La Caduta del Maschio: oggi in streaming

Aperto da Finnegan, 7 Febbraio 2021, 10:27:18 AM

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Finnegan

Questa domenica il M° Aurelio Porfiri e i suoi ospiti tratteranno un tema affascinante e drammatico, che ci riguarda tutti: il declino del maschio è una realtà che oramai va avanti da vari decenni, un processo che mina le basi della giusta differenza e complementarità fra i sessi. Essa è frutto di una narrativa portata avanti da certi poteri che vedono nell'indebolimento delle prerogative maschili un segno di progresso sociale.

Ne parlano Roberto Giacomelli, autore del libro Oltre il Maschio Debole. Intervista sul mio canale YouTube qui:


Silvana de Mari, che si è più volte pronunciata a favore dei diritti maschili e Andrea Cionci.

Il programma sarà trasmesso in live streaming sul canale YouTube RITORNO A ITACA (potete partecipare alla chat in diretta):
https://www.youtube.com/c/RitornoaItaca

su TWITTER:
https://twitter.com/AurelioPorfiri

e sulla fanpage Facebook di AURELIO PORFIRI:
https://www.facebook.com/MaestroAurelioPorfiri/

Uscito a breve distanza da un'altra trasmissione sullo stesso tema, questo video conferma l'attenzione del cattolicesimo tradizionale per i diritti maschili. Buona visione.

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#2
Ho seguito il dibattito.

Porfiri sta allestendo proprio un bel canale, dimostrando non soltanto una preparazione religiosa, ma anche consapevolezza sulle gravi questioni del mondo contemporaneo; mi ha sorpreso la menzione da parte sua del libro Le Premier Sexe (L'uomo maschio) - del quale, nonostante un paio di riserve, ho un'opinione positiva. La notizia del programma scolastico cinese di educazione alla virilità, unitamente al venir meno della politica del figlio unico, rende ragionevoli le aspirazioni della Cina al rango di potenza mondiale. Il governo comunista (sic) sta promuovendo i valori di patria e famiglia; manca soltanto un novello Costantino o un Putin che possa concludere il processo di civilizzazione con la sottomissione a Dio.

Non condivido quanto detto da Silvana De Mari, nel suo primo intervento; approvo complessivamente il resto.
Trovo infatti arbitraria, sul piano lessicale, la dicotomia tra i movimenti di emancipazione femminile, buoni, e quelli di liberazione femminile, cattivi; e sostanzialmente non condivisibile. Non ho nulla da obiettare sulla condanna dei secondi, ai quali apparteneva, ad esempio, Simone de Beauvoir; le ragioni addotte, libertinismo e misandria, sono esaustive.

Non poche perplessità invece desta l'approvazione dei movimenti di emancipazione femminile, soprattutto viste le critiche della stessa De Mari alle contemporanee tendenze lavorative femminili. È evidente che l'innovazione tecnica ha reso talune attività femminili - lavare i panni a mano, ad esempio - come non più necessarie, così da permettere l'esercizio di nuove attività. È ragionevole che le donne non vadano più a lavare i panni al ruscello, ma lavorino in altro modo, o studino per più tempo.
Il problema che però intendo porre è duplice: da un lato (1), l'emancipazione femminile è concetto ben più complesso da quello espresso (nulla in contrario all'emancipazione femminile, se, per assurdo, fosse tale e quale quanto descritto dalla pur ottima De Mari), dall'altro (2) desidero spendere qualche parola sulla ragionevolezza del modificare i comportamenti umani in funzione dell'innovazione tecnica.

1) Papa Pio XI definisce tre caratteri dell'emancipazione femminile, attraverso l'enciclica Casti Connubii , del 1930:

Questa emancipazione dicono dovere essere triplice: nella direzione della società domestica, nell'amministrazione del patrimonio, nell'esclusione e soppressione della prole. La chiamano emancipazione sociale, economica, fisiologica;

fisiologica in quanto vogliono che la donna, a seconda della sua libera volontà, sia o debba essere sciolta dai pesi coniugali, sia di moglie, sia di madre (e che questa, più che emancipazione, debba dirsi nefanda scelleratezza, già abbiamo sufficientemente dichiarato);

emancipazione economica, in forza della quale la moglie, all'insaputa e contro il volere del marito, possa liberamente avere, trattare e amministrare affari suoi privati, trascurando figli, marito e famiglia;

emancipazione sociale, in quanto si rimuovono dalla moglie le cure domestiche sia dei figli come della famiglia, perché, mettendo queste da parte, possa assecondare il proprio genio e dedicarsi agli affari e agli uffici anche pubblici.

