre del 2013, ma hanno anticipato l'uscita a giugno perchè era il momento in cui era assolutamente necessario usare ogni mezzo per poter azzannare l'opposizione. Il 7 giugno del 2013, Servillo e Sorrentino, vengono invitati da Lilli Gruber nella sua trasmissione "8 e 1/2" per l'emittente La7. L'intervista dura 32 minuti. I primi 20 minuti sono noiosi e si parla del film che, si capisce da come andava l'intervista, nessuno avrebbe mai visto. Dal 21esimo minuto in poi, avviene la svolta, fino alla fine. L'attore e il regista, ben imboccati dalla Gruber, si lanciano in un attacco politico personale contro Beppe Grillo e il M5s. Un fatto che non aveva alcun senso, dato che si trattava di un film che nulla -per nessun motivo- aveva a che fare con la vita politica italiana e con il dibattito in corso. Servillo fu durissimo nel sostenere a un certo punto che "mi faccio dei nemici ma me li faccio volentieri" spiegando ai telespettatori (che pensavano di ascoltare un attore che parlava di cinema) come "Grillo ripropone un'immagine di leader vecchio che passa da Masaniello a Berlusconi" -cioè il suo produttore- "e usa un linguaggio violento....". Sorrentino gli andò dietro e insieme, per dei motivi incomprensibili a chiunque si occupi di cinema in qualunque parte del mondo (tranne che in Italia) spiegavano che il M5s "è un movimento che vuole togliere la sovranità al parlamento".

Da quel momento i due sono andati in giro a promuovere il loro film in ambito politico nazionale allertando la popolazione sul pericolo rappresentato dal M5s e così, l'establishment nazionale, l'ha imposto come moda propagandandolo in maniera esorbitante.
Riguardando quell'intervista, ho scoperto, pertanto, che Toni Servillo ha stabilito che io sono un suo nemico.
Non lo sapevo.

Ieri sera, la Gruber, sempre attenta nel rispettare i codici della rappresentanza che conta, ha dedicato un'altra intervista al film, ma in questo caso ha invitato Walter Veltroni.

Forse c'è stato qualche telespettatore che si sarà chiesto "ma che cosa c'entra con questo film?".

Appunto.

Sergio Di Cori Modligiani
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Junio1

Citazione di: johann il 16 Settembre 2020, 12:10:13 PM
Citazione di: Junio il 14 Settembre 2020, 09:28:18 PM
Citazione di: johann il 14 Settembre 2020, 07:18:38 AM
Citazione di: Junio il 12 Settembre 2020, 06:10:27 PM
Io penso che La città delle donne come film onirico e non satirico sia solo un gioco di suggestioni appunto oniriche  che a me che sono emotivo ha regalato dei brividi che da cinefilo non ho mai provato in nessun film in virtu' di immagini irripetibili e mai viste in nessun film prima fra tutti il finale con la donna-mongolfiera, il museo degli orgasmi, il treno che deflora il tunnel ecc. il cinema onirico è questo non si occupa troppo di analizzare la storia della società si limita semmai a punatre il dito (come avviene quando sognamo) prendi Un cane andaluso di Bunuel parla di due amanti che vogliono liberarsi dalle convenzioni morali dell'epoca mica aveva la pretesa di rappresentare tutti i giovani del tempo pero' è entrato nella storia el cinema, e poi sappiamo che Mastroianni era l'alter ego di Fellini e Fellini era un po' libertino (dai suoi disegni traspare una forte sessualita') percui era naturale che scegliesse la figura di un protagonista latin lover che meglio poteva descrivere. Probabilmente  da spettatore intelligente e più' razionale preferisci un altro genere di film che ti rispecchia maggiormente.

il guaio del cinema ai tempi di fellini  e più che mai adesso  e che tutto viene visto attraverso gli occhiali mentali del preconcetto e del pregiudizio politico,  non c'e' manifestazione artistica di libero pensiero che parta in qualche modo  "vergine" nelle proprie intenzioni e arrivi inevitabilmente stuprata fraintesa e travisata agli occhi del pubblico che le guarda,  non esiste più l'innocenza che secondo me c'era una volta nello scambio di sensibilità umana che intercorre tra l'artista e spettatore,  oggi dopo lustri nei quali e' lo spettatore sodomizzato dall'ideologia politica che inconsciamente stabilisce  cosa del messaggio dell'artista passa in se stesso e di conseguenza nella societa'  lo stesso cinema ha finito per prostituirsi a questa logica in virtu della quale in un circolo vizioso che si autoalimenta lo spettatore si fissa sempre più nelle convinzioni da quello che ad esempio vede proprio nel cinema  e il cinema che si struttura per assecondare servizievole  quello che lo spettatore vuole vedere,  cioe' entrambi si meritano entrambi   
da notare che attraverso queste vere e proprie spirali culturali centripete dalla valenza di sindrome una societa' intera puo arrivare a imprigionarsi da sola dentro a una ideologia dentro a una formula politica dentro a una corrente di pensiero 