Ma neppure questa è vera emancipazione della donna, né la ragionevole e dignitosa libertà che si deve al cristiano e nobile ufficio di donna e di moglie; ma piuttosto è corruzione dell'indole muliebre e della dignità materna, e perversione di tutta la famiglia, in quanto il marito resta privo della moglie, i figli della madre, la casa e tutta la famiglia della sempre vigile custode.


Come si può ben comprendere, il concetto di emancipazione femminile, già nel 1930, era assai più complesso di quello considerato da Silvana De Mari. Ella ha poi sostenuto che fino alla diffusione domestica di energia elettrica e acqua corrente, le donne avevano in media tra 8 e 20 figli; poi con la diffusione delle lavatrici divenne ragionevole che esse non dovessero più lavare a mano i panni. Questi numeri non mi convincono: posto che le lavatrici si diffusero solo nel secondo dopoguerra, nell'anno della Casti Connubii, nel 1930, il numero medio di figli per donna in Italia era "solo" di 3,38.
Con queste considerazioni vorrei sottolineare che l'emancipazione femminile fu un fenomeno articolato, direi quasi ideologico, e non riducibile alle sole innovazioni tecniche.

2) Colgo l'occasione per accennare soltanto il problema del rapporto tra innovazione tecnica (oggi, tecnologica) e comportamenti umani. La lavatrice ha semplificato la vita, bene. E così anche gli altri elettrodomestici hanno permesso di far risparmiare molto tempo alle donne, tempo investito nel lavoro fuori casa; oggi, con lo sviluppo tecnologico, stiamo facendo svolgere alle macchine mansioni tipicamente umane, anche di carattere intellettivo (si pensi ai computer). Non è difficile immaginare che l'applicazione di questo principio - eliminare la fatica, diffondere la comodità - possa essere ulteriormente estesa.
Le macchine cucinano, puliscono la casa, tagliano il prato, ci portano qua e là per il pianeta, gli smartphone sembrano bacchette magiche. Eppure mi pare che con il tempo risparmiato grazie a queste comodità non si siano aperte le porte del Paradiso. Alleviati da alcune fatiche, siamo stati caricati di nuove fatiche, oppure siamo piombati nella noia. Chissà perché certe donne di casa - che cucinano per davvero, curano la casa, generano ed educano tre, quattro o più figli - mi sembrano più serene, meno affaticate, della donna moderna, che più di loro beneficia delle comodità, si nutre di cibi pronti e riscaldati al microonde, fa lavorare quanto più possibile le macchine, non ha mai tempo di nulla...

Non aggiungo altro, se non un brano tratto dal Piccolo Principe:

"Buon giorno",
disse il piccolo principe.
"Buon giorno",
disse il mercante.
Era un mercante di pillole perfezionate
che calmavano la sete.
Se ne inghiottiva una alla settimana
e non si sentiva più il bisogno di bere.
"Perché vendi questa roba?"
disse il piccolo principe.
"È una grossa economia di tempo",
disse il mercante.
"Gli esperti hanno fatto dei calcoli.
Si risparmiano cinquantatre' minuti la settimana".
"E che cosa se ne fa di questi cinquantatre' minuti?"
"Se ne fa quel che si vuole..."
"Io,
disse il piccolo principe,
"se avessi cinquantatre' minuti da spendere,
camminerei adagio adagio verso una fontana...


Il secondo intervento di Silvana De Mari potrebbe essere frainteso. Ella ha osservato che la maggior parte delle vittime del Titanic furono uomini e che i sopravvissuti furono soprattutto donne e bambini; oggi invece gli uomini penserebbero a salvare se stessi. Meno male che c'è stato il femminismo, direbbe qualcuno. E invece no. Da tali osservazioni non si deve concludere che l'uomo fosse sacrificabile, che valesse meno della donna; si deve piuttosto osservare non solo come nella società patriarcale gli uomini amassero le donne fino a dare se stessi per loro, ma anche come le donne riuscissero a farsi amare. C'è oggi ancora qualcuno che cederebbe anche solo il proprio posto su un mezzo pubblico ad una donna, solo perché donna?
Successivamente Silvana De Mari ha espresso opinioni note e condivisibili, aventi ad oggetto: la crisi della maternità e della femminilità, il biasimo per gli asili nido, l'errore femminile di anteporre il lavoro (anche quello modestamente rimunerato) alla famiglia, il valore famigliare e sociale della protezione maschile, la peculiare capacità di cura e accoglienza femminile, il '68, le difficoltà interne alla Chiesa nel periodo postconciliare, le pubblicità denigratorie dell'uomo, il condizionamento consumistico della donna mediante riviste femminili.

In un clima di generale convergenza tra i relatori, si è poi posto l'accento sull'origine occidentale della crisi della virilità, in particolare con riferimento ai "poteri forti", poteri finanziari cosmopoliti che riescono a controllare molte branche della società.

Andrea Cionci in particolare ha rilevato le follie del politicamente corretto ed ha accusato il progressismo della decostruzione della civiltà occidentale. Da parte mia, non contesto tali affermazioni, ma nemmeno posso esimermi dal rilevare che l'altra parte, quella dei conservatori, non ha fatto nulla per impedire la caduta del maschio. Dov'erano i non-progressisti quando il nostro Paese precipitava, a partire dagli anni '70, nella crisi demografica? Possibile che tutti coloro che approvarono divorzio e aborto fossero progressisti? A mio modesto parere, i conservatori (o chi per loro) hanno dormito ad occhi aperti, mentre lo scempio veniva compiuto.

Roberto Giacomelli hai poi elogiato le tradizionali virtù maschili, come il coraggio e la forza; ha rimarcato l'importanza della tradizione come criterio di identità e così condannato il rifiuto europeo del mos maiorum e l'americanizzazione. Di particolare significato è stato l'intervento del medesimo riguardo alle prospettive di ricostruzione della virilità e della famiglia. Egli ritiene che urga la costituzione di comunità tradizionali - io specificherei: cattoliche - così da emanciparsi dalla società progressista; qualcosa di analogo a quanto avvenne, dopo il crollo dell'Impero Romano, con la costruzione dei monasteri benedettini. A complemento Silvana De Mari ha sottolineato l'opportunità di opporsi anche sotto il profilo culturale, così da raggiungere anche coloro che ancora non condividono le idee tradizionali. Tale opera culturale potrebbe concretizzarsi mediante narrazioni, in modo da offrire al destinatario (per esempio, al lettore di un romanzo) valori e principi alternativi rispetto a quelli della società occidentale, come la diversità e la complementarietà tra uomo e donna.

Nel complesso si è trattato di un dibattito soddisfacente, soprattutto per lo sdoganamento di certi temi, finora troppo taciuti anche dall'informazione alternativa.

Finnegan

#3
Grazie per aver riportato questi eccellenti documenti. Concordo sulle osservazioni riguardanti la De Mari che non riflettono la realtà storica. Anche Pio XII aveva scritto che il lavoro femminile era nocivo per la famiglia ed i figli e permesso solo per causa di forza maggiore. Purtroppo negli spazi maschili è molto radicata la leggenda, totalmente errata, secondo la quale una donna che lavora non ti riduce sul lastrico se divorzia. Una differenza può farla la casa (che non ha mai), il lavoro ha un impatto limitato, come dimostrano gli appannaggi miliardari alle attrici divorziate.
Inoltre l'occupazione femminile sottrae lavoro e potere contrattuale agli uomini. L'istruzione universitaria produce in concreto altrettanti danni, sia perché sottrae donne alla loro vocazione familiare a fronte di una formazione di ben scarso livello (taccio dei favoritismi), sia perché crea delle sacche di privilegio nell'accademia dove non conta il merito, ma il genere e la conformità a determinate idee politiche. Fenomeno sottolineato anche dalla nota sociologa Jane Jacobs.
Non sto dicendo che si debba "vietare" l'università alle donne, che vadano "chiuse" in casa (altra leggenda senza alcun riscontro nei fatti), mi limito ad osservare gli effetti delle lauree, peraltro regalate come patenti politiche.
L'esistenza della lavatrice è irrilevante perché il ruolo familiare della donna non è quello di un elettrodomestico.

Mi pare importante sottolineare il dibattito tra Giacomelli e Cionci. Il primo sostiene con osservazioni non banali che l'Occidente ha tradito se stesso, Cionci ribatte che no, "noi siamo i più intelligenti" e dobbiamo passare all'azione. Sarei d'accordo se queste osservazioni fossero confermate dai fatti. In realtà, in molte parrocchie tradizionali in Italia (all'estero va sicuramente meglio) associazionismo e matrimoni sono a zero. Riporto il mio intervento sul canale di Porfiri:

Grazie per queste osservazioni interessanti e condivisibili, ma mi pare che di "squadra" e di "azione operativa" se ne faccia pochissima. La gente va a Messa ma poi ognuno a casa sua. Per non parlare del desolante spettacolo di donne nubili, anche sulla trentina, che buttano alle ortiche la loro vocazione di mogli e di madri. Nel fiore dell'età fanno già la vita di vedove di 90 anni. Solo colpa di uomini che non si vogliono impegnare?
Ho l'impressione che la spiritualità per troppa gente, sia il riempitivo di un popolo che attende solo di scomparire. La D.ssa De Mari dice che l'aborto è un suicidio ma anche non fare figli lo è, come lo è non associarsi, non agire anche nel mondo reale. A parte qualche manifestazione (annuale) ci sono veri legami comunitari e azione congiunta?
Dice il mio parroco che non celebra un matrimonio da anni e non c'è nessuna iniziativa associativa. E' questa la definizione di comunità sane, con un futuro? O "siamo i più intelligenti" solo nel virtuale?
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Ent

CitazioneL'esistenza della lavatrice è irrilevante perché il ruolo familiare della donna non è quello di un elettrodomestico.