ribadisco il rispetto per il cinema ma continuo a credere che dai tempi  delle opere di Georges Méliès (viaggio sulla luna) in cui anche per la freschezza e la novità del cinema appena nato ancora adesso si rimane rapiti dalla "purezza incorrotta" del suo charme cinematografico   oggi a prescindere dalle produzioni a prescindere dallo stesso fellini al quale voglio concedere (a fatica)  tutto il credito di buona fede che si vuole  semplicemente costatando come dopo le parole anche le immagini da tempo fanno sempre più fatica a suscitare sorpresa, meraviglia, stupore, possiamo dire che per impraticabilità sostanziale e concreta di "comunicare"  non c'e' più stato spazio per un cinema visionario e onirico, fellini abbisognava di un pubblico di adulti-bambini con ancora un certo grado di "innocenza"  ma già allora e ripeto più che mai adesso dove anche i bambini paiono degli "adulti in scala"  fare del cinema di questo tipo significa ritrovarsi solo parte dell'aristocratico catalogo intellettualoide naif/radical chic del mondo artistico autoreferenziale attuale dove se la suonano e se la cantano (festival oscar ecc)  dove l'opera sul credito dell'artista anche se e' una mer**  assurge per cio' stesso a quello status di esclusività ermeneutica che solo l'artista o il suo mondo di riferimento e' titolato a comprendere e giudicare ovviamente quasi sempre in modo positivo
da notare come in tutta questa logica la quasi totalita' del pubblico si sia volutamente e arrogantemente persa per strada e con essa anche il senso ultimo dell'arte, infatti spesso ho notato in altre sedi che criticare artisti come fellini significa tirarsi addosso una schitstorm di insulti, ignorante provinciale arretrato ecc ecc   

Io non vedo più' il cinema italiano da quando è morto Leone  perchè per me è praticamente morto anche il cinema italiano pero' ti posso dire che il fatto che un regista esprima un ideale politico se è genuino non deve essere preso per un demerito, avrai visto Metropolis di Lang è un film  antiliberista eppure è un buon film con scenografie esterne che sembrano create oggi, come Shining di Kubrick è un film antiamericano, come il cinema surreale è un cinema anarchico, io che sono contro il globalismo se dovesi fare un opera d arte mi esprimerei solo con quel messaggio; diverso è il discorso dei nostri partiti "di sinistra" che magari manipolano autori neutrali per propagandare le loro idee con film tipo "Diverso da chi?" sull'era delle felici coppie gay con propaganda occulta al Pd, anche se bisogna ricordare che quasi tutto il mondo del cinema è composto da piddini. Magari ti riferisci a queste operazioni di propaganda che sanno tanto di costruito già dai trailer e che vincono premi appunto politici come il blasonato Fuocoammare il film sugli immigrati irregolari che approdano da noi. Fim da evitare.

penso che il cinema come la musica la letteratura in quanto forme artistiche siano oggi la parodia di quello che erano una volta (non a caso oggi e' tutto un revival di cantanti di film di scrittori di un tempo )  come un filone aurifero esaurito tutte queste forme di espressione oggi scontano il rinsecchirsi della stessa creatività umana  in definitiva della stessa positività del vivere  in pratica estrinsecano la sostanziale "disperazione" del vivere contemporaneo
in questo senso la cosa che mi angoscia valutando questo trend e' la costatazione che prendendo ad esempio l'arte cinematografica con fellini, bertolucci, zeffirelli, e altri  incluso  anche per me  "l'immenso" sergio leone  per la cultura italiana si e' chiusa una stagione si e' chiusa un'epoca  anzi si e' chiusa un'era