Purtroppo molti tendono a confondere se stessi con la propria produttività. È un principio molto materialista, a ben vedere.
Credo che l'uomo moderno abbia un grave problema di autostima; talvolta si sopravvaluta, considerandosi come somma intelligenza, convincendosi di poter racchiudere l'intero oceano in un secchiello. Altre volte si sottovaluta, negando apoditticamente la trascendenza finisce per tarpare le ali alla propria ragione; e così tutto è inteso in funzione della materia e dei sensi.
Anche se gli elettrodomestici hanno sostituito buona parte del tradizionale lavoro domestico della donna, rimane insostituibile il ruolo della madre. Famiglia e lavoro sono due aspetti della vita della donna, posti su differenti piani gerarchici, sicché, nonostante qualsivoglia rivoluzione tecnica, valga il principio: ubi maior (famiglia), minor cessat (lavoro, ambizioni individuali).

Citazione"noi siamo i più intelligenti"

Questo non consola. Da un lato, si potrebbe osservare che chi è riuscito ad imporre il politicamente corretto in società, tanto stupido non è, perché ha avuto successo dove l'intelligente ha fallito; d'altra parte, temo sia più facile prevalere dialetticamente su un intelligente che su uno sciocco, perché con il primo si parla la stessa lingua, il secondo vive in un mondo in cui l'idea non deriva dalla realtà, ma la realtà dall'idea.

In un'ottica propositiva, oltre a quanto detto, penso sia necessario mantenere fermezza nelle proprie posizioni fondamentali, non cedere alla lusinga della conformazione al "così fan tutti". Solo mantenendo saldo un nucleo di valori, sarà possibile poi, chissà come, costruire.

CitazioneHo l'impressione che la spiritualità per troppa gente, sia il riempitivo di un popolo che attende solo di scomparire.

Probabilmente i più non hanno coscienza di quanto sta succedendo. Il telegiornale dice che crollano le nascite, ci si pensa per 4 o 5 secondi e poi si passa  a pensare per 4 o 5 secondi alla notizia successiva. E così via. Nella migliore delle ipotesi qualche politico parla di sostegni economici alla natalità o di asili nido.

CitazioneDice il mio parroco che non celebra un matrimonio da anni e non c'è nessuna iniziativa associativa.

Probabilmente i corsi sul matrimonio cristiano dovrebbero essere considerati parte integrante della catechesi dei più giovani, non rivolti cioè esclusivamente ai fidanzati, che spesso li frequentano come se fosse il prezzo da pagare per una bella cerimonia in chiesa.
In certe realtà associative - spesso, forse a torto, considerate settarie - i giovani si sposano tra loro e formano famiglie tra loro unite. A mio avviso sarebbe opportuno estendere lo spirito dell'associazionismo anche alle singole parrocchie. Chiaramente, insegnando la dottrina cattolica senza taglia e cuci (ad esempio sul ruolo dell'uomo come capofamiglia).
Quanto esposto potrebbe però valere anche per i meno giovani, considerata la piega presa dalla società.

Penso che i preti tradizionali dovrebbero farsi carico di questo problema ed estendersi in fraternità sacerdotali il più estese possibile, senza troppi particolarismi, vista l'emergenza. Insomma, qualcosa di simile a quanto avvenne con CL o i neocatecumenali; tralasciando i giudizi di merito, queste ed altre comunità sono riuscite a diffondersi e radicarsi. Sono convinto che se il tradizionalismo fosse opportunamente diffuso, ci sarebbe la fila per entrare nelle chiese e nelle parrocchie tradizionali.