un'era nella quale prendendo ad esempio sergio leone per stessa ammissione di attori e cineasti americani, la qualita del suo prodotto cinematografico li aveva non superati  ma umiliati  (il finale del il buono il brutto il cattivo con la musica di morricone resterà in eterno una specie di assoluto inarrivabile)
ecco constatare come da sergio leone con tutta la sua meravigliosa squadra di assistenti  si sia passati ai cinepanettoni dei vanzina dove nel tempo di una scena di leone questi qua al grido de: buona la prima"  ti fanno  un paio di pellicole   vedere come da attori strutturati e completi di spessore recitativo come mastroianni, gassman, o sordi,  siamo passati ai pozzetto e ai boldi vari    vedere anche (e questo nell'ambito della questione maschile e forse la cosa che merita più approfondimento)  si siano gradualmente e inesorabilmente depauperati, sminuiti, dileggiati, disprezzati, e adesso demonizzati i valori costitutivi della virilità maschile:  onore, coraggio, fermezza, risolutezza, tenacia ecc    valori che sono stati scissi dalla natura ontologica maschile e si sono resi "disponibili" alla volubilità dell'interpretazione relativa delle mode ideologico-culturali dominanti  cosi che oggi essere maschio oltre al dato fisico anch'esso sempre più sotto attacco  se ti va bene sul piano identitario bisogna subirsi i modelli comportamentali omo trans lgbt ecc   se ti va male perche magari ci si  ostina a rimanere semplicemente un maschio "come natura comanda"   ti becchi ogni sorta di diffamazione e di denigrazione criminalizzante 

ipotizzando che sergio leone fosse ancora vivo e in attività oggi gli verrebbe sicuramente impedito dalla lurida "morale" politicamente corretta di fare i suoi film anzi probabilmente sarebbe già' all'estero con una condanna in contumacia per apologia di maschilismo tossico, e magari lo stesso fellini se non si fosse del tutto rimesso agli standard della "deontologia" progressista che oggi impone in modo coatto al mondo del cinema soggetti, trame, testi, sceneggiature, e anche il cast,  oggi avrebbe fatto la fine di quello che e' successo in ambito letterario alla fallaci o a gianpaolo pansa
anche attraverso il cinema e con esso tutta la sua filiera culturale che va dagli attori ai premi e alle mostre internazionali, si puo vedere come oggi tutto l'ambito creativo dell'arte e' di fatto politicizzato e ideologizzato non si salva niente  ......non si DEVE salvare niente
l'ultimo fortino e rimasta la nostra coscienza  dove possiamo tenere al sicuro la nostra consapevolezza di essere dei maschi liberi e "oggettivi"  se si vogliono cambiare le cose sul fronte della Q.M. e sempre da li che si deve partire   

In questo sono d'accordo, oltretutto non ci sono più' neanche i produttori di una volta che amavano il cinema vero e rischiavano in proprio.

Junio1

Citazione di: Finnegan il 16 Settembre 2020, 04:23:02 PM
Oggi Leone non sarebbe neppure regista, probabilmente lavorerebbe nella movimentazione merci. Questo articolo spiega perché:

Di Sergio Cori Modigliani

ECCO COME E PERCHE' "LA GRANDE BELLEZZA" DI PAOLO SORRENTINO HA VINTO L'OSCAR
Postato il Mercoledì, 05 marzo @ 06:27:09 GMT di davide   
       
DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI
http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it"

...Il film è stato prodotto da un importante rampollo della dinastia Letta, il cugino dell'ex premier.
Si chiama Giampaolo Letta, è uno dei quattro baroni del cinema italiano (lui è il più importante, non a caso è un altro dei nipotini) il cui compito principale consiste nell'impedire che in Italia esista e si manifesti il libero mercato multimediale, mantenendo un capillare controllo partitico dittatoriale sull'industria cinematografica. E' l'amministratore delegato della Medusa film, il cui 100% delle azioni appartiene a Mediaset.
Il vero oscar, quindi (in Usa conta il produttore, essendo il padre del film) lo ha vinto Silvio Berlusconi, al quale va tutto il merito per aver condotto in porto questo business nostrano.
Ma nessuno in Italia lo ha detto.
E' un prodotto PDL-PD-Lega Nord tutti insieme appassionatamente.