Finnegan

CitazioneIn certe realtà associative - spesso, forse a torto, considerate settarie - i giovani si sposano tra loro e formano famiglie tra loro unite.
Questo avviene tra i cattolici tradizionali ma prevalentemente all'estero.
Per quanto riguarda le realtà considerate spesso settarie da molti loro ex membri oltre che da esponenti autorevoli del clero (i Neocat per esempio), ancora una volta è desolante constatare come gli italiani facciano figli soltanto grazie al plagio. Qualunque sia la spiegazione resta il fatto che da noi, gli uomini liberi non fanno figli, non possono farne. Per esempio con donne a loro volta non libere, irresponsabili o che pur cristiane disdegnano la loro vocazione naturale.
Si fanno lodevoli dichiarazioni di intenti su YouTube, che purtroppo non trovano riscontro nella realtà.
CitazionePenso che i preti tradizionali dovrebbero farsi carico di questo problema
Altro esempio: il mio parroco aveva cominciato ad organizzare rinfreschi dopo la Messa per far conoscere i parrocchiani tra loro. Era un inizio. L'iniziativa è cessata essendo le riunioni andate praticamente deserte. Qui, c'è poco da fare, la colpa non è di Bergoglio o di Soros.
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johann


argomento importante
Citazione di: Ent il  9 Febbraio 2021, 04:11:47 PM
Penso che i preti tradizionali dovrebbero farsi carico di questo problema ed estendersi in fraternità sacerdotali il più estese possibile, senza troppi particolarismi, vista l'emergenza. Insomma, qualcosa di simile a quanto avvenne con CL o i neocatecumenali; tralasciando i giudizi di merito, queste ed altre comunità sono riuscite a diffondersi e radicarsi. Sono convinto che se il tradizionalismo fosse opportunamente diffuso, ci sarebbe la fila per entrare nelle chiese e nelle parrocchie tradizionali.

certo vista la situazione in cui versiamo,  e' benvenuta ogni iniziativa, che rompa il torpore conformista e diciamocelo ... vile di buona parte del clero. Fare il prete non dovrebbe essere un ....lavoro,  consacrare la propria vita a testimoniare la verità, dovrebbe presupporre uno spirito di servizio al limite del martirio.  come un tempo (san atanasio)  così oggi,  servire la verità significa accettare di portare la "croce" del proprio tempo,  e nel nostro tempo, vuol dire affrontare i "leoni" dei media  dentro  "l'arena" di una società quasi completamente nemica,  almeno in teoria,  perche' specie tra il cattolicesimo "adulto" non si puo' fare a meno di notare un clima quasi impiegatizio da ufficio "visti e passaporti"  per via di tutto l'andirivieni di neoteologie secolarizzate dal miscredente all'eretico dal blasfemo al pagano che il dottrinale "rompete le righe" bergogliano sta' producendo,  e per il quale, dietro la scusa  del dovere di obbedienza gerarchica, molti di questi, hanno trovato il modo di smarcarsi dal dovere di difendere la chiesa sempre e comunque  ...anche da se stessa,  (esiste, non solo il diritto, ma il dovere alla disobbedienza verso un papa, quando questo eserciti la sua autorità facendosi pretesto del suo sommo ufficio, invece di considerarsi il vicario in terra dell'autorità' divina ad essa sempre e comunque soggetto)
il fatto e',  che la faccenda e' molto più' vasta e complessa, di quanto non manifesti la crisi della chiesa.  Qui, si tratta dell'onda lunga di un epocale processo di scalzamento di civilta'  che si sta' consumando direttamente sulla "pelle" delle società' nel loro insieme.  Poteva la chiesa restarne fuori da questo sconvolgimento di paradigmi??....  ovviamente purtroppo ..no!  detto questo, e premettendo la validità e la sensatezza di tutte le opinioni in campo, a mio modo di vedere ci sono alcuni fraintendimenti nell'approccio alle cose  che infilano ogni analisi in una specie di  cul de sac  concettuale

1mo) pensare ingenuamente che le questioni sociali  prima o poi finiranno all'ordine del giorno del dibattito pubblico e che il dibattito stesso  debba seguire i canoni convenzionali e democratici del civile confronto   
certo ...come no!?  In teoria  dovrebbe essere cosi'!  ...ma invece guarda caso non e' cosi',  ....perché' evidentemente non dev'essere  cosi',    a dispetto di tanta mielosa retorica democratica la società di fatto e' stata esautorata non solo del modo ma anche della legittimità di esprimere da se le proprie linee di sviluppo in ambito sociale e culturale, e  ormai anche ...politico ,  non c'e' nessun dibattito pubblico, non c'e nessuna elaborazione dei temi che coinvolga la base sociale, tutto e' verticisticamente etero-implementato dalle agenzie mondiali (ONU,UE,BCE,NATO,ecc) che in ottemperanza alla loro sostanziale consanguineità ideologica progressista "battono i tacchi" alle ordinanze che gli vengono dalla cupola mafiosa del global deep state.   Della serie ....quando il metodo rivela il fine, ....quando il metodo e' il fine,   in pratica, come in una specie di blitzkrieg,  le questioni appena diventano "troppo" scomode per il sistema, vengono semplicemente aggirate o saltate pie' pari, puntando direttamente ad attaccare "sul personale" chi le sostiene,  facendogli terra bruciata intorno, in modo che senza tante compromissioni,  pensera' il tempo a  ghettizzarlo e a relegarlo nelle "riserve indiane" culturali che già' si vedono qua e la,  in attesa ovviamente che la pacificazione portata dall'ecumenismo del p.unico, faccia il suo corso asfaltatore