In teoria (ma soltanto in teoria) è stato prodotto da Nicola Giuliano e Francesca Cima (quota PD di stretta marca burocratica di scuola veltroniana) per conto della Indigo Film, i quali -senza Berlusconi- non sarebbero stati in grado neppure di pagarsi le spese dell'ufficio, dato che su 9 milioni di euro di budget, il buon Berluska ne ha messi 6,5. E' stata buttata dentro anche la Lega Nord, che ha partecipato con la Banca Popolare di Vicenza (500 mila euro come favore amicale) e con la sponsorizzazione del Biscottificio Verona (in tutto il film non si vede neppure una volta qualcuno mangiare uno dei suoi biscotti), entrambe le aziende vogliose di entrare nel grande giro (sono bastate due telefonate per convincerli).

Grazie alla malleverie politiche, attraverso fondazioni di partito hanno ottenuto altri 2 milioni di euro incrociati: il PD se li è fatti dare grazie al solerte lavoro di relazioni europee attraverso il "programma Media Europa" (650 mila euro) mentre Renata Polverini ha partecipato alla produzione dando 500 mila euro per conto della Presidenza Regione Lazio attraverso il "fondo per il cinema e audiovisivi per il rilancio delle attività cinematografiche dei giovani" (soldi che ha dato a Giampaolo Letta, sulla carta lui sarebbe "il giovane" che andava aiutato). Nicola Giuliano ha messo su la squadra partitica. In teoria fa il produttore, ma fa anche il docente, il consulente.Ha la cattedra al corso di produzione della Scuola nazionale di cinema di Roma, ma allo stesso tempo ha anche la cattedra di docente di produzione cinematografica presso l'Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, oltre che docente di "low cost production" a San Antonio De los Banos nell'isola di Cuba e consulente per la Rai. E' un funzionario tuttofare che mette su pacchetti partitici, il che poco ha a che fare con il cinema, ma molto ha a che vedere con l'idea italiana di come si fa il cinema.

O meglio: molto ha a che fare con l'idea di come si uccide e si annienta una cinematografia.

Secondo gli esaltatori di questo "prodotto Italia", il film vincente aprirebbe la strada a investimenti, stimolando i giovani autori e lanciando il nuovo cinema italiano; mentre, invece, l'unico risultato che otterrà sarà quello di far capire a tutti, come severo ammonimento, che "o prendete la tessera di Forza Italia/PD oppure non lavorate" chiarendo a chiunque intenda investire anche 1 euro nel cinema che bisogna però passare attraverso la griglia dell'italianità partitica, il che metterà in fuga chi di cinema si occupa e attirerà invece squali di diversa natura il cui unico obiettivo consiste nel fare affari lucrosi in Italia con Berlusconi e il PD, in tutt'altri lidi.

I giovani autori, i cineasti italiani in erba, le giovani produzioni speranzose, il cinema indipendente, ricevono da questo premio un danno colossale perchè il segnale che viene dato loro è quella della contundente italianità, quella della Grande Ipocrisia, la vera cifra di questo paese che si rifiuta di aprire il mercato ai meritevoli, ai competenti, a quelli senza tessera.

Il film ha vinto esattamente nello stesso modo in cui aveva vinto "Nuovo cinema Paradiso" nel 1990.

Due parole tecniche per spiegarvi come funziona il meccanismo di votazione dell'oscar.