2do) pensare ai problemi della società moderna come a "compartimenti stagni"     
Questione Bergoglio,  Questione Politico Sociale,  Questione Maschile,  ecc  da qualunque problema si arrivi, il nemico E' SEMPRE LO STESSO,  stessa antropologia demoniaca,  stessa natura politica,   stessa essenza ideologica,  se non si vuole essere delle comparse sul proscenio della storia e si vuole nel proprio piccolo partecipare se non altro a rompere i ......     al "guidatore",  l'impegno da mettere in campo deve essere di tipo politico,  un impegno volto a provocare un processo controrivoluzionario antisfascista che recuperi allo smarrito uomo contemporaneo i suoi propri riferimenti antropologici:  DIO, legge naturale,  ragione,   e alla società i suoi:  DIO, patria e famiglia
restando in ambito cattolico questo impegno dovrebbe comportare una specie di chiamata alle "armi" dell'intransigenza:  sui principi non negoziabili,  sulla legge e il diritto naturale,  sulla natura umana oggettiva e non soggettiva, ecc  in generale bisognerebbe arrivare ad esprimere un'aperta,  chiara,  e coerente,  linea  politico-culturale antisistema, includendo nel mazzo, anche la chiesa "in uscita" di bergoglio che con il sistema sembra voler convolare a nozze.  in questo senso, il massimo sarebbe riuscire ad innescare una specie di devolution antimodernista che allo scopo attui una nuova pastorale "da combattimento"  una specie di "contro teologia della liberazione" che miri a "liberare e igienizzare" quanto rimane di buono della chiesa cattolica,  ..in fondo non serve inventarsi chissà' che cosa  ....basterebbe togliere di mezzo marxs, e rimettere Cristo al posto che merita, cioe' ..al centro di ogni cosa.
Ribadisco; tutto quello che succede nella chiesa cattolica,  che sta' succedendo nella politica, nella cultura, ecc  e' un ventaglio di conseguenze incardinate su di un'unica causa,  su di un unico disegno egemonico,  su di un'unica VOLONTÀ' ideologica,  che si prefigge il controllo surrettizio di tutto ciò che a questo mondo e' gestibile e governabile a cominciare dall'uomo, alla faccia di costituzioni, istituzioni, parlamenti, ecc, .. buoni al massimo come mimetizzazione democratica di copertura   

davanti a questo livello di problematiche, il peggio che possono fare i cattolici e cedere alla tentazione "catacombale" di affrontare le cose "per sottrazione"  rinunciando cioe' alla lotta, e scegliendo la via eremitica dell'ascetismo orante tutto volto a invocare l'intervento divino.   Più che fede, questa cosa mi parrebbe espressione di banale bigottismo fideista,  non molto distante da come e' intesa la fede tra i protestanti,  che tra l'altro sono soliti spenderla in funzione esclusivamente personale e non sociale.  Ovviamente nessuno dice che pregare non serve (ci mancherebbe altro) tutte le preghiere, in un certo senso sono appelli alla pietà, e all'aiuto divino (che altro può esprimere l'uomo quando si rivolge a DIO?!)  ma questo esercizio per la chiesa cattolica, nasce ma non si esaurisce nell'intimo incontro dell'io con DIO,  non esiste il pregare "privato",  tutte le cerimonie della chiesa dalla messa al rosario, sono forme di preghiera comunitaria che sottolineano anche la valenza SOCIALE e CIVILE che hanno queste espressioni di fede  ... la fede in CRISTO ....RE del cielo e della terra.  In altre parole il  cattolico "prega"  in comunità'  con la comunità', per la comunità'  di cui fa parte.   la fede del buon cattolico, e' volontà razionale di credere in DIO,  pertanto non può accettare di essere confinata al solo ambito spirituale, avere fede e pregare  per espiare i molti peccati/reati  delle sodomitiche società' attuali,  non significa chiamare DIO a vivere e provvedere al posto nostro, ne tanto meno abdicare dal dovere di essere dei testimoni attivi e concreti, in  questo senso la mia preghiera al buon DIO ha quasi sempre lo stesso live motiv:  supplica di aiuto e sostegno per tutti quei fratelli e sorelle che come me vogliono onorare il fatto di essere con la cresima diventati dei "soldati di cristo"  dei soldati che non vogliono sottrarsi alla buona battaglia di resistere a oltranza contro la prospettiva nichilista portata dall'avanzata del "nulla"    in fin dei conti Dio opera nell'uomo sopratutto attraverso l'uomo (vedi i santi),  quindi morale della storia:  AIUTATI (uomo) che il ciel ti aiuta!!

[/size]Sono dell'idea, che se non accettano questa prospettiva di lotta di liberazione, i cattolici faranno esattamente la fine che il sistema vuole che facciano:  l'ennesima setta religiosa che nell'ambito del folklore religioso si aggiunge a decine di altre,  tollerate solo perché  sono molto funzionali alla propaganda di sistema che cosi puo meglio spacciare la menzogna di essere "pluralista tollerante democratico" , bla bla....    come lo ha sperimentato anche trump, in questa sporca guerra non esistono regole, e non esiste un tavolo neutrale e regole imparziali di confronto,  si e' soli  contro tutto e tutti, per questo, pensando anche a quello che forse intendeva BXVI quando prospettava la necessita di una nuova evangelizzazione del vecchio continente credo sia urgente mettere in campo un nuovo tipo di annuncio del messaggio evangelico.
[/size]ed ecco scontrarci con un'altro apparente paradosso dei nostri tempi:  premettendo il fatto (costatato di persona), che in materia di fede anche un semplice contadino semianalfabeta senza nessun "armamentario" filosofico e teologico, solo grazie al buon senso illuminato dalla fede, senza tante disquisizioni speculative, puo' arrivare tranquillamente a cogliere in coscienza le essenze del messaggio salvifico di cristo,   si suppone che in base al grado di fruizione del popolo ogni epoca storica abbia sempre espresso una specifica tipologia di comunicazione, ma se un linguaggio semplice era giustificato un secolo fa adesso non dovrebbe esserlo, oggi in senso metaforico, la societa' non e' più' analfabeta ma "laureata",  c'e' più gente nel "palco" che parla di quella in "platea" che ascolta,  c'e più gente in "cattedra" a impartire lezioni di quanta nei "banchi" a imparare e apprendere,  oggi, più' che il nome e il prefisso (ing., dott., prof., ) a stabilire l'identita' e la cittadinanza sociale,   eppure viviamo nell'era dei social,  dove la comunicazione interpersonale e' deperita al punto da essere diventata "anoressica"  si procede per hashtag, per slogan,  per parole d'ordine, come se la societa' fosse  fatta di cow boy trogloditi con il cellulare nella fondina

[/size]Evidentemente e' il sistema che vuole questo,  perché solo una comunicazione a "monosillabi" non puo' andare oltre la filosofia esistenziale del corrente pensiero debole, senza spessore significante,  senza "materia" morale, senza costrutto logico,  a forza di comunicare in questo senso si finisce  per vivere nello stesso senso,  e questo ci riporta alla filosofia esistenziale moderna del:  non si pensa come si vive,  ma si vive come si pensa,  e all'ipocrita chiesa di bergoglio e della sua cultura progressista, che gli corre dietro pensando che tanto più la società' e infarcita di mezzi di comunicazione (sia intelletuali che tecnologici)  tanto più il linguaggio debba mettersi a "dieta"    niente di più SBAGLIATO,  sarebbe come autocensurarsi,  la storia della civilta' cristiana ha dalla sua 2000 anni di ragioni a supporto della propria causa , se si mette questo in relazione al fatto che oggi l'uomo moderno e' tanto più superficiale sulle cose,  quanto più  e' culturalmente predisposto ad andare in profondita' sulle stesse cose,  si vede come la nuova evangelizzazione prospettata da BXVI. Se mai si facesse, secondo me dovrebbe  incardinarsi su una nuova catechesi priva di compromessi comunicativi.  la gente (ancora libera) anche nel marasma culturale odierno, se c'e' una cosa di cui e' certa  e' che vuole  e' non essere più' oggetto di mezze misure culturali, e di semplificazioni intellettuali,  PRETENDE che ogni sapere gli sia proposto ed esposto al suo massimo grado, senza sintesi e interpretazioni di parte.  nel nostro caso,  se vogliamo recuperare il contemporaneo disorientato e sconcertato popolo cattolico,  dobbiamo concedergli  e trasmettergli la stessa ampiezza cognitiva che oggi  e' esclusiva dei filosofi e dei teologi senza alcun bisogno di toccare la dottrina e il deposito fidei (guai!) bisogna solo fare in modo di "redistribuire" in basso e in orizzontale i fondamentali della ragione cristiana,  farne una specie di corredo "bellico"  con il quale il nuovo cristiano del millennio possa avere non solo la possibilità' di difendersi dalle provocazioni, ma anche di contrattaccare, e in prospettiva di dichiarare proprio guerra a questo infame di sistema 
[/size]in questo senso, per chi fosse interessato invito a scoprire e iscriversi ai corsi della schola palatina:  https://www.scholapalatina.it/
Un uomo che è un uomo DEVE credere in qualcosa (dal film: il mio nome è nessuno)