Per votare bisogna essere iscritti al MPAA (Motion Pictures Academy of Art) e bisogna essere sindacalizzati; dal 1960 vale anche il principio per cui chi è disoccupato non vota, nel senso che bisogna dimostrare con documenti alla mano che "si sta lavorando" da almeno gli ultimi 24 mesi ininterrottamente, garantendosi in tal modo il voto di chi sta veramente dentro al mercato. Perchè per gli americani l'unica cosa che conta per davvero è il mercato, per questo Woody Allen (autore indipendente) detesta Hollywood e non ci va mai, la considera una truffa. I votanti sono all'incirca 6.000 e sono presenti tutte le categorie dei lavoratori (si chiamano industry workers): produttori, registi, sceneggiatori, direttori di fotografia, macchinisti, tecnici del suono, delle luci, scenografi, sarti, guardarobiere, guardie di sicurezza, perfino i gestori degli appalti per gestire i catering sul set, ecc. Ogni voto vale uno, il che vuol dire che il voto di Steven Spielberg vale quanto quello di un ragazzino il cui lavoro consiste nel tenere l'asta del microfono in direzione della bocca del divo di turno nel corso delle riprese, purchè lo faccia da almeno due anni e paghi i contributi. Quando si avvicina il giorno della votazione scattano i cosiddetti "pacchetti" e a Los Angeles la lotta è furibonda e comincia la caccia già verso i primi di novembre, con i responsabili marketing degli "studios" (sarebbero le grandi majors) che minacciano, ricattano, assumono, licenziano, per convincere chi ha bisogno di lavorare a votare per chi dicono loro. Per ciò che riguarda i film stranieri la procedura è la stessa ma su un altro binario: vale il cosiddetto "principio Hoover" lanciato dal capo del FBI alla fine degli anni'50: vince la nazione che più di ogni altra in assoluto farà fare affari alle sei grosse produzioni che contano, acquistando i suoi prodotti. E' il motivo per cui l'Italia è la nazione al mondo che ha collezionato più oscar di tutti (la più serva e deferente) e la Russia e il Giappone quelle che ne hanno presi di meno. Quando l'Italia, per motivi politici (o di affari) ha bisogno dell'oscar, allora costruisce un poderoso business (per la serie: vi compro questi quattro telefilm che nessuno al mondo vuole e ve li pago tre volte il suo valore) e lo va a proporre a società di intermediazione di Los Angeles collegate ai due sindacati più potenti californiani, da 40 anni gestiti da famiglie calabresi e siciliane, quelli che danno lavoro alla manovalanza tecnica e gestiscono i pacchetti, dato che controllano il 65% dei voti complessivi. Per i film stranieri bisogna avere un forte "endorsement", ovvero un sostegno di persona nota nell'industria che garantisce a nome dei sindacati, come è avvenuto quest'anno con Martin Scorsese che si è fatto il giro presso la comunità di amici degli amici a Brooklyn.

Nel 1989 accadde la stessa cosa: Berlusconi doveva entrare nel mercato americano per mettere su un gigantesco business (quello per il quale è stato definitivamente condannato dalla Cassazione, il cosiddetto "processo media-trade"); doveva entrare a Hollywood dalla porta principale con la Pentafilm. Ma non c'erano film italiani che valessero, era già piombata la mannaia dei partiti, tanto è vero che perfino il compianto Fellini girava a vuoto da un produttore all'altro ed era disoccupato, motivo per cui finì per ammalarsi. Alla fine, l'abile Berlusconi riuscì a convincere il più intelligente e bravo produttore di quei tempi (che se la passava maluccio) Franco Cristaldi, a dargli un prodotto perchè lui doveva vincere comunque. Cristaldi era disperato e non sapeva che cosa fare perchè non poteva fare delle figuracce con gli americani che conoscono il buon cinema e non è facile ingannarli, ma si fece venire in mente un'idea geniale. Aveva fatto una marchetta con Raitre e aveva prodotto un film "Nuovo Cinema Paradiso" che era stato un flop clamoroso, sia alla tivvù, con indici di ascolto minimi, che al cinema, dove era uscito e dopo dieci giorni era stato ritirato per mancanza di pubblico. Il film durava 155 minuti ed era, francamente inguardabile, di una noia mortale. Senza dire nulla al regista, Cristaldi ci lavorò da solo -letteralmente- per tre mesi. Rimontò totalmente il film, tagliò e buttò via 72 minuti e usando dei filtri cambiò anche le luci, riuscendo anche a modificare dei dialoghi. Lo fece uscire in Usa dove ottenne un buon successo di critica, sufficiente per passare. Berlusconi fu contento ma non gli diede ciò che era stato pattuito. Il giorno in cui Tornatore prese l'oscar, nel 1990, accadde un fatto inaudito per la comunità hollywoodiana. La statuetta venne data al regista e all'improvviso Franco Cristaldi fece un salto sul palco, si avvicinò, strappò di mano la statuetta a Tornatore, prese il microfono in mano e disse "questo oscar è mio, questo premio l'ho vinto io, questo è il mio film, questo è un film del produttore". Fu l'inizio della fine della sua carriera in Italia, perchè il giorno dopo l'intera critica statunitense (in Italia non venne mai fatta neppure menzione degli eventi) lo volle intervistare e lui raccontò come i partiti stessero distruggendo quella che un tempo era stata una delle più importanti industrie cinematografiche del mondo. Lo scaricarono tutti in Italia e finì per lavorare all'estero. Di lì a qualche anno morì. Fu in quell'occasione che Tornatore, in una intervista, spiegò come si faceva il regista in Italia: "Bisogna occuparsi di politica, quella è la strada. Io mi sono iscritto al PCI e poi sono riuscito a farmi eleggere alle elezioni comunali in un piccolo paesino della Calabria dove sono diventato assessore. Mi davano da firmare delle carte e io firmavo senza neppure leggerle, dovevo fare soltanto quello. Dopo un po' di tempo mi hanno detto che potevo anche dimettermi e andare a Roma a fare i film". Aveva ragione lui: in Italia funziona così.
24 anni dopo è la stessa cosa, con l'aggravante del tempo trascorso.

"La Grande Bellezza" appartiene a questo filone dell'italianità e il solo fatto di accostarlo a Fellini o a De Sica è un insulto all'intelligenza collettiva della nazione: è una marchetta politica.

E si vede, si sente, lo si capisce; nell'arte non si riesce a mentire perchè l'arte è basata su uno squisito paradosso: poichè è finzione totale -e quindi menzogna pura- chi la produce non può darla ad intendere perchè la verità sottostante salta sempre fuori.
E' la cartolina di un piccolo-borghese costruita (a tavolino) per venire incontro agli stereotipi degli americani votanti, attraverso un'operazione intellettualistica che non regala emozioni, ma soltanto suggestioni di provenienza pubblicitaria marketing negativa. In maniera ingegnosa e diabolicamente perversa propone delle maschere in un paese dove la verità artistica passa, invece, nella necessità dello smascheramento, cioè nel suo opposto.

E' la quintessenza del paradosso italiano trasformato nel consueto ossimoro: un brutto film che si pone e si qualifica come la Grande Bellezza; proprio come Mario Monti che lanciò il decreto "salva Italia" che ha affondato il paese e Letta (Enrico) che lanciò il "governo del fare" licenziato dopo pochi mesi perchè non è riuscito a fare nulla.

Il film, davvero noioso e privo di spessore, è un prodotto subliminare, promosso dai partiti politici italiani al governo solo e soltanto dopo che i due protagonisti, Toni Servillo e Paolo Sorrentino, si sono messi pubblicamente a disposizione della famiglia Letta. Il film, infatti, doveva uscire a settembre del 2013, ma hanno anticipato l'uscita a giugno perchè era il momento in cui era assolutamente necessario usare ogni mezzo per poter azzannare l'opposizione. Il 7 giugno del 2013, Servillo e Sorrentino, vengono invitati da Lilli Gruber nella sua trasmissione "8 e 1/2" per l'emittente La7. L'intervista dura 32 minuti. I primi 20 minuti sono noiosi e si parla del film che, si capisce da come andava l'intervista, nessuno avrebbe mai visto. Dal 21esimo minuto in poi, avviene la svolta, fino alla fine. L'attore e il regista, ben imboccati dalla Gruber, si lanciano in un attacco politico personale contro Beppe Grillo e il M5s. Un fatto che non aveva alcun senso, dato che si trattava di un film che nulla -per nessun motivo- aveva a che fare con la vita politica italiana e con il dibattito in corso. Servillo fu durissimo nel sostenere a un certo punto che "mi faccio dei nemici ma me li faccio volentieri" spiegando ai telespettatori (che pensavano di ascoltare un attore che parlava di cinema) come "Grillo ripropone un'immagine di leader vecchio che passa da Masaniello a Berlusconi" -cioè il suo produttore- "e usa un linguaggio violento....". Sorrentino gli andò dietro e insieme, per dei motivi incomprensibili a chiunque si occupi di cinema in qualunque parte del mondo (tranne che in Italia) spiegavano che il M5s "è un movimento che vuole togliere la sovranità al parlamento".

Da quel momento i due sono andati in giro a promuovere il loro film in ambito politico nazionale allertando la popolazione sul pericolo rappresentato dal M5s e così, l'establishment nazionale, l'ha imposto come moda propagandandolo in maniera esorbitante.
Riguardando quell'intervista, ho scoperto, pertanto, che Toni Servillo ha stabilito che io sono un suo nemico.
Non lo sapevo.

Ieri sera, la Gruber, sempre attenta nel rispettare i codici della rappresentanza che conta, ha dedicato un'altra intervista al film, ma in questo caso ha invitato Walter Veltroni.

Forse c'è stato qualche telespettatore che si sarà chiesto "ma che cosa c'entra con questo film?".

Appunto.

Sergio Di Cori Modligiani

Quando parlavo di cinema finto e costruito mi riferivo anche a questo film che si limita solo a gare una brutta copia de La dolce vita, Sorrentino è un rozzo, l'unico che salverei in Italia è Matteo Garrone i film li sa girare.

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