Finnegan

2) Sul versante azione civile anche i migliori movimenti cristiani mi sembrano molto lontani dall'ottimo. C'è la Marcia per la Vita, ci sono conferenze ma non basta. Come dicevo, se non si creano realtà vive, famiglie e comunità, la religione si riduce a una specie di diversivo, a un riempitivo per un popolo rassegnato a scomparire.
QUESTA è la differenza con le comunità benedettine dei primi secoli, con cui spesso abusivamente ci paragoniamo.
Anzi, fanno comodo al sistema mini-gruppi di inane peso in perenne lotta molecolare (tradizionalisti vs. musulmani vs. centri sociali vs....)
Una domanda che non posso eludere è: Dio è contento di noi? Benedice quel che facciamo o manderà una persecuzione per destarci dal sonno? Una risposta si può trovare nelle rivelazioni private di Bruno Cornacchiola, recentemente pubblicate (tra gli altri, Pio XII lo ricevette e si recò sul luogo delle apparizioni, dove oggi sorge una chiesa):
https://www.amazon.it/Veggente-segreto-delle-Tre-Fontane-ebook/dp/B01CGCT53M
https://books.google.it/books?id=QBapCwAAQBAJ&pg=PT3&hl=it&source=gbs_toc_r&cad=3#v=onepage&q&f=false
Anche le apparizioni di Akita, ovviamente riconosciute dalla Chiesa, sono eloquenti:
https://profezie3m.altervista.org/ptm_akita.htm
https://it.aleteia.org/2019/11/13/dopo-46-anni-veggente-di-akita-annuncia-nuova-rivelazione/
Parlano da sole, non aggiungo commenti.
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Ent

Sul medesimo canale Youtube oggi Porfiri e D'Amico hanno discusso di quote rosa e del ruolo di uomini e donne in società.
Sotto il primo profilo, nulla quaestio.
Sul secondo tema si è invece delineata una divergenza d'opinioni.
Io condivido la posizione di D'Amico: la femminilizzazione del potere sociale è nociva alla stessa società. E aggiungerei che la titolarità femminile di posizioni di potere non è un problema in sé, ma lo diventa quando assume certe proporzioni.
Per chi fosse interessato, la discussione su questi temi si è articolata dal minuto 4:20 al minuto 15:50 del video che segue.



Finnegan

#9
D'Amico come sempre non sbaglia: il prezzo delle carriere femminili è la denatalità. D'altra parte, è la linea costante del Magistero fino a Pio XII che faremmo bene a ripassare, dopo 50 anni di femminismo ormai fortemente radicato nella coscienza degli uomini.
Il lavoro femminile porta una serie di altre conseguenze non trascurabili:
1. Perdita dell'autorità maritale (come ha evidenziato D'Amico) e in generale minor rispetto per l'uomo
2. Disoccupazione maschile
3. Abbassamento dei salari per l'aumentata offerta di lavoro (vero scopo del femminismo sponsorizzato dai gradi conglomerati, come rilevò W. Lewis già nel 1926)
4. Minor numero di matrimoni anche a causa del noto fenomeno dell'ipergamia: una sociologa laureata con le quote rosa non sposerà mai (ammesso che si sposi) un idraulico
Tra i cattolici tradizionali (all'estero, perché in Italia...) c'è una netta differenziazione dei ruoli e il lavoro femminile, o comunque un'occupazione che tiene la donna lontano da casa, è decisamente l'eccezione anziché la regola. Anche la laurea non è vista come un indice di eccezionale condizione sociale, ma le donne (anche le meno istruite) hanno un livello culturale e di maturità che fa difetto a parecchie laureate.
Risultato: famiglie di 6-12 figli, mentre da noi a 30 anni sono già votate allo zitellaggio (volontario) con uno stile di vita che dovrebbe avere un'anziana vedova che ha già fatto fruttificare i talenti che il Signore le ha dato.
Prima o poi questo sistema drogato di titoli ed onori femminili, nella stragrande maggioranza dei casi irrilevanti per l'avanzamento culturale ed economico del Paese (attendo le prove del contrario) imploderà insieme alla intera società italiana. Le donne torneranno a mondare il riso (già avviene in Piemonte, con laureate in economia...) e, forse, a sposarsi, non necessariamente con italiani.
Sono considerazioni sull'ovvio ma nonostante l'allarmante l'inverno demografico nessuno le fa, ed è assolutamente impossibile farle a una donna, presa dai suoi voli pindarici di ricercatrice universitaria (ma anche segretaria, cassiera...) e allevatrice di animali domestici.
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